venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

Nome:

27 febbraio 2009

ventifebbraio 09

Il mio nome era S. e ancora oggi S. mi chiamo.
Non sono del tutto dispiaciuto che Emanuele vi abbia salutati. Non mi dispiacevano in fondo le cose che diceva; avevano comunque un senso, avevano comunque una simmetria, una logica…per chi ci crede, chiaramente.
Ma la cosa che più mal sopportavo era il fatto che parlasse sempre di sé stesso, di quanto era bravo e di quanto non lo era. Credo che serva molto di più fare l’appello, chiamare per nome, chiedere la risposta a questo appello, chiedere un nome a risposta di questo appello.
Io, in fondo, non sono così soddisfatto com’era lui della bontà di questo cerchio…non per ciò che sta avvenendo oggi, perché faccio fatica a comprenderlo, faccio fatica proprio perché non ho punti di riferimento, non ho situazioni, non ho immagini da afferrare, non ho possibilità di reagire, se non spremendo quel poco che mi rimane attivo, desto, presente.
La mia insoddisfazione riguarda il tempo in cui vi incontrai…probabilmente già cercai di chiarire questo mio sentimento , in fondo, che non è solo una visione nuda e precisa, ma proprio un sentimento, una reazione , un moto che mi ha portato a decifrare ciò che è stato l’effetto del mio incontro con voi. Io intravidi una possibilità e quando vi incontrai fui certo che ci fosse la possibilità per qualcuno di voi di aiutarmi, di aiutare ciò che era la mia malattia; non altro volevo, infondo.
Ancora speranzoso, ancora aperto alla possibilità di poter guarire.
La morte era una lavagna nera, un cancello chiuso, era l’impedimento alla possibilità, era la chiusura al proseguire del mio cammino. Io ero certo che dentro di me ci fosse ancora qualche cosa che aveva a che fare e a che dire nella vita che mi apprestavo a cessare; intravidi in qualcuno di voi lo strumento che forzasse questa china che la malattia aveva innescato, questa discesa senza freni a trattenere. Ma proprio perché intravidi – non so con quale senso, con quale capacità di vedere – intravidi in qualcuno di voi la possibilità di aiutarmi, ma c’era qualcosa…c’era qualcosa che aveva un’energia così grande che mi avrebbe aiutato a riaprire quello che io chiamai “ rubinetto ormai serrato “. Ma proprio perché intravidi questa possibilità la mia collera mi accompagna ancora, sono certo, profondamente convinto che quel qualcuno di voi che aveva questa possibilità non ha voluto, coscientemente, donarmi ciò che possedeva.
Io non so…ancora oggi non so quale fosse il dono che mi aspettavo, quale fosse la medicina, ma sono ben certo che mi fu negata attraverso un preciso moto di volontà.
Quando oggi parlo di appello affinché forte venga pronunciato l’essere presenti qui, ancora nuovamente assieme, è perché io possa capire, comprendere, fare mio ciò che è avvenuto e ciò che avrebbe potuto avvenire.
D. (N) Le tue accuse sono pesanti, comunque.
Ciò che io affermo è la visione che ho portato con me, non altro che ciò. Credi sia possibile per me lavorare ancora, comprendere, maturare? Io credo di no. Io credo di poter solamente soppesare, valutare ciò che dopo la morte mi sono portato. Quella lavagna nera è tutta attorno a me non è più solamente di fronte quale seguito, direzione, che alla discesa della malattia mi stava portando.
La mia posizione è ferma, stabile, non mi stò muovendo, sono bloccato.
Ho maturato assodato il fatto di non portare qui, di non poter portare qui ciò e coloro che più mi mancano. Mi sento anche in qualche modo da queste persone abbandonato, sono inconsapevoli di me. Posso ancora facilmente scrutare in quella che è la loro vita quale immagine legata a sensazioni dilatate…non posso certo essere presente, capace di vedere, comprendere ciò che è la loro vita, ma anche per loro è ciò che ho portato con me che da sensazione, misura.
Ancora una volta l’occasione è con voi, ancora una volta sono certo che la potenzialità di allora è ancora possibile ad agire; non cerco più chiaramente la mia vita ma chiedo a voi la mia morte.
Smuovermi, rimettermi in mot, scollarmi, schiodarmi, far si che me ne possa andare.
D. (N) Ma in te esiste il desiderio di andartene?
È indispensabile che io lo faccia, non voglio più così essere. È come essere sospesi e mai cadere…ed è desiderabile poter cadere.
