venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

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21 giugno 2007

quindicigiugno 07

Ancora, adesso io , Emanuele, per il cerchio, il cerchio spiritico.

Cercherò, questa sera, ancora un poco di parlare di ciò che voglia dire cedere.
Ne parlai a suo tempo, quando C, l’amica C, era tra di noi e cercai di consigliare, più che a voi a C, la bontà del cedere. Del cedere un pochino di quello che era l’irrigidirsi a protezione, a quello che era il difendersi dall’azione della malattia, affinché il disegno divenisse più chiaro, più semplice, più facile al suo scorrere.
Non era il caso che consigliassi a voi – nei riguardi di C – di cedere nei confronti della malattia…sarebbe stato difficile da comprendere, era importante che fosse saldo il vostro essere sani nei confronti della malattia…affinché poteste accettare di poter aiutare C.
Ma oggi vorrei parlare di quello che dovrebbe essere il nostro cedere in questo cerchio spiritico. Innanzitutto vorrei chiarire che cedere è in qualche modo, come già probabilmente accennai, privarsi di qualche cosa affinché il cedimento sia vero, reale. Ci deve essere un’offerta, una privazione, un dono che crea spazio vuoto, un’offerta che porti reale, concreto essere privati di qualche cosa. Deve essere qualche cosa di cui non siete certi della sua…
Cedere al corpo comune, al cerchio spiritico, è affidare una parte di noi stessi, cara, preziosa, facente parte indispensabile del nostro essere individuale, all’essere comune, al cerchio.
Offrire ciò che è il superfluo non servirebbe a nessuno, né alla qualità di questo cerchio né tanto meno all’offerta vostra. Cedere una parte che noi riteniamo preziosa, ripeto, che noi riconosciamo intimamente nostra…e deve essere un’offerta senza aspettativa, senza obiettivi..se non la comunione del corpo comune.
Il gioco serve proprio a definire sempre più accuratamente qual è la vostra parte che va offerta, la vostra porzione, il vostro indispensabile tassello.
Il gioco serve a definire sempre meglio, sempre con più precisione, il vostro essere qui; il gioco serve a portare l’attenzione da quello che è il vostro intimo, interiore, all’immagine nello specchio.
L’immagine che viene posta dal bimbo al centro di questo cerchio, nel momento del gioco è velata, è impedita, è una figura in primo piano – questo è chiaro, è stato più volte detto – ma se imparerete a riconoscere che l’immagine che impedisce la lettura di quello specchio è la vostra, facilmente sarà possibile levarla di torno e vedere, aldilà, quella che è l’immagine reale che lo specchio riflette.
Il bimbo diviene il filtro, diviene l’alibi, diviene la spiegazione…il bimbo è ognuno di noi che si pone pronto al gioco, che si pone disponibile al gioco.
Quando la persona che è riflessa nello specchio ed è posta in primo piano racconta, esprime il suo essere, è lì, definisce la propria immagine, è proprio in quel momento che può avvenire il riconoscimento, non per forza legato a ciò che viene in quel momento espresso, ma alla partecipazione che voi siete stati in grado di porre in quell’attimo quale alimento energetico a un’evocazione che rimane spiritica, non diviene condivisa, corpo comune.
So che capirete meglio ciò che sto cercando di dire, perché per forza di cose dovrà avvenire.
Stiamo utilizzando strumenti talmente semplici, elementari direi, proprio per permettere la comprensione dello strumento, innanzitutto. Deve divenire abile, il giocatore, ad utilizzare questo strumento e l’abilità sarà accresciuta dal gioco.
In fondo l’evocazione spiritica, la voce, il messaggio, non sono altro che rendere palese quell’immagine che si desidera porre, visibile, nello specchio del cerchio spiritico.


