venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

Nome:

23 luglio 2008

diciottoluglio 08

Ancora, adesso io Emanuele per il cerchio, il cerchio spiritico.

Ciò che sento dire appare ovvio a volte, scontato, ma arrivare continuamente a definirlo e a cercare di comprenderlo nel miglior modo è utile, è buon modo affinché si possano creare le condizioni.
Sto pensando anche alla meditazione, un altro degli strumenti che portano là dove l’intuizione sgorga normale, naturale, spontanea.
Si potrebbe pensare che attraverso la tecnica, attraverso il labirinto, l’imbuto, il disegno del mandala, si possa arrivare a spegnere la mente credendo che poi, avendo spento la mente, ciò che ha da emergere emerga naturalmente, come acqua da polla, ma così non è; credetemi, sarebbe semplicemente assurdo che possa essere in questo modo,, se basta una tecnica, se basta spegnere la mente per poter arrivare ad attingere a quella che è l’intuizione che ci attende, che è là e che ci compete. Così non può essere.
Va tutto quanto predisposto affinché ciò avvenga; la mente non è un semplice attrezzo che si può decidere di utilizzare, impugnare e poi abbandonare là pensando che a questo punto non serva e che si possa attivare semplicemente…possibilità, potenzialità diverse che la mente avrebbe impedito…non è così. La mente deve arrivare a partecipare questa scelta. Predisporre le condizioni vuol dire arrivare a creare una condizione, una situazione che possa permettere che l’intuizione possa emergere affinché l’uomo possa divenire medium di sé stesso e dare squarcio a quella dimensione che, torno a ripetere, gli compete e lo aspetta.
La mente deve arrivare, così come il corpo, non dimentichiamoci di esso, se pensiamo ancora alla meditazione, agli esercizi che portano a zittire, a chetare il corpo…così come attraverso la ripetizione del mantra, oppure altre tecniche, porta l’attenzione a zittire quella che è la mente. Ma la mente deve accondiscendere, deve condividere, deve scegliere.
Ho parlato tante volte di superamento cosciente dell’individualità. La mente, così come il corpo, queste due componenti che noi consideriamo pesanti, grezze, basse, hanno la loro fondamentale importanza che è quella di partecipare la scelta, la maturazione di un credo, di una decisione per arrivare a quella che è la professione di fede che viene fatta attraverso una cosciente scelta e maturazione, un’affermazione di credo.
Arrivati a questo si può cercare attraverso strumenti, metodi, di chetare la mente, anche perché sarà semplice farlo perché già la mente avrà deciso di essere chetata e accetterà lo strumento che porti al suo spegnersi affinché quella che è la terza componente possa emergere e dare intuizione alle due componenti che in quel momento vengono azzerate, chetate.
A che servirebbe l’intuizione se non fosse condivisa dalle altre due componenti e non fosse poi professata e praticata?
Solamente attraverso la morte terrena si arriva a quello squarcio che è la comprensione…ma se vogliamo attendere quella non possiamo far altro che continuare in questo modo. Comunque ci toccherà…tribolata comunque, perché sapete bene che comunque anche aldilà della morte vi porterete quelle che sono le zavorre della comprensione, della decisione, del comprendere, del capire, del voler essere partecipi.
Quasi fosse la sindrome dell’arto fantasma, quella dell’essere defunto, morto, che ancora si trova a dover dialogare con la propria mente per arrivare a comprendere, per arrivare ad accettare ciò che gli è avvenuto, attraverso strumenti che più non hanno senso, più non esistono.
Ben venga lo strumento, la tecnica, il modo…ma se prima non avrete fatto quella che è la grande scelta, possibilità, del superamento cosciente – ripeto cosciente – dell’individualità, pertanto della definizione, della conoscenza dell’essere, null’altro avverrà.

