venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

Nome:

04 aprile 2013

ventinovemarzo 2013

Non posso certo portarvi qual è il mio pensiero sulle cose che avete appena detto, io che ho molto da imparare, io che ho ancora un bagaglio inesistente. Però, attraverso il mio essere con voi, posso elaborare in qualche modo, elaborare perché il mio essere leggero mi rende più simile a un bimbo che non ha avuto esperienza, pertanto ancora non ha portato alimento alla mente per il ragionamento, per l'elaborazione...sì, diciamolo in questo modo, per l'uso dello strumento; ma questa mia leggerezza mi permette di leggere con più tranquillità quello che avete detto e vorrei in qualche modo parlare dell'inganno, non solamente dell'inganno ricevuto ma dell'inganno consapevole. Ogni volta che un uomo mente non inganna la persona alla quale mente ma inganna sé stesso innanzitutto, mostrando, rivelando un'immagine di sé che non è vera, trovando mille scuse, cento alibi, giustificazioni, fini di bene, facendo in modo che la menzogna allevi la sofferenza; ma quanto è terribile tutto ciò. L'inganno consapevole: è un grande peccato tutto ciò, è una grande offesa, uno sgarbo. Quando mentite agli altri non mentite a coloro i quali rivolgete la vostra attenzione ma mentite a voi stessi. In questo modo si può anche qui stravolgere quello che è dare e ricevere, come voi avete già in qualche modo accennato, toccato. Credendo di dare la menzogna all'altro la ricevete e tutto ciò alimenta un'abitudine, un metodo e la bontà di esso, il fin di bene, evitare la sofferenza all'altro, calpestando e deridendo voi stessi. L'uomo, nel suo essere individuo, nel suo essere scintilla e testimonianza di ciò che è l'Essere Unico, ha grandi possibilità. Ma l'uomo è dimentico di ciò che fu...ma anche di ciò che sarà e ciò lo porta a codificare, a stabilire modi e criteri, bontà e peccato castrando sé stesso, privandosi delle potenzialità e delle capacità che gli appartengono, costringendole e affogandole al di sotto del suo essere uomo ed è l'abilità che gli permette di essere tale. Un giorno qualcuno vi portò un'affermazione che ricordo: l'uomo cerca di dare all'altro ciò che vorrebbe ricevere. Ancora una volta viene a stravolgere quello che è l'abitudine, il modo; lo fa a livello inconsapevole, perché nel momento in cui perde il controllo esprime capacità che non riconosce, potenzialità che neppure intravede. Cercare di dare quello che si vuol ricevere, cercare di parlare attraverso le orecchie, sentire attraverso la bocca. Scardinare le abitudini, individuare i luoghi comuni scontati, evadere dalle caselle nelle quali l'uomo si pone; superare l'individualità è togliere i paletti, cavarsi i paraocchi che sono diventati talmente leggeri che neppure pare ci siano...essi aiutano, essi limitano la possibilità di scelta, non disperdono energie, le comprimono, le costringono, le chiudono finché la pressione di esse non esploda. A quel punto l'uomo perde il controllo, a quel punto l'uomo non è più tale...deflagra il bisogno. Torniamo all'immagine della bolla, credetemi, mi è cara ed è talmente facile percepirla guardando gli uomini; questa bolla che costringe, racchiude con dei piccoli varchi precisi, ben definiti, allenati, riconosciuti. Si creano bei colori, suoni gradevoli, dolcezza e tenerezza alla sua superficie...e l'inganno aiuta a fare ciò...mentire protegge e salvaguarda. Vi invito ancora a cercare, vi sprono perché ciò che troverete sarà luce e verità, sarà per me ausilio. L'uomo nuovo dovrà essere vero e libero. Andiamo a cercare Claudia ora, accogliendo la sua venuta; facciamo sì che la nostra bocca possa sentire ciò che ha da dirci. Non ha senso aver timore di invadere la sua libertà perché lei è già in noi e noi siamo in lei. Parlare a delle orecchie che non erano in grado di capire. Provai e l'eco delle mie parole offendeva. Erano le stesse parole che avevo pronunciato che tornavano a me..ma queste parole, il suono di esse provocava vibrazioni..eppure erano le mie parole precise, stesse, ma l'eco di esse era terribile. Portare lontano il mio sentire estraniandomi era medicina e soluzione. Non ero lì per sentire le mie parole a ritroso, cercavo altro. Io non volevo far sì che ciò che mi tornava mi offendeva, ma ripeto, sono certa che le parole non venivano cambiate, erano precise e stesse. Fu per ciò che decisi di non pronunciarne più. Era altro che cercavo. La cosa peggiore era capire che erano le parole che io pronunciavo che mi procuravano disagio e offesa. L'eco amplifica, l'eco costringe, l'eco non ti permette di scappare. Era ben altro che io cercavo. La trottola è ben ritta sulla sua punta; è la sua velocità che le permette l'equilibrio..la velocità le permette di avere un unico colore, un'unica forma diviene indistinguibile..tutte quelle sfumature che io ero certo fossero sulla superficie lucida di quella trottola andavano a svanire, ma solamente attraverso la velocità essa si manteneva ritta sulla punta e sapevo bene che se avesse rallentato io avrei rivisto e riconosciuto quei colori ma ero anche certo che sarebbe caduta. Era la velocità che la manteneva ritta sulla punta, era la velocità che garantiva l'equilibrio.