venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

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12 settembre 2008

cinquesettembre 08

Ancora, adesso io Emanuele per il cerchio, il cerchio spiritico.
Non vi appare buffo che io disincarnato, morto, un morto datato, un morto storico, sicuramente morto, venga a parlare con voi – che ancora vivete, ancora siete concreti, reali, vivi – di ciò che è la materia, di ciò che è la corporalità, di ciò che è il bisogno che la dimensione corporale dà… e voi – che ancora vestite i panni fisici, concreti, saldi, solidi – veniate a parlare a me della spiritualità, dell’evoluzione… ma c’è un motivo, e questo motivo è legato ancora alla provocazione.
Come diceva l’entità che è stata con noi venerdì scorso, io non voglio risolvere, io non voglio superare ciò che è il vostro libero arbitrio dando soluzioni e modi per poter proseguire, per poter passare oltre; io non posso e non devo perché non voglio, non perché non mi sia consentito, ma proprio perché credo che sia giusto non doverlo fare.
Il mio compito è quello di provocare in voi quei livelli, quegli strati che rimangono ancora così… superficialmente riconosciuti, perché coscienti siete che ci sono, vi appartengono, e fanno intima parte della vostra essenza, della vostra completezza, ma non sono ancora sondati fino in fondo, non sono resi coscienti ed attivi.
A volte può essere sufficiente credere di avere queste possibilità, questi livelli profondi ed evoluti e questa coscienza di possederli può essere sufficiente per credere di averli realizzati, di averli fatti propri, ma così non è… vanno scrollati, sondati, vanno resi tali quali sono, non all’apparenza ma alla sostanza.
Cosa vuol dire non all’apparenza ma alla sostanza? Far sì che questi livelli profondi, queste qualità, possano in qualche modo condire, possano in qualche modo arricchire questo che è il vostro vivere da esseri umani, vivi, coscienti.
Io provoco queste parti, scrollo quest’albero che voi siete, affinché possiate reagire portando quei doni che vi sto chiedendo.
Pare assurdo che io chieda a voi dei doni, quando forse dovrei essere io, che già ho superato il limite nella condizione umana, a portarvi questi doni, queste visioni che voi avete intravisto.
Pare assurdo, torno a dire, ma è importante che sia in questo modo.
Ho bisogno della reazione, ho bisogno di poter far sì che la vostra reazione renda questo cerchio – la coscienza comune di questo cerchio – attiva, valida; nascano intuizioni perché riconosciute dentro ognuno di voi, non intraviste per l’esperienza di un essere che è morto e porta la sua esperienza da disincarnato. A nulla serve.
Ho bisogno della vostra reazione, ho bisogno dei vostri doni, perché nel momento in cui riconoscerete di avere dei doni, vi riconoscerete capaci in qualità e in possibilità. Sono certo che ognuno di voi ha intravisto queste qualità che sono dentro di voi… ma non accontentatevi di averle riconosciute, di aver a loro dato il vostro nome. Vanno rese attive, vanno rese capaci di influenzare il vostro vivere di ogni giorno.
Vedete… io vi ho parlato molte volte di questi bagagli che ho preparato e ho qui accanto a me. Io ogni tanto sollevo queste valigie e mi accorgo che ancora sono pesanti… sono pesanti perché contengono sostanza, perché contengono qualità…
Oh, sarebbe facile abbandonarli lì dove sono e proseguire oltre, ma va ad essi riconosciuta la qualità di ciò che sono.
Non sono spazzatura, non sono zavorra inutile, ma sono quei passaggi singoli, individuali, che mi hanno portato ad essere qui, ed esprimere ciò che sto dicendo in questo momento.
Credetemi, li sollevo ogni tanto, sperando che siano un poco più leggeri, perché sono ben certo che quando non peseranno più nulla, non avranno più neanche consistenza, immagine.