Ma quando Emanuele parla di ciò che Emanuele fu, dà dettaglio di quello che Emanuele vede in quello specchio…ma se voi siete in grado di porvi giocatori, bimbi curiosi, sarete in grado di andare aldilà di quella che è l’immagine, di renderla trasparente, di renderla non così invasiva sul riflesso che lo specchio dà come immagine.
Per me è molto semplice, attraverso la lettura di quella che è la presenza vostra in questo cerchio, capire quali sono le distorsioni nel mio proporre, nel mio cercare, qui, Emanuele.
Per voi, quale cerchio spiritico, potrà essere possibile, evocando l’immagine che mi rappresenta.
Può apparire discordante riguardo a ciò che era il messaggio di venerdì scorso, quando vi esortai a non per forza immedesimarvi in quella che era l’immagine riflessa dallo specchio, ma tutt’e due le mie esortazioni hanno peso, perché non per forza di cose ciò che lo specchio esprime è la vostra presenza. Non sempre Abel è in grado e così abile da poter permettere a chi lui vuole di salire ed essere immagine all’interno di quello specchio…non gli è consentito, non ha questo potere e non ha questa abilità di gioco, benché lui lo creda…

Cerchiamo la catena, cerchiamo di chetare quella che è la mia voce.
Visualizziamo lo stagno, il nostro stagno, luogo conosciuto, attorno al quale ci sentiamo a nostro agio, ci sentiamo a posto, ci sentiamo a casa. Cerchiamo gli amici che con noi sono attorno a questo stagno e coi quali desideriamo formare questa catena che è il corpo comune, cerchiamone il viso, chiamiamone il nome.
Sentiamo l’energia che ci muove, sentiamo la catena che ci unisce, che ci protegge, sentiamo l’energia che in essa scorre……………………………………………………………………………

Io sono qui con voi…non voglio essere in quello specchio e non ho ancora pensato a quale nome darmi. Non voglio che…..
Anch’io è tanto tempo che sono con voi, in questo nostro trovarci, ma mi è sempre stato difficile, sono sempre stato incapace di trovare protezione al mio essere qui con voi.
Mi ricordo anche di C e del mio essere stato con lei.
Si fa presto a dire cedere, togliere protezione, ma io ho paura, e ho paura in modo particolare della malattia…io non voglio soffrire e non sono ancora disposto a soffrire per conto di un altro. Perché mai dovrei?
La malattia è brutta, la malattia è una goccia d’acido che ti penetra dentro e man mano brucia, fino a scendere sempre più in profondità, e quando ancora quello strato ha corroso, cade ancora e continua nel suo bruciare…io non sono disposto…
Che ci faccio però qui? Pensate che io non me lo sia mai chiesto? Ma se davvero siete così buoni, bravi…
Ho paura della sofferenza, ho paura della mia sofferenza…quella degli altri non è in grado di toccarmi, se io sono capace di tenere alta la protezione…io non voglio soffrire…
D. (Fr) E’ la sofferenza fisica che ti disturba?
Non…non riesco…a… sicuramente è la sofferenza fisica quella che percepisco quale goccia d’acido, anche perché sono in grado di proteggermi così bene, che non conosco altra sofferenza…ho paura…( luce lucente…) sarà proprio questa protezione, ma sono ben certo anche di non essere disposto a offrirla a nessuno.
Non rinnego quella visione su ciò che è stato il mio essere accanto a persone malate; ho avuto la possibilità di comprendere come sia possibile stemperare il dolore, la sofferenza, attraverso l’accoglienza, l’affetto, la presenza, la comunione…ma…ma se non sono capace potrebbe succedermi cosa brutta…e io non voglio, io non permetto.
D. Non sai che la sofferenza prima o poi ci toccherà?
Alta la guardia,massima attenzione…e non pensare che io non sia in grado di amare.
Ne sono capace….io volevo solo chiedere………………………………………………………….

Seguiamo ora l’onda a ritroso. Ci tocca, ci percorre e ci supera, fino a tornare al punto al centro dello stagno.
La superficie diviene tranquilla…cerchiamo di portare qui tra di noi quelle persone che desideriamo aiutare, cerchiamo di essere strumento, di essere mezzo per tutti loro, per riscaldare, abbracciare.
Sentiamo l’energia della catena passare attraverso di noi…sia l’abbraccio nostro forte….

Ringraziamo ora tutti gli amici che sono stati con noi, grati della loro presenza e certi della loro forza. Sia questo spazio, questo stagno, un luogo di pace…e rilassiamo in esso ogni tensione, ogni rigidità.
È tempo, è tempo per me ora di terminare.
A voi tutti il mio saluto, arrivederci.