venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

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10 dicembre 2008

cinquedicembre 08

Ancora, adesso io Emanuele per il cerchio, il cerchio spiritico.

Questa sera desidero continuare a parlarvi di quelli che io chiamo grani di consapevolezza, ma prima vorrei cercare di invitarvi a partecipare a quello che è il mio dire.
Potete farlo attraverso il pensiero, il confronto, oppure anche attraverso la testimonianza, l’essere qui, come voce, anche. È importante per me riuscire a trovare il confronto affinché io possa comprendere qual è il modo migliore per pormi a voi …quali suggestioni, quali testimonianze proporre per potermi permettere di essere così, come già vi ho detto, sempre qualche passo più avanti per potervi tendere la mano, più che condurre.
È proprio attraverso questo confronto che io credo si crei quella catena, anche a livello, se vogliamo, cosciente, mentale, che ci porta ad un coinvolgimento maggiore per la preparazione di quello che sarà poi il corpo comune, la catena…la vera catena.
È vero ciò che è stato detto, che io cerchi in qualche modo di coinvolgere anche il vostro essere mentale, perché in questo modo si lavora su quello che è il cedere della bolla. Nel momento in cui la mente decide, sente, percepisce di trovarsi in un ambiente protetto, amichevole, con più facilità cederà quello che è il controllo, l’attenzione.
Grani di coscienza. Non a caso ho riconosciuto come nome adatto al grano una piccola porzione, una piccola perla…
Io sono convinto, sono certo che la ricerca, se ben indirizzata, ben partecipata, consapevole, porti all’incontro di questi grani che non sono un’evoluzione nella conoscenza, non sono tappe per lo svelare di un arcano oppure di una comprensione di un concetto che va a rendere somma totale di quello che è il nostro ricercare…non credo che sia possibile trovare fine alla ricerca.
Sono convinto che l’obiettivo finale – e non necessariamente solo finale – sia proprio il raggiungere il superamento cosciente della individualità…creare le condizioni affinché possa essere scelto, deciso e liberamente affermato quale buona cosa, quale strumento principe ideale per la soddisfazione della nostra ricerca.
Già vi ho spiegato che la condizione dell’essere trapassato costringe l’individuo, l’incarnato, a superare questa individualità, ad abbandonare la veste che gli ha definito la vita fino al momento della morte. Ma perché tutto ciò possa essere scelto e possa avvenire prima di questo passaggio, è importante che si definiscano, si affermino le condizioni che possono creare quel momento che permetterà anche all’essere incarnato di superare la propria individualità, per arrivare a quello che è il corpo comune, in fondo, credo che sia abbastanza facile comprendere che la situazione, la condizione, il realizzare del corpo comune, sia proprio il superamento cosciente dell’individualità a favore di un’entità che va a superare innanzitutto il singolo individuo per creare un’entità ben più grande, ben più potente – come già vi ho detto – della somma delle singole individualità…per realizzare, per sperimentare, per testimoniare quello che è il…quella che è l’originale condizione di ogni essere.
Ma torniamo ai grani. I grani…momenti di consapevolezza, non sono somma dei singoli momenti vissuti. Ogni grano è fine a sé stesso, inizia e termina.
Vorrei riuscire ad essere bravo a spiegarvi questo concetto perché credo che sia importante.
Credere che ogni momento che afferma il grano di consapevolezza abbia un inizio e una fine: in questo modo si va ad eliminare lo spreco di energie che porta molte volte a cercare di ricreare le stesse condizioni che hanno favorito il primo stato di consapevolezza.
Se arriviamo a comprendere che esso ha un inizio ed una fine, non sprecheremo energie – ripeto – a cercare di ricreare ciò che è avvenuto ed è impossibile che possa, nelle stesse condizioni, essere riproposto. È umanamente impossibile…è talmente impossibile che non ha neanche da essere preso in considerazione.

Molte volte invece si cerca, attraverso la riproposizione della stessa situazione, dello stesso incontro, della stessa pratica, di ricreare quella situazione.
Ma è importante comprendere che se anche si riuscisse a ricreare quella condizione, sarebbe un ritorno, sarebbe una discesa, sarebbe un… non solo fermarsi, ma retrocedere in quella che è la nostra individuale ricerca.
La somma di due momenti non porta ad una qualità maggiore, ad una purezza più precisa: sono singoli grani quale rosario, legati da un filo conduttore che è la nostra ricerca. Lo spazio tra un grano e l’altro non è prestabilito, non è definito; ogni grano ha valore per sé stesso, ha valore in quanto tale, non come conseguenza di un grano precedente e neanche come preludio ad un grano successivo.
Può apparire fazioso questo mio discorso, inutile, ma credetemi è importante, sarebbe punto acquisito, se riuscissi a spiegare. Torniamo all’obiettivo della ricerca, però.
Vi ho detto che non è la comprensione di un concetto, di un arcano, ma è il pre……………….
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Cogliere lo spazio buio tra una presenza e l’altra…sfruttare il disagio, l’insoddisfazione, per creare spazio, distacco, calo di attenzione…
Dice tanto, di non essere più prete, però l’oratoria, la giaculatoria, lo sbrodolare, è ancora una sua prerogativa.
Non è bastato condannarlo, bruciarlo e ammazzarlo, per farlo stare zitto.
Io che lo sovrastavo devo per forza di cose sfruttare spazio, fessura, soffio d’alito, per poter avere nuovamente un nome… la mia morte non fu così eclatante, spettacolare. La mia morte ha rarefatto la mia presenza, la costringe a terra quale nebbia, quale fumo, quale puzzo che deve sfruttare varco, fessura, crepa…la mia presenza ristagna, ed è solamente il movimento di qualchedun altro che, come voluta di fumo, attrae verso l’alto il mio poter essere di nuovo voce, nome…
Ma se le presenze che sono in questa stanza non si muovono, non creano quel vortice che può attrarre verso l’alto il fumo, la nebbia che è la mia presenza – un gesto inconsulto, un’espressione di stizza, di mal sopportazione verso quel prete che ancora predica mi permette di essere nuovamente – ogni mia espressione non è altro che un brandello vaporoso di nebbia senza definizione precisa, pensiero, peso.
Fluttuo di conseguenza al movimento di qualchedun altro…tanto meglio se il movimento è inconsulto, di rabbia, di stizza. Al traino di esso posso salire e Padre Giustino nuovamente incarnare…ma poi la sorpresa cessa, il movimento si cheta e io, nuovamente pesante del mio essere leggero, ricado a terra nel fluttuare stagnante della mia presenza in questa stanza, la mia presenza che ogni cosa intesse, ogni presenza avvolge…
Sono conseguenza del movimento di qualchedun altro, sono scia, coda, posso solo seguire, mai precedere, mai provocare…
Il mio essere non è mai cheto, la superficie del mio essere qui galleggia, prendo le fattezze di chi mi conduce, prendo i colori, le forme, le espressioni di chi dà anima di nuovo al mio vapore.
La luce mi attraversa, l’oscurità mi ricompatta………………………………………………………