Quando sarò stato in grado di provocare in voi la reazione, quando sarò stato in grado di provocare in voi la spiegazione, l’espressione dell’intuizione, della visione, dell’immagine, del disegno, ve ne accorgerete perché più io non sarò qui…
Ancora e ancora io devo aprire queste valigie, e mostrare la mia mercanzia. La provocazione migliore è porsi visibili, leggibili, di fronte la persona amata, ve lo dissi, e ne sono profondamente convinto.
Ancora e ancora Emanuele sarà qui nel suo essere cocciuto, nel suo essere dotto e pedante, nel suo essere saccente e sciocco, perché Emanuele è anche questo… Emanuele è sicuramente questo, perché se questo mio modo di essere, di pormi a voi, ha creato reazione, vuol dire che l’avete accettato, fatto vostro, caricato, riconosciuto… e io sono nuovamente.
Riconoscere la parte preziosa dentro di noi è importante, è il tesoro rivelato, ma se non siamo di far si che sia lievito e sia condimento del nostro vivere, a nulla serve, è un tesoro rinchiuso anche se la teca è di vetro e noi possiamo vedere il contenuto di essa, rimane una teca chiusa, inutile.
So che è difficile perché ciò che devo dirvi è svelato, e raffigurato solo dal silenzio. Le parole rimangono comunque parziale dettaglio che molto spesso distoglie più che chiarire…
Ma è alle vostre orecchie che ancora posso parlare.
Il fatto che io sia così legato all’ultima traccia di dimensione fisica dell’essere che si prepara al passaggio, alla vita dopo la morte, è perché credo che sia uno dei momenti più difficili per l’uomo; credo che sia il momento che mette più in crisi, che fa crollare, che fa tornare opaco ciò che era luminoso, che fa intorbidire la trasparenza della visione.
La morte è qualcosa che ti costringe, la morte è qualcosa per la quale non fai e non puoi far nulla.
Sei costretto in un angolo… può divenire qualcosa che ti schiaccia e se non sei in grado di accoglierla allargando le braccia la crisi può essere profonda, e quello che è il limbo del passaggio tra l’essere vivo e l’essere disincarnato può divenire una lunga e tediosa attesa, stillicidio di ricerche, di recupero, di preparare bagagli ordinatamente, di cercare ciò che hai dimenticato, andare a cercare ancora, tirarlo fuori, spiegazzarlo, piegarlo, rimetterlo là dove credi sia il posto giusto per poi accorgerti che ancora e ancora hai dimenticato qualcosa…
È uno scrollare l’albero, l’albero il lavoro che vi sto preparando.
Che cosa ci riserviamo… che cosa ancora cerchiamo di custodire gelosamente dentro di noi?
Io vi chiedo questa sera, nel corpo comune, di pensare a questo.
Io cercherò di fare in modo che la mia ricerca possa divenire palese anche a voi.
Che cosa abbiamo timore a impugnare? Che cosa temiamo di perdere mentre lo sveliamo?
La catena, cerchiamo la nostra grotta, cerchiamo la penombra della nostra grotta, la protezione. Cerchiamo il nostro sedile, accomodiamoci su di esso, sentiamo gli amici intorno a noi, che stanno facendo con noi, condividendo con noi la stessa identica cosa per la stessa comune ricerca.
Sentiamo la luce che cade dall’alto, sentiamola come acqua che dilava il nostro corpo, mondandolo da ogni rigidità, chiusura. Sentiamo che quest’acqua scorre su di noi e porta a terra tutto ciò che trova sul suo cammino. Sentiamo che questa luce ci attira verso l’alto, ci sostiene, ci dà direzione… possiamo tranquillamente abbandonare la rigidità del nostro corpo, sciogliere i muscoli, le tensioni…


… guarda… stai attento, perché se si accorgono ti cacciano… non sono stupidi… hanno orecchie e occhi…
So che ne hai bisogno e fingere non è più sofferenza, ma essere ciò che tu sei…. Stai attento, come me ne sono accorto io… anche gli altri…
Mi devi qualcosa per il mio silenzio… io sarò il tuo più grande estimatore… grande suono e amore… e applausi…….