venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

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11 aprile 2016

ottoaprile 2016

E' ben difficile cercare di rendere concreto qualcosa che non lo è. Io la volta scorsa vi dissi che l'Essere Unico è qualcosa di finito, ma anche qui i termini diventano capaci di creare diversità. Dissi che l'Essere Unico era finito perché non esiste un inizio, un inizio che diede vita a tutto ciò che è, sempre è stato, ma capisco bene quanto sia difficile comprendere un concetto di questo tipo; per l'uomo che è abituato allo scandire del tempo, al crescere, al nascere e al morire è difficile pensare a qualche cosa che mai è mutato, che non nacque, che non venne creato e che mai morirà e mai sparirà. È proprio questa essenza, questa presenza, che è difficile da spiegare. Il bisogno dell'Essere Unico di essere affermato è proprio affermare questa fissità; la verità assoluta non può mutare, non può cambiare. L'accettazione della verità assoluta non può passare attraverso un percorso di ricerca oppure di accettazione: ci si può solo arrendere ad essa, incapaci di credere qualcosa di diverso, accecati da quella che è la luce della verità. L'Essere Unico si auto afferma, certo; se tutto quanto è Essere Unico, anche quell'individuo capace di negare la verità è essere Unico, ma come tutto ciò può legare al concetto di fissità, di unicità, di staticità, che anche questi sono termini che appartengono al divenire, al tempo che scorre. Ma là dove tutto è vero questi concetti non esistono. Ma, non vi è dubbio, questa mia convinzione ritorna forte anche se capisco e provo la difficoltà, ma la certezza che esista questo bisogno, affinché la percezione dell'Essere unico divenga reale, divenga concreta, questo bisogno è fondamentale; l'ho già detto, senza di esso non ci sarebbe l'Essere Unico...ma proprio perché c'è e non esiste dubbio che non ci possa essere...affermarlo...quale altra alternativa? Qualche altra possibilità non esiste. Ricordo l'immagine di quel bimbo che voleva travasare il mare in quella buca, però la mente dell'uomo è strutturata per cogliere senso, per dare spiegazione, per dare motivo per appartenere ma anche motivo per cedere e sappiamo bene che non esiste altra possibilità se non cedere a questa verità; non ne esistono altre...ma il gioco perverso, continuo, il dedalo che la mente continua a porre in atto: “perché mai?” e l'unica risposta è: perché l'Essere Unico ha bisogno di tutto ciò; se così non fosse non esisterebbe. Ma non vado più in là, non riesco a trovare immagini o parole. Tutto ciò è forse il mio negare verità, il mio peccare? Voglio fuggire da questa difficoltà, voglio portarmene fuori, voglio non sentirmi perso in quel labirinto senza uscita. Sentir leggere di Clelia mi ha portato profonde sensazioni che sembravano sopite. Per me voi, come anche Clelia, sono proprio il riconoscere di essere parte unica, un corpo comune di ciò che è l'Essere Unico, se può apparire semplice cedere la propria individualità a qualcosa di così grande e puro che è l'Essere Unico, è ben più difficile cedere individualità nei confronti dell'amico o del prossimo che avete accanto; ma con Clelia vi è stato possibile, nel cerchio vi è stato possibile. È questo l'essere prezioso, quella luce, quel colore, quel calore, che mi portano sensazioni di appartenenza, di vissuto, di identità; un cerchio in grado di abbandonare a chi è individuo ogni reticenza per andare ad affermare la verità del corpo comune, più che la verità e la qualità dell'individuo che si pone protagonista e individuo all'interno di un cerchio. Forse dovremmo deviare quella che è la nostra attenzione a quello che è il nostro riferimento del cedere affinché possiamo affermare l'Essere Unico, invece il cedere a quello che è il prossimo che ci sta accanto, il prossimo che come Clelia è stato in grado di darci identità ed appartenenza, innanzitutto al cerchio per poi a qualcosa di tanto più grande nel momento in cui la presenza effettiva all'interno del cerchio ha dovuto svanire, costretta da quello che era il limite del corpo e della malattia. Forse dobbiamo spingere di nuovo la ricerca in quella direzione per trovare comprensioni più semplici, più facili, più immediate, più riconoscibili. Molte volte portare la nostra attenzione, il nostro pensiero e la nostra ricerca in situazioni dove non siamo in grado di riconoscerci può essere semplicemente una fuga, un'uscita di sicurezza che ci porti lontano dalla possibilità di comprendere, di sperimentare, di riconoscere, di afferrare. Tanto più grande è l'obiettivo, tanto più lontano è il traguardo, tanto è più facile riconoscersi nella ricerca. Se la ricerca ci porta al prossimo, all'immediato, a colui che abbiamo accanto, non esistono alibi alla nostra incapacità di trovare, di condividere, di cedere. È difficile essere prossimo e fratello, è difficile accettarlo come unica essenza, come parte precisa. Esiste anche in me questo bisogno di riconoscermi ed essere riconosciuto per il mio dire, che non è altro che la trasmigrazione, la trasposizione del fare che appartiene a voi, pertanto tanto più è forbito tutto il mio dire e tanto migliore è la mia affermazione, riconosciuta, accettata. Ma smettiamo...le parole mi passano sopra quasi fossero al di fuori di ciò io sono...per il bisogno di riempire spazi che non hanno senso ad essere riempiti. Il vuoto crea attrazione, porta con sé, richiama, indica. Ma cerchiamo quell'acqua, quel posto e quello strumento che ci permette di rallentare, cedere...accogliere. Muoviamoci verso di essa, sentiamo il bisogno di essere accarezzati, accolti, coperti..per perdere definizione, accanita ricerca, bisogno di sapere. Abbandoniamoci in quel liquido, certi e fiduciosi di essere protetti, accolti, amati.