venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

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25 maggio 2007

diciottomaggio 07


Ancora, adesso io,Emanuele, per il cerchio, il cerchio spiritico.
Il gioco. Il gioco…è affascinante pensare che un corpo comune venga gestito attraverso il gioco, che è uno strumento come un altro e…uno strumento, se vuol giungere comunque ad un obiettivo preciso, è comunque valido, sia esso un gioco, sia esso una cosa seria, sia esso….
L’importante è che porti a raggiungere un obiettivo.
Se, attraverso il gioco, il bimbo è in grado di coinvolgervi, di portarvi ad essere realmente corpo comune, ben venga il gioco e credo che veramente abbia scelto lo strumento più adatto a lui, più…facile, meglio padroneggiabile per il bimbo. Il bimbo è affezionato al bicchiere. Il bicchiere, in fondo, era un grande gioco, era un gioco che però aveva comunque la possibilità di fisicamente portarvi tutti quanti ad essere in gioco; non vi era dubbio che tutti fossero presenti nel momento in cui il tabellone veniva steso, appoggiato il bicchiere e su di esso poste quelle dita, , sul fondo di questo bicchiere, poste le dita di tutti quanti.
Era facile capire quali erano i partecipanti al gioco, riconoscerli, averli presenti…e il sottile pensiero che sicuramente tutti i quanti i giocatori coglieva, sulla forza, sul peso che veniva posto sul dito, su quel fondo di bicchiere, creava – sembra buffo dirlo – ma creava comunque una disponibilità, un’energia, una complicità, un coinvolgimento. Probabilmente il bimbo desidera ricreare questa situazione, questo coinvolgimento, questo essere di nuovo tutti quanti assieme, ma in fondo è un bimbo e gli strumenti che un bimbo può utilizzare sono perlopiù giochi.
Sicuramente il bimbo ha scelto lo strumento più adatto a lui e bontà sia per lo strumento se sarà in grado veramente di coinvolgervi nuovamente tutti quanti e riconoscervi, quasi fisicamente, partecipanti al gioco. Il gioco permette anche un facile coinvolgimento, il gioco è una cosa non seria, il gioco permette di divertirsi, il gioco dà soddisfazione…ma c’è anche chi perde al gioco, c’è anche chi scopre che il dubbio, nella propria mente, diviene più concreto che un leggero pensiero e anche ciò è utile, anche ciò serve, anche ciò – se posto all’interno del cerchio, torno a dire, nel gioco – aiuta a scrollare, a porre delle domande, a cercare di comprendere se il ruolo ci appartiene oppure se è un ruolo nel quale più non ci riconosciamo. Ma bando…bando a questi pensieri!
Se tutto quanto servirà nuovamente a creare coinvolgimento, a creare vortice, a creare comunione, ben venga e grazie al bimbo, se sarà in grado di fare ciò. Io sarò comunque con voi, in questa catena.

Visualizziamo lo stagno, è un luogo che ben conosciamo, attorno al quale ci troviamo bene, a nostro agio…………………………………………………………………………………………………….
Dal centro parte un’onda che si avvicina sempre di più,fino a toccare tutti quanti allo stesso modo, nello stesso tempo. Una seconda onda parte dal centro dello stagno….sentiamone la vibrazione, il suono………………………………………………………………………………………………

Ben dice Emanuele riguardo al bicchiere, però vi invito, se tutti c’eravamo, a capire chi io ero; dovrebbe essere facile perché io amo vincere al gioco e ci rimango male quando qualcun altro vince al posto mio, perché il posto mio è di essere vincitore. Cerco anche di impedire che qualcuno vinca al posto mio, e se allora la pressione del mio dito su quel bicchiere era certa, forte, volente, oggi nello stesso specchio la mia immagine è in primo piano.
Invito ancora a cercare di capire, se è vero che tutti quanti c’eravamo ed era facile riconoscere i giocatori attorno a quel tabellone, su quel fondo di bicchiere, io chi ero….perché certamente io c’ero e già allora probabilmente giocavo…e giocavo con le domande che io non ponevo, ma che voi ponevate ancora…allora era la volontà vostra che dava peso e direzione al gioco, ma io, sfruttando proprio quel movimento, ero in grado di accentuarlo, limitarlo, così come oggi la mia immagine all’interno dello specchio impedisce, preclude, limita.
Io, oggi come allora, sono in grado di assecondare il movimento, la spinta, dando maggior forza, minore resistenza forse, nel modo migliore, a quella che è la spinta.
Oggi, nello specchio, posso pormi più piccolo; essere un bimbo oppure essere un adulto, essere più solido, concreto oppure un poco trasparente.
Io passo il tempo a giocare, le cose serie non mi interessano, sono pesanti, tediose e servono solo a mascherare ciò che è il desiderio del gioco. Per me è lì, presente, manifesto e non ho bisogno di nasconderlo…sono un bimbo. A voi dare immagine seriosa di persone per bene…io non lo sono.
Vi invito a giocare meglio. Io sono in grado di vedere nello specchio, ma lo siete anche voi.
Lo specchio, chiaramente, non è fisicamente al centro di questo cerchio; come io lo immagino potete farlo bene anche voi. Questo vi aiuterà ad essere qui con me…immaginate…cercate di riconoscere…cercate, spostandovi a destra ed a sinistra, di intravedere chi c’è dietro alla mia figura.
A volte basta un piccolo spostamento, basta alzarsi dalla posizione in cui si è e spostarsi un pochino più in là…oppure alzarsi in piedi o abbassarsi, schiacciandosi a terra. Nel gioco tutto quanto è permesso…il gioco è agile…movimento…ma io, anche questa sera, sono là in quello specchio e…questa sera però io non mi chiamo Aida.

