venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

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29 dicembre 2016

ventitredicembre2016

Ogni visione per l'uomo ha diversi livelli, molte forme e tutti quanti hanno da essere cercati, trovati e accettati. Una visione deve essere comprensibile, ogni singolo particolare riconosciuto, giustificato nel suo insieme. Cercare di ingrandire l'immagine affinché davvero ogni singolo particolare sia riconosciuto per l'uomo è indispensabile; questo è forse il primo movimento che porta l'uomo a cercare di definire la propria visione, pertanto si parte da una visione d'insieme per poi andare a definire davvero ogni singolo particolare. L'uomo ne ha bisogno e la ingrandisce affinché davvero ogni dettaglio prenda misura, dimensione,senso, spiegazione e quando questa ricerca soddisfa quello che è il bisogno dell'uomo allora il livello successivo è sicuramente quello del suono. Una visione ha la sua musica; cercare la scansione di ogni singola nota diventa indispensabile affinché quella musica possa avere il senso, il motivo, la spiegazione di quella che è la visione. Ma se la musica deve soddisfare l'orecchio, la visione deve essere anche raccontata; pertanto l'uomo che definisce la propria visione ha bisogno di raccontarla. È apparente pensare che la racconti per gli altri affinché possano comprenderla e condividerla ma sicuramente la racconta perché lui la possa sentire e la possa accettare e condividere, per cui la definisce nei singoli particolari, va a cercare di frazionare, va a cercare di ricollegare dando una visione d'insieme. Se all'inizio si cerca attraverso il dire, il raccontare, lo spiegare ogni singola affermazione, ogni singola riga ma anche ogni singola parola, quando queste vengono afferrate, fissate in quello che è lo schema allora si prende una visione di nuovo come è stata per la vista, per l'udito, di completezza, di interezza. Ma l'uomo ha anche bisogno di toccare la visione, ha bisogno di sentirla sua per cui deve accarezzarla, deve frugare in quella visione per scoprire angoli nascosti che lui non ha visto ma che può percepire attraverso il toccare, l'afferrare, lo stringere, lo strizzare e anche quando questo bisogno viene soddisfatto torna l'immagine generale del tutto e la visione diviene assodata. A questo punto è sufficiente percepirla e tranquillamente abbandonare la ricerca perché è stata talmente assodata, provata, palpata, udita e parlata, raccontata, che non ha più bisogno di altro. La visione è la fede, la visione è la quieta consapevolezza che ciò che abbiamo cercato e trovato è la visione che ci appartiene. Se la ricerca nasce da un bisogno, l'appagamento viene dalla verifica, dal riconoscimento, dall'affermazione. La ricerca può essere lunga, complessa, tediosa, pericolosa, fatigante...ma non vi è scampo, già molte volte l'abbiamo detto. Ma non fermatevi all'apparenza, non fermatevi alla visione che soddisfi solamente un bisogno, quello di vedere l'armonia delle forme oppure il piacere della musica, la sensazione dell'afferrare o la facilità del raccontare, testimoniando ciò che avremo creato. Se arrivate a ciò, tutto quanto svanisce e diviene semplicemente energia...ma è la vostra, a nessun altro appartiene, è vostra perché l'avete sondata, cercata, afferrata affermandola poi a voi stessi in prima persona. Non deve essere una giustificazione, una spiegazione ma semplicemente un'affermazione di appartenenza. Quanto tempo,quanta energia, quanto piacere, quanto dolore! Tutto quanto è relativo, è semplicemente la vostra inerzia che crea il tempo, la fatica, il dolore oppure la gioia. Frugare per cercare il particolare che vi è sfuggito, tendere l'orecchio per cogliere la sfumatura che è passata inascoltata, trovare le parole giuste per raccontare le immagini, aguzzare gli occhi per cogliere l'essenza di ciò che vedete...questa è la ricerca. La cosa che mi è più difficile è utilizzare il tatto e quando questo nella ricerca va utilizzato non debbono servire gli occhi e neppure le orecchie, pertanto cerco di cogliere i particolari: la punta, lo spigolo, la rientranza, il piacere della curva, il timore del concavo, la ferita che lo spigolo troppo appuntito può creare, oppure l'incavo dove riposare le mani, la sporgenza che le sospende nel vuoto, oppure il peso quando nulla sostiene ciò che sto frugando. Il timore di trovare la fine quando sono in alto, al di sopra, dove le mie mani non arrivano più, oppure la gioia quando scopro che il movimento è ancora ampio e possibile. Quanto può essere caldo oppure freddo, quando cerco di percepire i colori attraverso il mio toccare... colori che semplicemente il calore mi racconta, scoprire che certi particolari li posso riconoscere con un semplice dito, oppure stringere con il palmo della mano... sentire che ciò che tocco mi è vicino, che non crea fatica al mio cercare, scoprire infine di essere racchiuso in ciò che sto cercando, che quello che io sto toccando, palpando, mi circonda e mi avvolge, crea protezione, familiarità, confidenza. Sono certo che ancora molti spazi, molti particolari, superfici diverse mancano al mio cercare.