venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

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18 giugno 2009

dodicigiugno 09

Ancora sono presenti, qui in questa stanza, alcune parole dette, testimonianze affermate, e fra quelle le parole di Emanuele quando diceva che il suo messaggio più vero, quello più capace, genuino, sarebbe stato nel momento in cui la sua testimonianza fosse scomparsa, fuggita via.
Forse può apparire, la mia presenza, come la non testimonianza di Emanuele, e la mia presenza non è altro che lo stimolo, il pungolo affinché ciò che la mancanza della testimonianza di Emanuele ha creato. Ci deve essere un vuoto qui, all’interno di questo cerchio che proprio la non presenza di una testimonianza ha definito, ha concretizzato, ha reso palpabile, tangibile.
Certo, se la mia voce continua a proporre, a dire, in qualche modo questo vuoto si colma, non è così vero, presente, profondo. Ma in fondo il progredire, l’andare oltre, rendere grano di consapevolezza ciò che stiamo facendo, è far sì che emerga la presenza di ognuno di voi…questo era – e ben lo sapete – il chiodo fisso, forse la preoccupazione, il cruccio più grande per Emanuele: la testimonianza, la condivisione.
Se è chiaro come si va a provocare la coscienza e la consapevolezza del tesoro che è dentro di voi, il passo successivo deve essere ancora più chiaro, perché ripetuto a iosa…ed è la condivisione di questo tesoro trovato.
Il tesoro non ha una definizione, non ha una misura, non ha una dimensione, non è facile descriverlo, non è facile crearlo affinché possa essere fruibile da chi attorno a voi si trova.
La difficoltà è grande, ne sono convinto, perché non ha dimensioni, non ha colori, non ha suoni e anche questo ho cercato di dirvelo anch’io tante volte.
Che cos’è che fa sì che questo tesoro trovato divenga possibile da afferrare e comprensibile da chi attorno a voi in verità cerca?
Per far sì che divenga concreto, condivisibile, questo tesoro ha da iniziare ad essere testimoniato.
Vi ho detto, se riusciremo a far balzare fuori, rotolare giù quella che è la fede, se riusciremo ad appropriarci di essa, dovremo poi testimoniarla. Per testimoniarla non abbiamo bisogno di creare immagini, non abbiamo bisogno di creare dimensioni, ma iniziare a porla un poco più lontano da noi, al centro di quello che io riconosco come strumento capace per questo nostro cerchio, che è il corpo comune. La testimonianza può essere facilmente resa percepibile dagli altri, non necessariamente attraverso la voce, se anche è lo strumento che voi avete riconosciuto come proprio, atto all’uso.
Il lavoro può essere fatto anche attraverso il pensiero e il desiderio di offrire il pensiero all’altro, cedere…cedere protezione, cedere schermo, cedere barriera. Io credo che sia fondamentale ripetere qui, in questo cerchio, che il tesoro trovato ha da essere condiviso; il grande cruccio di Emanuele, la morte repentina che lui continuamente utilizza come alibi alla sua incapacità di allora….
Qual è il vostro alibi? Qual è la spiegazione all’incapacità vostra, all’impotenza, all’inabilità?
Può essere piacevole giocare con questa ricerca….ma perché io non sono testimonianza, perché ci tengo a dire ancora e di nuovo che io non porto esperienza, che io non porto possibilità di confronto? Ma proprio perché non ho mai avuto la possibilità dell’esperienza fisica io non sono simile a voi, neanche lontanamente…anche se intimamente sono fratello vostro, facente parte dell’unica matrice, dell’unica possibile e immutabile energia…ma perderci in queste definizioni non fa altro che allontanare.
Cerchiamo, proviamo, facciamo sì che il nostro strumento, il nostro capace attrezzo magico ci porti a realizzare ciò che è il nostro desiderio.
Lo stagno allora, cerchiamolo, è dentro di noi, ci appartiene, è nostro, l’abbiamo noi creato, desiderato, reso possibile; parte di esso appartiene ad ognuno di noi, ha le nostre caratteristiche.
È attorno a questo stagno che desideriamo offrire, cedere quella che è la nostra visione…è attorno a questo stagno che noi cerchiamo di chiedere, pretendere ciò che è la nostra partecipazione.
È attorno a questo stagno che crediamo possibile cogliere la nostra intuizione, la nostra matrice.
È attorno a questo stagno che noi pensiamo di poterla testimoniare, offrendola a chi riconosciamo come compagno fedele di ricerca, sincero.
L’immagine che ho di me stessa è quella di un sacco colmo, tenuto ritto e gonfio da ciò che è contenuto in questo sacco e ben compreso, chiuso, celato attraverso quella legatura che non permette, impedisce a ciò che si trova all’interno del sacco di fuoriuscire, perché se fuori cascasse oppure salisse alta verso il cielo, ciò che io sono, il sacco che contiene tutto ciò, si affloscerebbe a terra.
Quanto tempo, quanta energia, quanta oscura dedizione mi ha portato a colmare questo sacco che io sono…e tu, con quale ardire mi inviti a slacciare quel legaccio? Io non voglio, non ti riconosco, non so chi tu sia e non cederò. Non credere che io non sappia ciò che ho accumulato, calcato, infilato, compresso in quel sacco che io sono. Come puoi tu?
Non hai torto a pensare che prima o poi si logorerà l’essenza di quel legame, ma perché preoccuparmene prima? Mi spaventa, mi preoccupa, crea timore in me il pensiero di un sacco vuoto, abbandonato a terra. Il sacco di per sé stesso non può mantenere rigidità; è ciò che contiene, ciò che lo gonfia che lo rende vivo.
Il mio silenzio non ti deve riguardare. So cosa il mio sacco contiene, so la qualità, il rigore, la moralità………


Che cosa impedisce alla testimonianza di chi partecipa al cerchio di creare di nuovo traccia che distoglie dalla ricerca? Se in fondo abbiamo detto che il fatto che Emanuele ci abbia salutato, ci ha permesso una libertà e una possibilità nuove; l’emergere della testimonianza e della presenza di qualcuno facente parte del cerchio porta a distogliere da quella che è la ricerca individuale, su questo non vi è dubbio…allora tutto ciò vuol dire che la bontà della ricerca è legata all’analisi che l’individuo fa della ricerca e di ciò che la ricerca gli permette di trovare, non il confronto ancora e nuovamente dell’esperienza dell’altro.
L’attesa, la curiosità, il desiderio di poter attingere all’esperienza di qualchedun altro porta nella direzione ancora sbagliata. Essere attivi all’interno di quello che è il corpo comune vuol dire elaborare una ricerca, far sì che questa ricerca passi da ciò che è conosciuto a ciò che è cosciente;
solamente dopo questo passaggio la possibilità del confronto diviene capace.
Proveremo ancora……………………………………………………………………………………