venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

Nome:

11 marzo 2009

seimarzo 09

Il mio nome era S. e ancora oggi S. io mi chiamo.

So che dovremo cercare di confrontarci un po’ meglio sul fatto che io abbia accumulato aspettative nei vostri confronti…e di conseguenza rabbia nel momento in cui questa aspettativa non fu soddisfatta.
So anche che però è difficile poter collimare le nostre visioni su questo sentimento, su questo…ma è vero però che io avevo intravisto in qualcuno di voi la forza, e io avevo certamente, cosciente in me, l’aspettativa per l’azione di questa forza nei miei confronti e, credetemi, sono stato desto e sveglio fino alla fine, in attesa – speranzosa attesa – di questo intervento, di questo…non so bene come chiamarlo…
Questa aspettativa è giusto che io l’abbia portata con me, è giusto che io la esprima anche se l’aspettativa divenne rabbia, insoddisfazione. Qualcosa aveva da venire, qualcosa avrebbe dovuto succedere, qualcosa voi avreste dovuto donarmi. Perché ho questa convinzione, questa attesa?
Ma lo faremo, penso, il confrontarci su questo argomento, però mi accorgo di cadere, così come fu per la critica che feci riguardo a Emanuele che parlava troppo spesso di sé, di come era bravo e di come non lo era, continuamente, senza chiamare l’appello ogni tanto a questi nostri incontri…mi accorgo che anch’io sto cadendo in questo modo di essere, a questo mio offrirmi quale anello paritario di questa catena.
Ma so anche che appare come l’unico possibile strumento il parlare di sé per potersi…per poterci confrontare in questo cerchio. In fondo credo che se io mi pongo al centro di questo cerchio, non due passi avanti come diceva Emanuele, ma al centro di questo cerchio affinché possano convogliare su di me le azioni, le energie – come voi le chiamate, io le chiamo attenzioni, disponibilità – se riesco a pormi al centro di questo cerchio io sarò in grado di catalizzare su di me queste attenzioni, queste disponibilità…e in fondo io lo desidero, lo aspetto, lo voglio.
Un cambiamento deve avvenire, abbiamo detto, e la cosa riguarda bene anche voi, non solamente S….il cambiamento deve avvenire affinché qualcosa succeda, affinché io possa mutare questo mio stato e finalmente cascare…ma vorrei darvi ancora un altro motivo per farvi comprendere, per farvi partecipi della bontà del dono e vorrei tornare ancora a quando io fui malato tra di voi, a quando subii l’azione di quella malattia.
Lo strazio fu davvero molto crudele, io credo, e l’aspettativa affinché qualcosa avvenisse mi fece decidere di essere desto…avrei ben potuto utilizzare le droghe, avrei potuto accettare di essere sedato e incosciente, ma proprio perché ancora credevo che qualcosa potesse avvenire io cercai di rifuggire queste offerte, queste dolci, piacevoli offerte, limitandole all’essenziale affinché il mio urlo non divenisse troppo acuto e straziante, ma nulla avveniva.
Io ero lì, mi ponevo pronto, disponibile e ricettivo ma nulla succedeva, e mi sentivo sempre più costretto in una scatola che diveniva man mano più stretta e la pressione da ogni lato andava a costringermi in uno spazio sempre più angusto dal quale potevo ancora sporgere il mio viso.
Alla fine fu un urlo senza voce, mi trovai a urlare …finche tutto quanto si chetò.
Sono certo che dopo la mia morte fisica non ebbi coscienza di ciò che avveniva per parecchio tempo e la cosa che mi destò da questo mio torpore, da questa mia morte apparente…fu la vostra voce, che, quasi fosse uno shock, mi fece emergere nuovamente quella aspettativa e quella rabbia che portai con me dopo la morte.
Credetemi, non fu un buon periodo, un’esperienza edificante, una gioia il passaggio per me. Fu un urlo senza voce perché nessuno di chi stava attorno sentiva il mio urlare. Vorrei tanto che per nessuno possa avvenire ciò che è avvenuto per me. È per quello che penso sia un motivo in più per farvi comprendere che se esiste per voi una possibilità, ha da essere afferrata, espressa, decisa, compiuta. Sono certo di credere che S. non sia ancora morto; non capisco bene perché.

