venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

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14 febbraio 2008

ottofebbraio 08

Ancora, adesso io Emanuele, per il cerchio, il cerchio spiritico.

C’è un’immagine che ronza, è presente, galleggia, e che vorrei in qualche modo definire, ribadire, facendola mia.
Nelle Scritture si dice che il primo uomo fu creato da della polvere resa fango malleabile, grazie al vapore del soffio Divino; ma, delle due componenti, sicuramente è la polvere che permette di poter camminare, cercare. Basta un alito di vento, un piccolo refolo, che essa si muove e tende a disperdersi, a cercare. È la stessa polvere che si può trovare anche nelle code ghiacciate delle comete, ovunque, da qualsiasi parte, in qualsiasi luogo essa può penetrare, ed è proprio la polvere che permette la ricerca, la componente più pesante, primitiva, solida.
E perché la ricerca possa avere frutto, qualità, bisogna che questa parte, questa componente, questa polvere, esca…esca dal recinto – anzi, meglio ancora – esca dal giardino, quel giardino creato affinché l’uomo potesse rispecchiarsi e godere della propria immagine.
Ma se non si esce proprio da questo luogo circoscritto, da questo giardino, difficilmente la ricerca può avere frutto. La polvere può disperdersi in mille rivoli, in mille particelle, ed è proprio solamente quell’alito, quel vapore che proviene dal Divino, a mantenerla assieme, può definire, completare, garantire l’individualità…l’uomo quale essenza…
Questo spirito, questo fiato, permette di creare una precisa energia, elettricità, che può riuscire a mantenere assieme questi piccoli grani di polvere.
Nella sua ricerca questa polvere acquisisce coscienza, però ; attraverso l’esperienza, attraverso l’incontro, l’occasione, la sperimentazione, tende a dimenticare questa parte pesante, primitiva, della funzione di quell’Alito che le permise definizione.
La negazione della presenza del Divino porta ad una grande libertà, porta ad una apertura di possibilità che va ad ampliare le possibili strade che si pongono davanti all’essere, ma questa dispersione non fa altro che scindere, staccare, allontanare i singoli granelli di polvere che compongono l’essere definito.
È quasi un’ubriacatura, questa libertà…è quasi parvenza di onnipotenza questo poter spargere, dilatare la propria capacità di percezione. È vero, io ho iniziato dicendo che è indispensabile che l’uomo, per la sua ricerca, debba uscire da quello che era il Giardino, il recinto, ma è importante che egli mantenga però desta e attenta dentro di sé la percezione di quell’Afflato, di quell’umidità che ha fatto sì che quei granelli di polvere potessero divenire fango, materiale malleabile, concretezza di definizione, di parvenza.
Molti uomini soffrono di questo delirio di onnipotenza, quando ogni limite, ogni freno, possa essere abbandonato; ma ciò che c’è da comprendere è talmente vasto che è follia perseguire questa strada.
La presa di coscienza deve essere nel momento in cui ci si accorge e, convinti, si percepisce che nulla……………………………………………………………………………………………………
Rimanete con me, perché faccio fatica a coagulare questa immagine………………………………...
La dedizione, l’attenzione, la presenza……….cerchiamo la catena………………………………….

Mi domando sempre perché si debbano cercare delle cerimonie, per poter dire le cose che uno pensa.
Quando vi parlai di “candelabri accesi” in questa casa,mi riferivo proprio a questo. Sarebbe così semplice se la gente potesse tranquillamente esprimere ciò che pensa, essendo comunque convinta dell’importanza e del senso di ciò che uno pensa ed esprime, senza dovere per forza utilizzare delle cerimonie, degli abiti, dei paramenti.



Se la cerimonia servisse a portare sempre più giù, in strati, lontani, distanti da quello che è l’uso della mente, mi andrebbe anche bene, si andrebbe probabilmente ad attingere ad immagini spersonalizzate, veramente reali, non giudicate né giudicabili…ma io non credo che avvenga questo, qui.
Io credo che qui sia il gioco delle maschere…..ma quando mai giunge la Quaresima?
Ci sono sedimenti preziosi……………………………………………………………………

Io credo che giocare coi morti sia sbagliato….io credo che i morti abbiano il diritto di rimanere tali…………………………………………………………………………………………………………….

Mi piacerebbe tanto che voi poteste misurare un poco qual è la nostra condizione. Vi posso prestare i miei abiti, se mi permettete di toccarvi…anche questa è un’occasione.
Se aprite ancora un po’ di più il pertugio posso esservi più vicino, non è questo che volete? Giocare con me?………………………………..fetore……………………………………………………………..

È un ponte stretto, ci passa una sola persona alla volta. E cosa c….. serve rimanere in mezzo?
Se tu vuoi passare, perché io non posso passare oltre?
Sporgiti! Hai paura di cascare?
Allora l’unico modo che ho è di passare attraverso te. Devi semplicemente stare fermo, se hai paura di cadere aggrappati………………………………………………………………………………
Era ben chiaro che tu non volessi……………………………………………………………………….