venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

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16 aprile 2009

dieciaprile 09 venerdisanto

Vi dissi che la presenza di Dio è una presenza ingombrante per l’uomo, e lo è veramente perché è la soluzione che va a colmare le lacune che l’uomo incontra, i limiti.
Vestendo quest’immagine, quest’Entità chiamata Dio delle caratteristiche e degli abiti in qualche modo, che vadano a soddisfare l’incapacità e il limite dell’uomo, Dio può essere quella Entità giudicante che è in grado di capire e di comprendere fino in fondo le aspirazioni, i desideri, le aspettative dell’individuo, oppure può essere quell’Entità capace di giudicare e di punire colui che sbaglia, per soddisfare l’insoddisfazione e il torto che subisce l’individuo che va a cercare un Dio con queste fattezze, caratteristiche.
Dio può essere quell’Entità che risolve i limiti dell’incomprensione dell’uomo. Dio è una presenza ingombrante di cui l’individuo ha bisogno, e anche per lenire un pochino la ricerca sfrenata e il bisogno di comprendere, creando qualcosa che va a superare ogni limite dell’essere Onnipresente, Onnisciente che ci ha creato, che ci protegge, ci conosce, ci accompagna, ci alimenta.
Ma non deve essere un alibi per non cercare. La ricerca deve rimanere come obiettivo primario, come traccia per l’uomo, per l’individuo…e la ricerca non porta sicuramente a Dio ma porta all’affermazione dell’individuo, alla piena coscienza di esso. Questo è il compito che appartiene all’individuo incarnato.
Questa ricerca è legata a dei limiti temporali, fisici. Viene fornito ad esso un corpo con un tempo degenerativo che crea urgenza e stimolo alla ricerca. Se non esistesse questo limite che è il tempo, difficilmente l’uomo avrebbe lo stimolo necessario per cercare a fondo, per cercare in piena coscienza la realizzazione del suo obiettivo.
Per chi è convinto che la vita comunque trascenda il limite della morte fisica, comprende anche chi il limite del corpo fisico rimane reale, perché – come voi ben avete imparato – nell’interezza l’individuo e incarnato può esprimere la maggior possibilità, la maggior potenza, nelle tre componenti che l’uomo riceve al momento della sua nascita o, per meglio dire, delle due componenti che egli riceve, perché sicuramente l’afflato, il respiro iniziale, è, esiste, è reale, immutabile, sì. Sono le altre due componenti, legate a un corpo fisico e a una mente con doti degenerative, con limiti di tempo che la portano al collasso fisico e neurale di queste due componenti, per andare a creare quell’urgenza di ricerca, quello stimolo che possa in qualche modo creare disequilibrio verso la ricerca.
È comprensibile che l’uomo, nella sua giovinezza, ben difficilmente spingerà nella ricerca o sarà disposto a dare energia necessaria a far sì che la ricerca divenga capace; è all’approssimarsi della maturità e poi della vecchiaia, che l’urgenza va a spingere e tirare quella che è la ricerca dell’essere, dell’individuo. È anche vero che bene è cosciente il fatto che i limiti del tempo siano proprio legati a quella che è la vita terrena, ma ciò ha da essere in questi termini, nel momento in cui la coscienza giungerà a comprendere che il limite del tempo è un limite irreale, già sarà avvenuto un passaggio, una comprensione…ma è solamente nel momento in cui l’urgenza temporale porta a correre nell’individuale ricerca che si può misurare veramente la parvenza dell’urgenza temporale.
Il corpo dell’uomo, la sua struttura fisica, il suo abito corporeo, abbiamo detto degenera, ma non va a cessare in quello che è un annullamento completo e immediato, ma la trasformazione prosegue…anche il corpo fisico si trasforma e diviene elemento nutritivo della vita che continua attorno all’uomo incarnato, diviene alimento, diviene lievito, diviene energia; e anche la mente, assimilando a questa immagine, possiamo immaginare che diviene strumento per qualcos’altro.
Pensate solamente alla mente che il trapassato porta con sé, agli incontri che voi avete con uomini che sono morti e che avete conosciuto. La propria mente portata aldilà del limite della morte degenera, attraverso la comprensione di impotenza e di incapacità che l’essere, l’individuo, si ritrova, ha da essere anche la mente degenerata, trasformata ed evoluta in qualcosa che ha da essere alimento ed energia per il mondo che si trova attorno.