D. (N) E desideri che noi interveniamo nei tuoi discorsi?
Io voglio innanzitutto comprendere ciò che ha attratto la mia attenzione nei vostri confronti, ciò che io so certamente voi mi potete dare. Ho perfino pensato che debba essere io in qualche modo a dover dare a voi qualche cosa, ma…cosa mai vorreste da S.? cosa mai S. più potrebbe?
La rabbia è anche cercare di comprendere che senso ha ciò che state facendo. Se io in qualche modo mi sono sentito preso a zonzo, in giro, ma quanto voi potrete?
D. (N) Senti, credo che noi non abbiamo mai preso in giro nessuno. Incapaci, forse sì, di agire, inesperti forse…ma prendere in giro no…perché avremmo preso in giro noi stessi.
Io sono certo che voi avreste potuto.
D. (N) Ma cos’è che ti ha dato questa certezza?
È impossibile, perché già allora per me era impossibile comprendere ciò che vi stavo chiedendo…non sono neanche stato in grado precisamente a definire ciò che mi aspettavo da voi.
La mia richiesta era ben chiara, era guarire, su questo non vi era dubbio. Lo chiedevo a tutti, lo chiedevo ai medici, lo chiedevo anche a quel prete che ho avvicinato…ma voi eravate forse l’unica essenza che mi ha dato risposta, possibilità.
Non coscientemente, ma intravidi…
Ho compreso una cosa, però, che voglio cercare di dare a voi e riguarda l’incontro con le persone defunte. Chi cerca qualcuno morto, qualcuno che gli è stato caro, qualcuno che gli è stato importante, ha sempre un’aspettativa precisa e molte volte ciò che trova nel momento dell’incontro – perché oggi so che è possibile incontrare qualcuno che è passato a miglior vita – la delusione può essere forte, grande, e bisogna essere in grado, bisogna essere preparati, bisogna essere pronti, bisogna essere capaci a vedere, a sentire, ad incontrare.
Io vorrei tanto poter soddisfare quella che è la vostra aspettativa nei miei confronti, ma io non sono altro che ciò che mi sono portato. Credimi, si cristallizza tutto quanto dopo essere morti.
La mia visione è quella di allora, fedele, precisa, minuziosa; vorrei tanto che ciò cambiasse, vorrei tanto poter assorbire, digerire e abbandonare S. , vissuto e ora morto.
D. (N) Senti S., io non so se oggi siamo in grado di aiutarti nella condizione in cui ti trovi, però penso che – e penso di poter parlare a nome di tutti noi – saremmo felici di provarci, però non devi crearti delle aspettative.
Io non solo vi porterò le mie aspettative, ma mi sforzerò a far sì di potervi chiedere qualche cosa che vi appartenga e che sia nella vostra potenzialità darmi. Il mio sforzo in questo senso sarà completo, integrale; tutto quanto ciò che io sono ora sarà volto all’elaborazione di una richiesta precisa nei vostri confronti. Non voglio perdere anche questa occasione.
D. (N) Io da parte mia sono disponibile ad aiutarti. Non so che cosa sarò in grado di fare, ma sono disposta a darti tutto quello che mi è possibile.
Quando io chiedo risposta ad un appello è perché credo nella vostra possibilità.
Vado ora e tornerò.
D. (N) Va bene, S. ; ti aspettiamo. Ciao.

Io credo nell’inferno, e anch’esso è una scelta precisa.
Al termine della nostra vita terrena abbiamo la possibilità di visione sgombra, abbiamo la possibilità di vedere ciò che noi siamo veramente,la parte spirituale, divina…e se anche per tutta quanta la nostra vita mai fummo in grado di neppur intravederla e riconoscerla, attraverso la visione sgombra avremo precisa immagine del Divino che è in noi. Ma se non saremo in grado di abbracciarlo forte e di chiamarlo con il nostro nome e se ancora attraverso un’espressione vigile del nostro libero arbitrio negheremo quell’immagine, noi accoglieremo l’inferno attorno a noi. Ma anche nel momento della visione sgombra noi avremo possibilità di scelta. È ciò che voglio affermare, è ciò che voglio arrogarmi come mio diritto.
Io posso coscientemente scegliere l’inferno…è mio diritto.
D. (N) e se lo scegli ne puoi uscire?
Finchè non sarai in grado di riconoscere, accettare ed abbracciare… può essere piacevole la negazione de Divino che è in te, può essere appagante credere di essere nel giusto e soffrire nella negazione, ma ci è consentito, è in nostro potere.
Cedere, accettare la possibilità di scelta, è difficile.