….il mio nome è Marika, Marika con la k. Io sono più piccola di Aida e sono abituata a non essere sul piedistallo, non ne ho mai avuto bisogno e credo che sia inutile, vanagloria, sciocca presunzione che non porta a nessun aiuto, a nessun potenziamento di quella che è la possibilità del vivere. Ho sempre ritenuto sciocca perdita di tempo cercare sgabelli sui quali arrampicarsi – c’è chi dice per vedere oltre – ma sono ben convinta che profondamente lo fa solamente per essere visto da più oltre e non solo per vedere oltre ma, ripeto, ho considerato questo spreco di energia come inutile. Io preferisco essere là, dove lo spazio è più ampio, non limitato, come diceva Aida, immenso.
Però ciò che si vede nello specchio comunque rimane una zona ben limitata anche se io mi pongo in uno spazio che è illimitato, che è quello al di sotto del piedistallo. Io, in fondo, non desidero di essere là sopra e di essere vista, giudicata, osservata.
Molte persone non mi vogliono bene e so che divenire obiettivo, divenire punto riconoscibile, darebbe adito a giudizi cattivi, che in fondo mi fanno male. Essere ai piedi del piedistallo è ascoltare chi di turno è la sopra, è ascoltare e fare dell’ascolto motivo, pungolo alla mia azione.
La mia azione è più capace, possibile, se io mi mantengo ai piedi di questo piedistallo; posso facilmente spostarmi davanti, dietro, ai lati di esso e, se ben sono ai piedi, chi è sopra non è in grado neanche di vedermi, di conoscermi.
Credo che ciò che ha da essere trovato e la possibilità di azione, siano a terra, là dove la luce non è così crudele nel definire i particolari, dove una brutta immagine possa divenire distorta, incomprensibile seppure affermata, seppure presente e viva. Ho però bisogno che qualcuno illumini lo spazio che si trova attorno a me; in fondo anch’io devo giungere ad una decisione, ne sono ben certa e l’urgenza, il tempo rimasto, l’aria nel serbatoio, è sempre più minuta.
Ma il tempo è più che necessario, indubbiamente deciderò.
D. (N) Senti, Marika con la k, secondo me tu non ami giocare, tu ami primeggiare.
Che senso ha primeggiare? Quale maggior forza…
E che senso ha giocare e non voler perdere e barare per voler giocare e poter vincere?
Io non credo di barare.
L’hai detto tu che manovri…
Manovro ciò che è la mia vita, manovro ciò che è il mio muovermi in questo spazio. In fondo nessun altro potrà mai dirmi in quale modo… è vero, il gioco ha delle regole, ma posso anche decidere di non utilizzarle, perché mai dovrei?
Perché mai dovremmo giocare con te?
Oh, io non chiedo…non chiedo la vostra partecipazione…lasciatemi, io…non do regole al vostro gioco, io partecipo, io sono ma cerco di non interferire…
Però spingevi il bicchiere, veniva da te l’energia del bicchiere?
Dipendeva anche da me. Io assecondavo solo il movimento, la mia era inerzia, non spinta.
Hai espresso diversamente il tuo concetto, inizialmente.

