venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

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08 ottobre 2008

treottobre 08

Ancora, adesso io Emanuele per il cerchio, il cerchio spiritico.

Ancora della morte, prima di passare un poco oltre, e l’immagine che assieme stiamo cercando di definire sempre meglio, con più precisione, con più realtà: la morte come nascita ad una nuova vita, come superamento di una condizione per iniziare ad attivare possibilità nuove, una vita nuova.
Una nascita a questa nuova vita è la morte, abbiamo detto, e come avviene per la nascita dell’uomo, così anche per la nascita dell’uomo che muore esistono più o meno le stesse condizioni, esiste un’immagine che mi sembra comprensibile ed è quella del cordone ombelicale.
Anche l’uomo che trapassa è ancora legato a quello che era il corpo fisico che gli ha permesso la nascita attraverso un cordone che lo tiene legato, che lo alimenta ancora, che gli dà informazioni, che gli dà stimoli, messaggi, alimento.
Anche noi trapassati siamo legati da questo cordone ombelicale – io l’ho chiamato in molti modi diversi, l’ho chiamato bagaglio, l’ho chiamato valigia, l’ho chiamato in molti modi – ma è quel cordone, quel collegamento fisico che ci lega ancora alla vita e ci permette di sentirci ancora in sicurezza, quasi che il timore di cadere, di perderci nel vuoto, ci colga.
Pertanto essere ancorati a qualcosa di fisico, di riconosciuto, di comprensibile, ci permette di sentirci al sicuro, ci permette ancora di credere di essere collegati a qualche cosa che conosciamo, che comprendiamo, che abbiamo accettato.
È vero, il taglio di questo cordone non sarà causato da energie, forze e presenze diverse…saremo noi che decideremo di staccarci, abbandonando là quelle valigie che abbiamo portato con noi, ma il timore reale di cadere nel vuoto, dove nulla di concreto, di conosciuto ancora ci sostiene, è grande; pertanto andiamo a strattonare ogni tanto questo legame fisico che ci collega, ci mantiene in comunicazione a quella che è stata la nostra vita precedente…e allora lo scrolliamo, lo tiriamo, lo sentiamo ancora solido, forte, a protezione della nostra caduta nel vuoto, in quella dimensione che non conosciamo e della quale abbiamo timore proprio perché, non conoscendola, è normale che ci sia in noi questa paura.
Un cordone…è vero attraverso esso passa ancora l’alimentazione, il messaggio, la traccia: è vero…essere pronti a troncarlo per lasciarsi cadere è un grande passo che prevede l’accettazione innanzitutto di questa nuova condizione che non ha misure conosciute, definite, che non ha collegamenti con ciò che abbiamo conosciuto e fatto nostro.
Arrivare però a vedere in questo modo la morte, non più come il termine, la fine, la cessazione di tutto quanto, ma la nuova possibilità la nascita… inizia a creare in questo nostro discorrere assieme una visione diversa, più facile all’accettazione.
Un’altra immagine che però vorrei che venisse presa in considerazione e che credo sia fondamentale, riguarda non la vita, la dimensione che mi appartiene oggi, ma quello che fu prima della nostra nascita alla vita terrena.
Per forza di cose ci deve essere stato qualcosa prima della nostra nascita ad essere uomo. Credo sia possibile arrivare a cogliere dimensioni di quella veste che abbiamo già abbandonato, di quel cordone che abbiamo già reciso. Iniziate a cercare traccia dentro di voi di questa dimensione che ormai consideriamo superata, esaurita…ma non è vero che è superata ed esaurita, è uno i quei fondamenti che ci hanno permesso di creare la condizione della coscienza che oggi noi possediamo: è vero, abbandonata perché ritenuto che più non serva, ma è stato fondamentale e innanzitutto è stato.
