venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

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20 febbraio 2008

quindicifebbraio 08


Ancora, adesso io Emanuele, per il cerchio, il cerchio spiritico.

Desidero anch’io dire qualcosa in merito a ciò che si è discusso. Indubbiamente il mio compito prevede anche la protezione del cerchio e sono certo, pienamente convinto, che nel corpo comune la catena sia salda, forte, protetta.
Non ci deve essere dubbio alcuno riguardo a questo, ma non posso indirizzare, condizionare quello che è l’incontro spiritico del gruppo; le entità evocate all’interno di questo cerchio sono per forza veicolate tramite qualcuno che ne faccia da medium, da tramite, per cui non è vero completamente che esista un solo medium già ora, qui, in questo cerchio.
L’evocazione abbisogna di un tramite, di un medium, di uno strumento che, attraverso il desiderio, attraverso il bisogno, porti qui in questo cerchio entità, evocandole e permettendo loro di potersi esprimere e dare ciò che sono, liberamente, all’interno di questo cerchio.
Nel momento in cui si chiude poi la catena, nel momento in cui il corpo comune avviene, è dove è più facile poi accogliere entità disincarnate, protetti da questo cerchio. Ma io non posso privare, impedire, limitare l’evocazione in questo cerchio.
Molte volte vi dissi che io sono anello paritario di questa catena, di questo cerchio spiritico. Non sono completamente d’accordo neanche sulla libertà fino in fondo nell’esprimere la presenza individuale all’interno del cerchio, in modo particolare all’interno del corpo comune.
Vi dissi che sicuramente due sono le condizioni importanti affinché divenga proficuo il lavoro fatto in questo cerchio: sicuramente la presenza, una presenza forte, ben definita, palese, vera, nel cerchio; ma anche una dedizione al cerchio.
E che cosa intendo quando parlo di dedizione al cerchio?
Intendo che, nel momento in cui avviene il corpo comune, quella che è l’individualità venga coscientemente abbandonata. Ci deve essere uno sforzo individuale di abbandono di questa individualità, a favore del corpo comune.
Il corpo comune ha vita propria, non necessita di alimento individuale; nel momento in cui attraverso la catena il corpo comune, lo stagno, la cerimonia – così come la chiama S. – ognuno di voi si annulla in favore del corpo comune, in favore dell’entità comune, dell’energia comune.
A quel punto ciò che è la singola individualità va a cessare, in funzione di un corpo comune, di un lavoro comune. Questa dedizione ha da essere però codificata in qualche modo. E’ molto tempo che più non parlate di quale obiettivo questo cerchio si è dato e quale obiettivo persegue. Se arriverete a definire un obiettivo, facile sarà dedicarsi ad esso, ma se il buio rimane nel momento in cui la luce viene spenta e nulla più,non rimane altro che aspettare, attendere affinché ciò avvenga.
In questo modo le singole individualità – i singoli bisogni, preferisco chiamarli – evocano presenze in risposta proprio a questi bisogni perlopiù individuali.
La presenza è fondamentale, deve essere forte, vi ho detto, sincera, palese…e il rafforzamento di questa presenza forte, sincera, palese – rafforzandola – porterà poi all’abbandono di questa immagine così ben definita, in funzione del corpo comune.
Se saremo in grado di realizzare questo corpo comune, difficilmente troveremo in esso entità che possono provocare, che possono in qualche modo urtare, costringere alla reazione. Ciò avviene perché spazio è lasciato ad essa, alla provocazione, che è sicuramente utile, buona, ma è funzione ad essa, nulla più. Difficile dedicarsi alla pura provocazione, alla semplice provocazione…è qualcosa d’altro a cui si può chiedere la dedica, l’affidarsi, il votarsi.
Non voglio complicare ulteriormente, ma è sempre difficile per me riuscire, con una parola sola, a convincere più orecchie.

Cercate di lavorare su questi due termini: sulla presenza e poi sulla dedizione, lavorate sull’obiettivo e io sarò con voi, contribuendo con il mio bisogno a definire l’obiettivo…ma disposto a dedicarmi anche se l’obiettivo non soddisferà il mio bisogno, perché così è.
Capisco anche che possa essere affascinante la provocazione e misurarsi con immagini che difficilmente esprimeremmo come nostre…è uscire dal giardino, in fondo.

