venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

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28 febbraio 2016

diciannovefebbraio 2016

Libertà, verità, identità ed appartenenza; indulgeremo molto ancora su questi quattro termini, ma ne avevo inserito anche un quinto, che è la consapevolezza. Ma dove e come andiamo a cogliere quella consapevolezza? Vorrei proporvi un gioco, uno scherzo; io sono stato colui che vi ha invitato a volgervi, a dirigere lo sguardo là dove eravate...là da dove siete venuti, e vorrei farlo anche con questi quattro termini. Il bimbo, quando nasce, ancora prima di nascere, appartiene alla madre, a quello spazio preciso, quella nicchia, quel nido nel quale è naturalmente protetto e cresce fino a nascere, e in lui questa certezza di appartenere a qualcuno, qualcuno che lo nutre, lo scalda e lo protegge è innata perché è qualcosa che lo accompagna, lo accompagna da sempre, quella certezza di appartenere a qualcuno...e se tutto avviene come deve essere, questa appartenenza dura a lungo, fino a muovere, a sviluppare, ad attivare quei sentimenti, quei piaceri, quelle gioie che lo portano là da dove proviene, da dove è venuto. Poi però cerchiamo di educare quel bimbo affinché sia indipendente, affinché divenga uomo, affinché sia in grado di non dipendere, di non appartenere a nessuno; cerchiamo di creare quell'individuo capace, quell'identità, per cui passiamo dall'appartenenza all'identità, e ci sforziamo, come bravi maestri, di accelerare questo passaggio forzando a volte attraverso l'insegnamento, attraverso il pretendere, che una mutazione avvenga, che quel bimbo che apparteneva alla madre diventi finalmente uomo in grado di essere capace per sé stesso a definire quella identità, utile, certo, capace di provocare quelle domande, quei quesiti che lo portano ad attivare la mente nella ricerca, nel bisogno di trovare risposte. E lo sforzo va nella direzione di cercare ciò che è vero, ciò che è giusto, fino a giungere alla comprensione di ciò che è vero. Ci si giunge certo prima con la mente, dimentichi di quello che era stato, di quando si apparteneva, di quando si cercava di definire quell'individualità, ma colmi nell'aver trovato, pensando di credere quale sia la verità. Ma la verità non porta altro che comprendere che per essere veri bisogna essere liberi. Solamente attraverso la libertà si può essere veri perché l'unica verità è ciò che noi siamo, ciò che quell'uomo diventato grande, individuo, ha capito cosa sia vero...quell'uomo che per essere quella verità che lui ha intravisto, ha bisogno di essere libero, di essere ciò che è – già ve l'ho detto – non di fare ciò che si vuole, ma di essere ciò che si ha capito di essere, svelando, togliendo quelle maschere, togliendo quei paludamenti...quel cercare di apparire così come gli altri credono di volere. Però, se hai afferrato la verità, devi comprendere, devi capire, devi arrenderti al fatto che per essere vero devi essere libero. A questo punto tutto ricomincia, essere liberi non basta, essere liberi di esprimere ciò che si ha intravisto come vero non basta; lo sforzo deve divenire essere, essere veri nell'essenza che si ha intravisto. Per cui dalla libertà che permette alla verità di esprimersi torniamo a cercare ciò che è vero...e ciò che è vero non è altro che essere quella verità riconosciuta, prima mentalmente ma poi profondamente, intimamente, e si diviene l'uomo nuovo, quella nuova identità che capisce di dover tornare ad appartenere, per tornare là da dove si è partiti. Questa ricerca della verità definisce perfettamente quella che noi chiameremmo la sfumatura che appartiene a quell'individuo, a quell'uomo, a quell'individuo che ha cercato, a quell'individuo che ha trovato, che è arrivato dopo mille mutamenti a definire precisamente la tonalità che gli appartiene, che è quella che va a tornare in quella posizione precisa di quello che noi abbiamo chiamato arazzo...l'identità definitiva che in fondo era la stessa appartenenza che aveva il bimbo appena nato, lentamente abbandonata per tornare a ricercarla, ridefinirla e riappropriarsene. Nel momento in cui viene riconosciuta quella tonalità non c'è altro scampo che appartenere, appartenere nuovamente a quel disegno, a quell'arazzo. Dove sta la consapevolezza in tutto ciò? La consapevolezza era là dove affidati vi siete a quell'essere che vi fu madre, che vi alimentò, vi scaldò e vi protesse. La consapevolezza non può essere costruita; è quel ricordo, quella malinconia di una condizione perduta, di un paradiso perduto del quale avete assaporato la precisione e l'equilibrio... la perfezione. La perfezione negata affinché il divenire divenisse concreto, l'architettura potesse prendere forma, sorretta dal vostro vivere, dal vostro cercare, dal vostro scegliere e decidere. La consapevolezza mai vi ha abbandonato, la visione è sempre stata in voi e lo è anche in questo momento, ma riconoscerla come vera e reale e appartenente a voi è renderla consapevole, ma non esiste scampo a tutto ciò, come potrebbe essere diversamente? È la vostra essenza in fondo, è ciò che anima ogni cosa, ogni movimento, ogni respiro. Non cercate di costruire consapevolezza, non cercate di costruire visione; naturalmente verrà svelata perché tale è, immutabile, certa, perfetta, pura e nitida, semplicemente velata dall'affannarci nel nostro voler trovare. Sia il corpo comune ora, sia lo stagno, sia l'acqua, sia l'essere assieme, sia il confonderci. Camminiamo verso quell'acqua, cerchiamola, in essa penetriamo; siamo noi che ci muoviamo verso di essa, è il nostro arbitrio che ci porta là, il nostro desiderio, il nostro volere. Lasciamoci accarezzare da quell'acqua; nel suo salire cheta tutto quanto, cheta le sensazioni, il rumore,le luci, lasciamoci ricoprire fino a perdere definizione, consistenza, pesantezza. Tutto il nostro essere è ricoperto, siamo sommersi da quell'acqua, è calda, ci accoglie, in essa c'è il nostro spazio, la nicchia, il nido; tranquillamente possiamo fidarci, nulla ci può accadere se non essere ciò che siamo. Siamo certi di ciò, che possiamo vedere il nostro corpo, tranquillo,caldo, protetto. Nulla ci serve, di nulla abbiamo bisogno... nulla cerchiamo perché tutto ci appartiene. È nell'essere liberi che io riconosco la perfezione, è nell'essere liberi che l'uomo può negare la verità e solamente quando tornerà a ricercarla troverà l'esatto scandire della ricerca, il preciso scoccare degli attimi, il rotondo, caldo muoversi. È nella libertà che si trova la magia, è nella libertà. Nell'acqua tutto rallenta, ogni movimento è rotondo. Mi piace questa parola “ rotondo”. La luce, per forte che sia, non dà fastidio, è là in alto, al di fuori....