Anche allora noi eravamo vivi prima di nascere, non vi è dubbio. È un invito il mio a cercare di recuperare in voi tracce anche di quella dimensione prima della nascita terrena…potrebbe essere interessante, utile, potrebbe essere prodigo di sensazioni e stimoli.
Torniamo invece alla visione di quello che è il disegno.
Credo, credo con forza che sia possibile anche all’essere incarnato intuire qual è il disegno che gli spetta; vi posso senz’altro assicurare che al disincarnato il disegno diviene palese.
Le potenzialità, i talenti non espressi alla misura completa possibile sono per me oggi chiari, per ciò che riguarda Emanuele. Se per quella che era l’esperienza di vita terrena l’obiettivo che ti ponevi poteva essere mille volte portato oltre, allontanato trovando motivazioni e cause per il non raggiungimento, oggi non è più possibile. In qualche modo si è congelato l’obiettivo, divenuto tale, visibile, comprensibile…rimane immutabile; il raggiungimento di esso è il recidere il cordone che ancora mi lega a quella che è la vita che vi appartiene, della quale siete ancora oggi attori.
Per voi invece credo che sia più difficile arrivare ad avere visione netta di quello che è il disegno possibile ad ognuno di voi; può essere utile credere, definire obiettivi…il raggiungerli non darà soddisfazione alla completezza del disegno, ne sono certo, non può che essere così, ma saranno passi, gradini che portano alla sempre più precisa comprensione del modo per il completamento del disegno.
Voglio cercare di essere un poco più chiaro. Esistono molti livelli di visione di quello che è il disegno che ci aspetta ; passano attraverso filtri – quello più grande, io credo, è il filtro del corpo fisico, della fisicità dell’uomo – la soddisfazione di alcuni obiettivi, desideri legati alla soddisfazione del piacere, alla soddisfazione di desideri che, insoddisfatti, ci portano a condizionare di molto la nostra vita, il nostro rapporto con gli altri…ma credo che sia la parte iniziale di questa ricerca, sicuramente molto facile da completare.
Il secondo filtro è sicuramente la mente. La mente ci dà…quando la lasciamo andare, quando perdiamo il controllo su di essa – e quando parlo di controllo intendo controlli a volte etici, a volte morali – la nostra mente elabora obiettivi, facendo in modo che questi obiettivi possano dare soddisfazione a bisogni che sono molto più profondi.
Il bisogno che l’essere ha di completare il proprio disegno è latente, vi ho detto; si esprime attraverso recettori che sono prima il fisico, ho detto, poi la mente. Sgombrati questi due filtri la definizione sarà più precisa del bisogno reale, del movimento originale, della caduta originale.
È importante però soddisfare questi disegni che la mente crea e molte volte, credetemi, sono legati a cose molto materiali, legati al successo, legati al successo del denaro, legati al potere, a volte.
Non vanno scartati a priori, io credo…non vanno superati di un solo balzo perché si presenteranno comunque oltre.
La nostra mente ha fame, la nostra mente ha bisogno di essere soddisfatta; possiamo credere di poterla ingannare, ma non è altro che la mente stessa che cerca modi per soddisfare quelli che sono i nostri limiti morali, religiosi. Cerchiamo di darci degli obiettivi, cerchiamo di credere che raggiungendo quelli possiamo soddisfare la ricerca. Non cerchiamo troppo di censurare, castrare quello che è l’obiettivo che la nostra mente ci pone. Lavoriamo su di esso, crogioliamoci un pochino in quel bisogno, diamogli reale dimensione, diamogli anche soddisfazione perché sicuramente ci accorgeremo che il raggiungimento di esso non porterà la soddisfazione tanto agognata, ma non farà altro che portare un poco più in là l’obiettivo da raggiungere…sempre e sempre di più….
Credere che la misura possa essere colma attraverso la soddisfazione di singoli, definiti obiettivi, per ciò che noi siamo oggi è utopia……