Sarà possibile sì, certo, andare a cogliere quelle che sono tracce, brandelli di entità che sono state in grado di superare il proprio limite materiale, e possono essere persone defunte – non vi è dubbio, lo spiritismo insegna - ma possono essere anche cerchi dove qualcuno più avanti di voi è in grado di porre la propria presenza aldilà del limite mentale o corporale, ma a nulla serve se non ulteriore riprova, traccia, lampadina che si accende, possibilità realizzata…ma da qualcun altro che non siete voi, da qualcuno costretto perché morto o da qualcuno più capace di voi, che è in grado di…
Ma a che serve? Il cambiamento, l’evoluzione, la conversione, se ci appartengono divengono preziosi, reali, concreti, vivi……comunque ci tocca.
Il ballo delle mille giustificazioni è anche piacevole spettacolo a volte, la mente è abile a creare condizioni che hanno impedito la realizzazione della possibilità, molte volte legate a persone vicine, care, a qualcuno che abbiamo caricato sulle nostre spalle perché da solo non potrebbe…i buoni samaritani…che quasi sempre sono grandi perdite di tempo, fughe, paraventi dietro i quali nascondersi, ma paraventi candidi, lindi, puliti…che hanno però come unico scopo di nascondere, celare, confondere.
Certo che se penso alla mia testimonianza, a volte mi dico: “Ma quanto sono stato incapace durante la mia vita, che il lavoro grosso ancora mi tocca di sobbarcare!” riesco però a sorridere…mi sento pungolato, un poco spinto e un poco tratto, ma non posso e non voglio dire ciò che voi pensate…

Cerchiamo la catena ora, cerchiamola…cerchiamola veramente, crediamoci. Siamo nella nostra grotta, il nostro cerchio è come sempre illuminato dall’alto; la luce evidenzia, illumina i nostri posti che ci attendono, non possono che essere nostri.
Sentiamo la presenza di tutti i nostri cari, coloro che amiamo e dai quali ci sentiamo amati, sentiamo il calore della loro presenza, la loro fisicità, la loro intenzione.
La luce che cade dall’alto……………………………………………………………………………
C’è qualcosa di caldo dentro di noi, qualcosa che ci appartiene, che ha il nostro nome e possiamo portarlo fuori, al centro di questo cerchio, fino a fonderlo con tutti quanti sono qui con noi……….

Io lo dissi che il problema era il rubinetto.
Io sapevo, ero cosciente della pressione che c’era aldilà di quella chiusura…ma io chi ero, che cosa ero?
Ero la pressione del liquido prima del rubinetto, ero il rubinetto stesso o ero colui che poteva aprire il rubinetto? O forse nessuno di questi tre….mah!
Se io sentivo la pressione, ero cosciente che il rubinetto fosse chiuso e sapevo che si poteva aprire…dove cavolo ero?
Rintronato…malato…incapace.
Ah, no! il rubinetto doveva essere aperto da qualcun altro, è chiaro…ma allora io ero il liquido prima della chiusura di quel rubinetto. Sono morto perché qualcuno non ha aperto? Impossibile.
…rintronato, malato…incapace…

Attraverso la respirazione riprendiamo contatto con il nostro corpo, accarezziamolo, percorriamolo, sentiamone il peso, lo spessore, la presenza…..
Ringraziamo gli amici che sono stati con noi, grati della loro presenza.

È tempo, è tempo ora di terminare.
A voi tutti il mio saluto, arrivederci.

quattroluglio 08

Ancora, adesso io Emanuele per il cerchio, il cerchio spiritico.

Questa sera desidero, vi chiedo di poter andare tutti quanti subito in quella che è la nostra grotta…perché se è vero – come è vero – che essere medium di sé stessi vuol dire lasciare emergere, dare voce a ciò che emerge, si palesa,, spinge, urge, cerchiamo di farlo questa sera svincolandoci da quello che è il metodo, la prassi, il modo, cercando di porci là, quieti, in quel cerchio di luce per poter ascoltare…per poter ascoltare non la voce di Emanuele ma la voce di R. , di J. , di G. , di Fr. , di N. e di chi altro volesse dare voce alla propria presenza qui tra di noi, sia esso un amico non presente, sia esso un amico che veste abiti nuovi.
Ma non lasciamoci distrarre da attese, da situazioni, da modi, ma chetamene cerchiamo di entrare dentro di noi per portare al di fuori, al centro di questo cerchio sospeso in quel raggio di luce che cade dall’alto, quel raggio di sole, quella luce, quel colore che contiene tutto ciò che la luce è, tutti i colori che possono renderlo sospeso, visibile, palese, che faccia rumore, che faccia suono, che faccia parola…nella tranquillità del sentirci protetti, liberi.
Lasciamoci bagnare da questa luce che cade dall’alto e abbandoniamoci allo scorrere di quest’acqua che ci dilava, che rilassa, cheta, cessa l’attenzione dal nostro corpo.
Sentiamoci comodi, rilassati, in buona compagnia, in certa protezione, liberi da giudizi e da controlli.
Ciò che cogliamo e ciò che offriamo in questo corpo comune può essere espresso, detto. Lasciate tranquillamente esprimere ciò che vedete, ciò che cogliete, ciò che riconoscete. Offritelo.