Non ho disegno, non ho traccia, non ho comprensione di ciò che sta avvenendo, ma sicuramente è qualcosa…probabilmente sono su qualche spazio sospeso, inanimato, in attesa che qualcosa avvenga. Ho persino pensato di essere incosciente, insensibile, collegato a qualche astrusa macchina che mi impedisse di morire…ma so che non è così.
Ma proprio nel momento in cui capisco che non è così, non trovo altra spiegazione che possa dare comprensione, che mi soddisfi e tranquillizzi questo mio bisogno di dare senso, di darmi nuovamente veste, essenza, vita. Qualcosa ha da venire, qualcosa ha da essere espresso da ciò che ancora oggi S. è. Io lo voglio, non ho altro scampo a che realizzare ciò che posso ancora.
Vi ho detto che fu la vostra voce a destarmi da quel torpore, e anche questo mi fu incomprensibile, non logico. In fondo, che legame ci legava? E se era solo la vostra voce, quanto poteva essere prezioso questo legame che io non ho mai riconosciuto?
Eppure così era…il pensiero di attraverso voi portarmi a vivere nuovamente, assaporando le cose, le persone che ho amato, delle quali più sentivo la mancanza…ma oggi comprendo che in fondo queste cose, queste persone, erano da me desiderabili perché solamente attraverso l’essere nuovamente come ero mi poteva dare coscienza di vivere ancora.
Oggi so che non è più così, sono quietamente certo che non possa più essere in quei termini…però la mia morte ha da avvenire, non può continuare in questo modo, ma so, sono certo, ho speranza, attesa, desiderio a che qualcosa possa avvenire, qui.
Credo che l’esperienza, la sensazione, la…non so in che cavolo di modo chiamarla, che oggi io sono riuscito a definire, mi avrebbe aiutato, sarebbe stato strumento utile nel momento del mio passaggio. Ma, come ho detto, non esiste più l’urgenza, il tempo non scandisce più inesorabile la discesa…e questa sensazione mi dà tranquillità, mi fa sperare. Così sia.
Io sarò con voi…perché lo voglio.
D. (Fl) Grazie S., voglio solo dirti che, rispetto a quando ti ho conosciuto la prima volta, la vicinanza che ho verso di te adesso è molto diversa, non sono capace neanche io a spiegarti come…però ti ringrazio.
A te…credo che la molla più capace, più carica, che ha portato a questo cambiamento, al cambiamento di S., credo che sia stata la paura, la paura di trovarsi solo, impotente e costretto in qualche modo a trovare qualcosa a cui aggrapparsi, che desse dimensione, presenza, calore.
Io prometto la mia presenza e non come fino a poco tempo fa, perché non potevo avere altra possibilità, altra alternativa…ma sono certo di volerlo.

La presenza di Dio per l’uomo a volte può essere una presenza ingombrante, scomoda, opprimente.
E se la presenza di Dio viene utilizzata per educare, per definire qual è il modo giusto, costringe l’uomo a cambiare nel modo sbagliato, io credo.
Il vero cambiamento è cedere alla vera essenza dell’essere, ma troppo spesso l’uomo cerca di cambiare in funzione della visione degli altri, siano essi i compagni che ci stanno attorno, le persone che noi amiamo, oppure siano essi i maestri, i preti, coloro che sanno, oppure, in ultima analisi, sia esso Dio, l’Essere Supremo Onnipotente.
Il cambiamento comunque, in questa direzione, ci porta a mutare in funzione di qualcosa che noi non siamo ma vorremmo che fossimo. Il vero cambiamento, la vera conversione, è l’abbraccio forte della visione intima che noi possiamo avere nell’intravedere l’essenza.
Può apparire rinuncia, sconfitta…può apparire impotenza, incapacità, ignoranza…
La ribellione a questa costrizione, a questa richiesta di cambiamento “in funzione di “ può portarci veramente al delirio di onnipotenza e alla scelta dell’inferno quale reazione a un…..a un…..