Attraverso la comprensione, attraverso la spiegazione di essa e la comunicazione, attraverso quello che è l’incontro con i defunti…non necessariamente attraverso il messaggio medianico ma anche attraverso il ricordo, molte volte vi è stato detto che rimane traccia all’interno di chi rimane nella sua veste fisica e ricorda, per l’amore che ha portato a colui che è defunto, rimane questa presenza, questo stimolo, questo alimento.
Se poi la testimonianza giunge aldilà di quella che è la morte fisica, ancora più capace, più potente, più abile diviene la testimonianza, l’incontro. Attraverso la degenerazione di queste due vesti che l’uomo ha ricevuto al momento della propria nascita, si libera quello che è il respiro originale, la Scintilla, l’Afflato.
Accettare la degenerazione di questi due strumenti così capaci, importanti, fondamentali dell’uomo, giunge il cedere e il superamento cosciente. Io non credo che possa avvenire il superamento cosciente dell’individualità attraverso il momento della follia, dell’incoscienza, dell’oblio.
La presenza dell’individuo è fedele, è presente fino al termine ultimo della cessione dell’individualità; non esiste scampo a questa possibilità. L’affermazione di non essere più è molto coinvolgente, molto precisa, molto intima; il lavoro può apparire a volte smisurato e si può credere che l’uomo sia incapace, per quelle che sono le sue………
C’è un pensiero, una domanda che galleggia…ma coloro che non sono in grado di trovare quei momenti magici, sacrali, che permettono la vista aldilà e al di fuori di quella che è la condizione umana, incarnata, quali possibilità hanno?
Rimangono comunque integre le possibilità, gli strumenti possono cambiare, le esperienze possono cambiare…possono essere anche più facili o possono essere più difficili, tribolate, dipende molto dalla presenza dell’individuo nell’esperienza che lo porta alla domanda, al bisogno, all’urgenza della ricerca.
È indispensabile dare comprensione alla degenerazione del corpo, alla malattia, alla morte fisica…ma anche dare soddisfazione alla comprensione mentale di questo passaggio, altrimenti – credetemi – è la pazzia, che ha da essere superata per forza di cose. Molte volte la pazzia è una scelta che l’individuo offre a sé stesso per offrire tregua, per offrire un po’ di requie all’urgenza della ricerca…ma, credetemi, non può essere condizione ultima, definitiva per l’uomo.
Accettare l’annullamento e il superamento cosciente dell’individualità è compito arduo. Qual è la possibilità per chi invece può porre la sua presenza là sul varco e gettare lo sguardo aldilà e al di fuori? È la possibilità di comprendere. Ma proprio perché esiste questa possibilità esiste anche la difficoltà di accettare ciò che si vede e collocarlo in quella che è la figura, lo schema che l’individuo ha dato per la propria vita. La provocazione è sicuramente grande, l’urto incomprensibile, nel momento in cui ci si accorge che ciò che si era aspettato, che l’aspettativa creata fosse…sbagliata.
Accettare ciò che si vede, affidarsi a colui che si pone aldilà e fa da mezzo, da medium, da strumento, da filtro a quella che è l’immagine aldilà, al di fuori. La fiducia e l’accettazione di esso non sono semplici come possono apparire. La delusione di non trovare ciò che si cerca, la delusione dello scoprire che……………………………………………………………………………………

Perché Cristo, quando era sulla croce e sentiva che la morte si avvicinava, lanciò quell’urlo che fece tremare la terra…lui, l’Uomo che sapeva di essere vicino alla realizzazione del sé, a tornare ad essere ciò che era quando scelse liberamente di incarnarsi per mostrare la Via all’uomo, quando ormai aveva finito, quando ormai tutto quanto era terminato…..perché lanciò quell’urlo che fece tremare la terra? Cosa, attraverso di esso, voleva dire?
Si disse che era un urlo terrificante, terribile, angoscioso….che il cielo si squarciò.
Eppure aveva terminato, eppure era prossimo al ritorno alla casa del Padre, la sofferenza aveva avuto termine; la difficoltà, il limite, il timore erano terminati….
Eppure grande e grave fu quell’urlo.