Cerchiamo il corpo comune, cerchiamo la catena, chiamiamo gli amici che
con noi la compongono. Cerchiamo anche i nostri spiriti guida, cerchiamo
di sentirli presenti, qui accanto a noi; sono le entità alle quali affidarci nei
momenti di difficoltà, nel momento in cui la provocazione diviene davvero
acuta. Chiediamo il loro aiuto, facciamo loro posto accanto a noi.
Sentiamo l’energia che percorre questa catena, sentiamola forte, così come
è….lasciamoci da essa colmare, saziare, affinché colmi, la possiamo offrire
all’amico che accanto a noi si trova. Visualizziamo la candela.
Sia quel punto di luce che ci lega, che ci rende un’unica cosa, corpo comune.

È piacevole, è provare ancora gioia essere qui di nuovo tra di voi, vedervi tribolare, scavare…
Ho sempre amato anch’io farlo, è sempre stato utile per me potermi confrontare, anche se imparai a non affondare troppo i miei giudizi e impedirmi quella libertà che sicuramente mi avrebbe dato ancora più piacere, ma il timore di ferire, a volte, più che quello di sbagliare nel giudizio, limitava la mia espressione; ma ho sempre amato farlo e godevo nei momenti in cui la libertà di poterci denudare a volte, attraverso la visione, l’intuizione…
Erano momenti particolari, magici, ma so che il timore limitava la mia possibilità di percepire la giusta qualità di ognuno di noi. Vorrei tanto che non più fosse presente in questo gruppo questo timore, questo pudore ad esprimere l’intuizione, la visione dell’amico.
Riuscirò ancora però, io credo, a poter essere ancora qui, in questo modo, perché lo desidero, in fondo…perché ne sento ancora il bisogno e credo che mi sia consentito anche, in questa mia nuova veste che – già vi dissi – sento che mi appartiene profondamente, oggi.
Vorrei anche…desidero anche potervi parlare della mia morte.
La fatica che prova Emanuele nel comunicare alcune sensazioni anch’io oggi la provo, anche se la mia libertà , più capace, non limitata da sciocchi timori, ma è esprimere alcuni concetti affinché voi possiate tradurli, mi è nuova. Ma alcune presenze che sono state tra di voi mi hanno dato immagine di quella che è stata la mia passeggiata incontro alla morte, verso la morte, in direzione di essa.
Io non provai affanno quando giunsi alla soglia, quell’affanno di cui ben vi ha parlato quell’entità di cui non so il nome, ma che mi ha dato sensazione precisa di quello che è stato il suo cammino.
Non accumulai affanno. In momenti quando capii che non rimaneva molto tempo il mio respiro correva, il mio fiato diveniva corto; senza rendermene conto, autonomamente, il mio corpo reagiva in quel modo ed era il dolore che sentivo.
La difficoltà più grande fu accettare che non c’era più possibilità di essere aiutata…più nessuno avrebbe potuto impedirmi di morire…io per prima non avrei più nulla potuto fare.
Era come sentirmi rinchiusa in una scatola che diveniva di momento in momento più stretta, più buia, più rigida…ed era il mio corpo quella scatola.
Quale regalo, quando i miei pensieri cessarono!
Di conseguenza il mio respiro divenne più profondo, armonioso. Ero serena, e non perché conoscevo bene ciò che mi avrebbe aspettato aldilà di quella soglia, ma ero serena perché sapevo che qualsiasi cosa ci fosse stata oltre quella soglia, sarebbe stata cosa buona e giusta.
Il mio respiro divenne una lunga espirazione che non ebbe termine;la scatola si disfò attorno a me e mi lasciai andare, cedetti a quel movimento che non abbisognava di nessuna mia partecipazione, di nessuno sforzo mio. Mi abbandonai ad esso e credei di addormentarmi.


Oggi so che veramente ciò che mi aspettava oltre quella soglia era cosa buona e giusta…e sono certa di non essere sola.
Non fui…non ebbi mai timore di rimanere sola; quando la morte divenne certa, sapevo, certa ero che C. sarebbe comunque stata importante, sarebbe comunque stata C., per voi, anche dopo la mia morte e oggi so che avevo ragione.
Vi voglio bene e ho bisogno di voi, e questo sentire il vostro bisogno mi fa sentire cosa buona e giusta.
Un bacio a voi tutti.


Visualizziamo nuovamente la catena, lo spazio all’interno di essa, la luce di quella candela.
Cerchiamo di portare qui, in questo spazio di pace, tutti i nostri cari che desideriamo ricordare, chiediamo a loro aiuto e offriamo a loro il nostro.
Lasciamo ora…ringraziamo gli amici che sono stati con noi.

È tempo…è tempo per me ora di terminare.
A voi tutti il mio saluto, arrivederci.