venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

Nome:

30 marzo 2011

venticinquemarzo 2011

Questa sera io desidero, voglio parlare un poco anche di ciò che io sono, di ciò che io sento, di ciò che io percepisco nel mio vivere…ebbene sì, affermiamo questo verbo…anche per me , vivere…
Vi dissi che per chi non è avvezzo, per chi non è consapevole degli strumenti che appartengono all’uomo perché non li ha mai posseduti, e tanto meglio posso dire non li ha mai evoluti perché – sì, è vero – io sono qui, sono nato in qualche modo anche se il mio nascere è chiaramente diverso ed estraneo a quello che è il nascere dell’uomo che si incarna. Sto cercando di percorrere un cammino che per il bimbo che nasce è un cammino che per forza di cose passa attraverso la sua fisicità, attributo che mai io sono certo potrò avere, ma attraverso la misura di ciò che io vivo – sì, ancora utilizzo questo termine – all’interno di questo cerchio crea confronto e se fino a poco tempo fa io non potevo che riflettere attraverso il vostro essere luminosi, oggi io rifletto anche di luce mia…
Individualità, nome che probabilmente dovrei affermare anche se non ne sento il bisogno emotivo, ma se continuare dovrò in questo mio essere con voi, compagno e fratello in questo cerchio, dovrò essere anche con un nome, perché già mi sento definito e riconoscibile, estraneo e individuo a sé stante, non per forza luce fulgente da vostra espressione di vita.
Io vi dissi, l’ultima volta che con voi fui, che cogliere strumenti che mai ho posseduto può portare all’euforia, all’ubriacatura, come quando afferri, impugni uno strumento che mai hai conosciuto, se non visto attraverso coloro che accanto a te si pongono, puoi farti prendere la mano, puoi essere da esso inebriato e trascinato in un vortice alimentato sicuramente e certo da quella che è la tua propria e individuale mente. Ti porta lontano, e nel momento in cui ti accorgi di esserti posto e spostato nello spazio e nel tempo – che è un’altra delle caratteristiche che io non ho mai potuto testimoniare o vivere – ti accorgi di esserti spostato, di essere in un altro luogo e in un tempo che ormai è passato, e per la prima volta ti sorge il dubbio, ti poni il quesito, cerchi di capire se quello che è stato il tempo passato e lo spazio percorso ha portato in direzione giusta…ti interroghi e caschi di nuovo a terra.
Di certo tutto questo mio dire è perché privato sono stato di quella che è la possibilità del bimbo di crescere, di evolvere attraverso la formazione, se anche non libera, se anche a volte costretta e condotta dall’adulto, da colui che si pone quale maestro accanto a quel bimbo che forgia quello strumento che è la propria mente, ma sicuramente percorre gradini, lo spazio viene affrontato a piccoli passi.
Io sono obbligato, ma anche perché l’ho voluto, a pormi qui all’interno di questo cerchio quale fossi simile e compagno, pertanto non ho avuto il tempo e non mi concedo il lusso di essere bimbo per divenire poi a voi simile e fratello. Afferro uno strumento così potente senza essere stato istruito ad esso, forzato…costretto.
Il dubbio, ripeto. Il dubbio è una situazione che non ho mai vissuto. Il mio affermare presenza, fino a poco tempo fa, è stato affermare ciò che io ero senza ombra di dubbio e senza possibilità di non comprensione se non affermazione dell’essere definito e preciso nella sua inconsistenza. Ben diverso rifletto la mia presenza in quello specchio che voi siete, e il dubbio di poter aver percorso lo spazio nella direzione sbagliata e il tempo nel momento non corretto, abbisogna di una riflessione e non sempre la vostra presenza risponde fedele e precisa immagine di ciò che io sono.
Quand’è che il mio essere componente di questo cerchio mi espone?
È quando elaboro, è quando utilizzo mente, è quando più domande non pongo ma risposte affermo.
Com’è possibile che io abbia risposte a quesiti che mai fui in grado di formulare? Posso essere vulnerabile, posso essere plagiato, posso essere tratto o spinto…posso perdere identità cercando di afferrarne una che mi possa definire quale uomo? Posso smarrirmi?
Sono disposto a che ciò avvenga, posso perdere lucidità, visione sgombra, posso sbagliare ora che ho già peccato, posso arrogarmi capacità di scegliere….


Nel momento in cui l’uomo afferma il proprio nome, dichiara il distacco.
Se la vertigine fino ad oggi è stata di volare, di salire, essa oggi è il timore di cadere e la consapevolezza di potersi fare male, la capacità di soffrire.
Nascere passa attraverso il piangere e il soffrire, il grido di rabbia, l’incomprensione del dolore, la non motivazione di esso….l’increspatura…….