Dovrei sempre cercare di parlare di quella che è stata la mia esperienza, mi accorgo che stava avvenendo per me un errore che non aveva senso portare oltre. Per ciò che riguarda Emanuele, per ciò che riguarda l’Emanuele prete innanzitutto, mi viene facile indicare qual è l’errore.
Quando ero novizio il mio desiderio era cercare di poter cambiare l’abito da scuro e povero che era, a quello un poco più ricco e appariscente, perché la mia mente trovava spiegazione a questo mio desiderio; cercava di soddisfarmi dicendo che se io fossi stato un pochino più potente la mia possibilità di aiutare gli altri sarebbe stata più grande, il raggio d’azione sarebbe stato maggiore…per cui il bene che avrei potuto fare sarebbe stato più grande.
Se questo cammino fosse continuato in questo modo sarei diventato rettore, priore…pertanto la mia possibilità di aiutare gli altri nel fare il bene e la mia possibilità di dare bene agli altri sarebbe stata aumentata, moltiplicata.
Io divenni priore e capii quanto sbagliava la mia mente in questo mio cercare di dare obiettivi sempre un pochino più in là. Il nostro corpo, la nostra mente, hanno bisogno di essere soddisfatti. Io mi ricordo l’affermazione di un caro amico che diceva:” Se tu vuoi parlare di Dio all’uomo, devi cercare prima di soddisfare la sua fame”; è una vera affermazione.
Quando le esigenze dell’uomo sono primarie, sono pressanti e dolorose, è ben difficile cercare di aiutare e trovare in lui il Divino e far si che lui lo possa riconoscere, per cui l’obiettivo ha da essere commisurato a quella che è la situazione del momento dell’uomo che stai cercando di aiutare.
Ma guardata come sono ancora bravo prete e cerco di fare questa lezione sull’altro e non su me stesso!
Emanuele prete doveva prima soddisfare la sua fame, che all’inizio lo era, poi era la fame della vanagloria, dell’ambizione, ma se non ci fossi passato attraverso, ben difficilmente mi sarei trovato nella grotta di Qumran.
È pertanto lecito darsi comunque degli obiettivi che possano apparire alla nostra aspirazione più profonda anche blasfemi a volte…ma se non divengono tali e palesi anche per la nostra mente e per il nostro corpo rimarranno comunque obiettivo desiderato e agognato, che distrarrà la vera ricerca che ci compete.
Se vuoi aiutare l’uomo a crescere devi soddisfare la sua fame, prima. Molte volte la fame è fame di amore, è fame di riconoscenza, è fame di volersi bene, sentirsi riconosciuti, apprezzati. Pertanto diamoci degli obiettivi, diamoci livelli da raggiungere, compiti da eseguire; in questo modo sazieremo la nostra fame e potremo attivare meglio i nostri sensi più profondi, intimi, che creeranno nuove esigenze, nuove fami, non vi è dubbio.
È possibile per l’uomo intravedere il proprio disegno, è impossibile per l’uomo,però, intravedere il compimento di esso perché la realizzazione definita dell’uomo è proprio il completamento di questo disegno.
Possiamo anche permetterci di indugiare, possiamo permetterci anche di perdere tempo – perché abbiamo tutto il tempo che ci è consentito per poter completare ciò che dobbiamo fare-.
Io non credo che per chiudere l’anello, il cerchio, ci sia bisogno di tempo, di spazio o di quantità, ma è qualcosa di ben diverso, che non è legato alla misura del fisico, della mente, ma di qualcosa d’alto. Per la mia condizione, vi ho detto, ciò che erano le mie possibilità, i miei talenti, vi è sgombra visione; credetemi, è frustrante, è triste poter vedere ciò che avrei potuto fare e mi sono riservato di fare.
Non è vero che sono stati gli altri che mi hanno impedito di completare il mio disegno, anche se sono stato bruciato da loro, processato e condannato… la responsabilità rimane mia., e non ne ho dubbio.
Ho forse esagerato un poco………………………….//.
Cerchiamo la nostra grotta, cerchiamo il nostro incontro, cerchiamo il nostro essere comune.
Chiamiamo tutti i nostri amici, dichiariamo a loro il nostro bisogno per averli qui con noi…facciamo a loro spazio in questa catena.
Sentiamo l’energia che ne percorre gli anelli, sentiamoci da essa colmare, cerchiamo di essere partecipi di questo essere colmati, sentiamolo veramente, perché così deve essere. Facciamo lo spazio affinché questa energia possa entrare dentro di noi, a colmare ogni singolo recesso, fino a che – colmi – non possiamo offrire all’amico che accanto a noi si trova la nostra energia, la nostra testimonianza.
La luce che cade dall’alto ci lava e porta a terra le nostre tensioni; nello stesso tempo attira verso l’alto la nostra attenzione, ci sostiene, ci stira…
Cerchiamo ora quella luce che è dentro di noi, il nostro tesoro trovato e portiamolo al di fuori, davanti a noi, rivelandolo agli altri, offrendolo……//
Riportiamo dentro di noi questa luce, nel corpo comune, e scopriamola più luminosa , calda. Visualizziamo nuovamente la catena, cerchiamo gli amici che sono stati qui con noi; stringiamoli forte, grati della loro presenza.
Cerchiamo ora di aprire questo cerchio. Se qualcuno di voi ha delle domande da porre, non solo a me….se ha anche delle immagini, messaggi…facciamo che questo cerchio sia un vero cerchio.
D ( Fl) devo chiedere scusa alla mia amica Giovanna…non mi sono fatta sentire per il mio egoismo, mi sono allontanata da lei e poi ho saputo che era morta, volevo chiederle scusa perché ho sbagliato.
Cosa potrebbe farle piacere?
D ( Fl) sapere che io le ho voluto veramente bene e che la penso.
Dillo,allora!
Fl. Ti voglio bene Giovanna,tanto tanto.
D ( N) io invece voglio ringraziare te per quello che stai cercando di farci comprendere, per lo sforzo che fai.
Avere la quieta visione della possibilità a volte ti rende solo; credo che ciò che voi state dando a me in questo momento, è questo essere con qualcuno.
Avere visione, ma non possibilità più di agire è difficile da accettare. Non credo che io debba spingere nessuno di voi ad agire, oppure a comprendere, ma se riesco a trovare traccia fare leva su di essa, sarà mio non solo piacere, ma anche dovere… è un termine brutto, stona, stride, ma oggi mi appartiene ancora. Continuerò, perché sento di poterlo fare.

È tempo, è tempo per me ora di terminare.

A voi tutti il mio saluto, arrivederci.