Ciò che cerco è cosa che mi appartiene…che con l’inganno dei sentimenti, della bontà, dell’amore, mi è stato tolto. Io, proprio perché veicolata da quella richiesta, ho offerto completamente me stessa al furto, all’esproprio…ma per portare via ciò che mi è stato tolto mi convinsero che cosa giusta fosse, che dovere mio fosse di chinare il capo e accettare la privazione.
So per certa che ammettere questa mancanza mi porterà a rendere palese la mia condizione di errore, che solamente io so perché è avvenuto. A nessuno è consentito, nessuno ha la qualità per poter comprendere.
Ciò che cerco mi è stato tolto, ciò che voglio mi apparteneva, ciò che pretendo mi è dovuto.
È la berlina dei giudizi che mi fa paura, è la puzza del saccente che non è in grado di vedere…ciò che cerco mi è stato tolto, ciò che cerco mi appartiene.
Ritornarne padrona colmerà l’ansia, zittirà la paura. Dentro di me qualcosa inacidisce e questo degenerarsi traspare. Nessuno mai più, dopo la morte di mio padre, fu in grado di vedere, misurare, leggere ciò che io ero e sono. Ciò che cerco mi è stato tolto; null’altro, se non ciò che mi appartiene, desidero.
Mai più cederò alla lusinga della buona azione, perché certa sono che anche ciò che mi rimane mi può venire portato via. Ho freddo e sento che sempre di più faccio fatica a riscaldarmi; il tepore dell’essere con me stessa è distratto dall’urgenza di riavere ciò che mi è stato tolto.
Sento che i miei pensieri fuggono, costretti in un tubo…forzati dal desiderio di riavere ciò che mi è stato tolto.
Ciò che cerco mi è stato portato via da chi diceva di amarmi.
Attenta, guardinga….ancora temo il ridicolo.

D. (N) Possiamo aiutarti?
Ciò che cerco è solo ciò che mi è stato portato via, non desidero nulla che non mi appartenga già. Le anime buone sono quelle che mi hanno derubato, ammansendo la mia attenzione, il mio controllo, permettendo loro di penetrare in profondità per potermi meglio ferire e derubare. Mai più!
D. (N) E’ tutta la vita che ti porti dentro questo peso?
Ciò che cerco mi è stato portato via; ne ho bisogno, sono monca, parziale, sofferente, incapace proprio perché le mie migliori possibilità,i miei doni più ricchi, più gustosi, quelli che davano piacere a me e agli altri, più non li posseggo.
Non sono stata attenta, non sono stata buona custode, ma – sbagliando – ho ceduto.
Non desidero più gioia, piacere, condivisione. L’unica cosa che cerco è ciò che mi è stato portato via.

D. (N) E da noi cosa cerchi?
Cerco, sono certa che non siete stati voi e questo mi permette di tranquillamente cercare. Io non capisco bene dove sia stato portato ciò che mi è stato tolto…temo anche solo a definirlo…ma…ma forse, sì, certo, l’attenzione…sono capace di capire che non è una parte di me stessa che mi è stata tolta…un braccio, una gamba…ma la mancanza, un vuoto,lo spazio vuoto è reale, tangibile dentro di me….ma come colmarlo?
Sono certa però che ciò che cerco mi è stato portato via.

….attraverso il respiro riprendiamo contatto con il nostro corpo.
Accarezziamolo con il pensiero, riattiviamolo, vivo e attento strumento.
È importante che crediate nella possibilità di dare tratti di pennello su quella tela vergine davanti a voi, renderli visibili anche agli altri, attraverso la parola, attraverso il racconto, l’immagine.
È la delega del ruolo che impedisce….