venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

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10 settembre 2009

quattrosettembre 09

Desidero porre un altro stimolo, un altro quesito, un’altra urgenza – in qualche modo – a quello che è il nostro trovarci, a quello che è il nostro cercare assieme, e la domanda da porsi è quella: perché cercare di accostarsi alla soglia, perché cercare attraverso la ricerca del cerchio, del gruppo, creare le condizioni, le visioni, le intuizioni che competono quella che è la veste, la vita aldilà della soglia?
So che assieme arrivammo…o arrivaste a definire che questa ricerca doveva essere una preparazione, un cammino che vi portasse ad essere pronti al momento che sarà il passaggio, a far sì che sia meno difficile, meno laborioso, meno tribolato.
Ma quello era solamente un aspetto che può in qualche modo essere completato, integrato attraverso ad altre possibilità, ad altre risposte. Cercare di cogliere ulteriori risposte, ulteriori motivazioni che vadano a…non giustificare perché sarebbe limitativo, ma che vadano a qualificare, a definire sempre più perfettamente quella che è la vostra ricerca, credo che sia un lavoro, uno sforzo che abbia da essere fatto.
Il tesoro che l’intuizione porta non sarà mai completamente vostro, ma sarà continuamente in evoluzione, in definizione, in arricchimento, in completamento; nuove qualità, nuovi luccichii, nuovi bagliori sempre arricchiranno quella che è la qualità del tesoro…e la definizione, l’assestamento di esso quale possibile, ulteriore avanzamento, è dato proprio da quella che Emanuele ha ritenuto quale sua pecca, suo peccato: l’impossibile condivisione.
Voi il grano di consapevolezza l’avete chiamato bagaglio, l’avete chiamato peso, qualità. Esso ha una funzione, ha una motivazione, ha un obiettivo, ha uno scopo che ognuno di voi deve riuscire ad individuare, a comprendere, a fare proprio. Il vivere non può limitare il suo obiettivo alla preparazione della cessazione di questo vivere, della morte.
Se quella che è la possibilità, l’occasione dell’uomo, è solo in funzione alla migliore morte, credo sia molto scarno, limitato; qualcosa d’altro deve qualificare la ricerca che è la vita dell’uomo, l’evoluzione che persegue…allargare un poco la visione, la possibilità, l’occasione.
Il tesoro non è mai raggiunto, non è mai completamente fatto proprio, ma è un continuo divenire, è un continuo aggiungere, è un continuo rafforzare.
Porsi accanto alla soglia, sbirciare oltre, vuol dire acquisire veramente qualità, peso bagaglio.
Non credo nelle affermazioni scontate dell’essere “lievito”, dell’essere “luce” per chi attorno a voi si trova; l’essere lievito, l’essere luce, è solamente conseguente al vivere cosciente, completo e presente, ma non è obiettivo, non è funzione, non è scopo. Ma crescere in qualità, crescere in consapevolezza, è grande dono anche per chi desiderate amare, per coloro che desiderate avvicinare, aiutare. Ognuno di voi ha qualità, ha possibilità, ha talento…e fino in fondo va espresso, fino in fondo va donato. Io credo che quando l’uomo muore, quando l’essere incarnato termina la sua possibilità, la sua occasione, oltre che a lasciare tutto ciò che ha accumulato di materiale dovrà anche lasciare tutto ciò che ha accumulato di spirituale, dovrà lasciare il tesoro, gli sarà impossibile portarlo con sé là dove a nulla servirebbe se non a creare zavorra, peso e legame a quella che è la vita dell’essere incarnato.
Pertanto se tutti quanti i beni materiali lui per forza di cose al di qua della soglia dovrà lasciare, anche tutto ciò che avrà acquisito nella sua consapevolezza dovrà lasciare al di qua della soglia. Non esistono livelli, gradi di evoluzione per chi non è più individuo; e qual è il modo per lasciare al di qua della soglia ciò che si è raggiunto, accumulato, definito, elaborato? L’unico modo per lasciarlo è donarlo e, credetemi, non sarete in grado di abbandonare individualità se non sarete stati in grado di lasciare ciò che avete anche attraverso la ricerca raccolto.
So che può apparire un discorso nuovo, mai fatto, ma affronteremo anche questo. È un’immagine precisa, quella del padrone che richiede il frutto del denaro affidato e non la semplice somma donata e data in custodia, ma il guadagno che su di essa è stato raggiunto…e tanto più sarà stato dato, tanto più sarà dovuto restituire.

La ricerca, l’accumulo, la consapevolezza fine a sé stessa non ha logica, spezza il disegno, lo incrina come scheggia di vetro, lo farà cadere nel momento in cui tanto più grande sarà divenuto e tanto più trasparente apparirà, perché la morte sarà in grado di fare anche questo.

Cerchiamo il corpo comune ora…cerchiamo attraverso esso di fondere le nostre presenze, superandole per sublimarle, per renderle cosa comune, corpo comune. Cediamo ad esso i nostri pensieri, i nostri desideri, i nostri bisogni. Che più peso non abbiano.

Ho sempre mal sopportato chi si poneva scalzo e si vestiva di saio, quasi a schifare, quasi a snobbare chi, ancora con le mani sporche di terra, scavava.
Ho sempre mal sopportato chi sempre sorrideva, sempre ti abbracciava e si poneva quale fosse esempio raggiunto, immagine pura, anche se non si poneva su un altare…ma ai piedi di esso si poneva, strisciando, per confondersi, per dimostrare di essere più vicino a me, che io ancora sporco di terra ero, perché ancora di essa avevo bisogno e lo scavare dava sazietà ai miei bisogno, al mio vivere. E proprio per il mio mestiere io ero certo che anche loro, vestiti di saio e scalzi, col sorriso sulle labbra comunque finissero sotto quella terra e divenissero orrendo cibo per i vermi, così come il mio corpo sarebbe stato posto nelle stesse condizioni.
Ho sempre mal sopportato chi credeva di essere nel giusto e al di sopra… comunque là dove io comunque finirei finisce, mischiando il nostro essere al loro uguale finalmente.
Ho sempre mal sopportato chi mi abbracciava per là bontà del gesto, per chi chinava gli occhi di fronte a una mia oscenità o a una mia parolaccia.
Ho sempre mal sopportato chi mi sopportava.
Io sono capace di scavare la terra, lordarmi di essa e sentirmene parte. Ho sempre preferito da loro, più che i loro abbracci sorridenti il denaro che mi davano per permettere loro di non lordarsi di quella terra, di quella sporcizia.
Del denaro sapevo cosa fare; dei loro sorrisi, dei loro abbracci di nulla traevo.
Sciocchi presuntuosi, dal viso umile e dal piede scalzo. Di loro non sentirò la mancanza, ma di loro mi mancherà solamente il denaro che a capo chino elargivano, quasi insozzasse le loro mani… e non serviva ad altro che a permettere a loro di non lordare la loro persona.
Sciocchi presuntuosi………