Può apparire distorto, a volte, ciò…è per quello che io preferisco lo spazio al di sotto del piedistallo.
In fondo io non desidero nulla di particolare, se non intravedere attraverso la luce che filtra, lo spazio che si trova attorno a me e capire qual è la direzione giusta.
Ma tu sei con Aida?
Io gioco anche con Aida, così come lo faccio con voi. Io sono qui. Io in fondo credo di sapere cosa voglio, sono certa. Devo solo trovare il percorso e, credimi, a volte è tortuoso anche perché la gente è tanta e passare senza urtare o senza spingere a volte mi è difficile e devo cercare di fare percorsi lunghi e tortuosi, ma io so dove voglio arrivare, ma non desidero volere che di fronte a me si spiani la via…mi va bene comunque che il mio percorso sia tortuoso. In fondo mi riconosco in questo modo; desidero anche però non essere urtata da chi attorno a me si trova e, molte volte, chi spinge per porsi più avanti o più in alto mi dà noia….ma uscire dal gioco mi fa paura, mi fa sentire freddo…temo che la luce che filtra divenga sempre più fioca e che io non riesca più a capire in quale modo sgusciare per arrivare oltre.
Io non riesco a comprendere ciò che dici, c’è tanta confusione in quello che dici…dove ti trovi?
Eppure sono al centro dello specchio, questa sera. La mia immagine non è velata da nessun’altra.
Non so bene perché ho scelto, deciso, accettato di essere così, al centro dello specchio, questa sera.
Volevi leggere qualcosa di te…o volevi conoscere noi?
In fondo la possibilità dello specchio è molto affascinante… Vedi, quando ci si trova ai piedi di quello spazio – abbiamo detto – così grande, con tanta gente attorno, a volte perdi sensazione, ti concentri solamente sul tuo sgusciare tra una persona e l’altra, per portarti oltre, ma oltre non è ben chiaro che cos’è… allora questo tortuoso sgusciare diviene l’unica presenza, l’unica urgenza, l’unica azione. Io in questo mi trovo anche bene, l’ho detto, mi riconosco abbastanza e sento di essere io in questo mio modo di essere e di fare, ma vorrei tanto vedermi.
Di fronte a me c’è questo specchio e io sono lì…non so bene cosa sto cercando di vedere….
Ma sei almeno in grado di definire chi sei tu?
Il mio nome è Marika…
Sì, questo l’ho compreso, ma Marika chi è? Uno di noi?
Sicuramente io sono qui, in questo gioco, ma tanta gente è attorno a me…
Ma tu rappresenti l’immagine riflessa di uno di noi?
Che cosa si rischia , nel momento in cui si cerca di mostrare la direzione? La direzione è spostamento fisico. Io credo che chi vincerà questo gioco darà una definizione precisa a quello che è il nostro lavoro del corpo comune, che è un grosso corpo nel quale molti…si trovano molte entità e credo che la mia scelta, questa sera, di essere al centro dello specchio, è anche quella di cercare di dare spinta a quella che sarà la decisione. Sono certa che ciò che uscirà da questo gioco sarà il lavoro, il prosieguo, sarà il cammino per molto tempo in questo cerchio e io sono certa di voler essere in questa ricerca. Io non so quale apporto stia dando, commettendo questo errore di pormi visibile al centro dello specchio, ma credo che anche questa mia immagine debba essere contributo alla scelta.
La scelta di questo cerchio sarà sicuramente la comunione delle scelte individuali di ognuno di noi…io pongo la mia; sia essa peso, contributo…
Perché hai definito errore il fatto di esserti posta al centro dello specchio?
Perché ho messo nel gioco un’abilità che non mi appartiene e che non desidero neanche possedere.
E come mai l’hai espressa?
Perché voglio esserci.
Ma potresti esserci ponendoti più tranquillamente…non sei rifiutata..
In fondo credo che ciò che è importante è come io mi sento. Non sto chiedendo nulla a voi, l’ho detto prima e lo ripeto ancora adesso. Sto in fondo chiedendo a me stessa forza.
Credetemi, la luce è energia, alimento, vita. Via, ora…
Va bene, Marika, se vuoi essere dei nostri sei benvenuta anche tu.

Visualizziamo ancora la catena, facciamo scorrere energia in essa, sentiamola muovere, lasciamoci da essa colmare……………………………………………………………………………………….
Ringraziamo ora gli amici che sono stati con noi, cerchiamone il viso, chiamiamone il nome…è piacevole essere con loro, dolce il rincontrarsi……………………………………………………….

Ha sicuramente ragione il bimbo quando dice che ciò che avviene in questi incontri servirà a definire l’arrivo di un nuovo lavoro oppure la definizione e la trasformazione del lavoro che fino ad oggi abbiamo portato avanti.
È importante però davvero che si riesca ad essere tutti quanti là assieme, nella decisione presa.
Attendere, assistere, stare a vedere, non darebbe modo e possibilità al prosieguo del nostro cercare.
Sicuramente è uno strumento per attivare nuovamente la scelta del libero arbitrio………………….

FINE NASTRO