venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

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08 maggio 2007

quattromaggio 07

Ancora adesso io, Emanuele, per il cerchio, il cerchio spiritico.

Vorrei cercare di affermare con precisione il fatto che il corpo comune, la catena che protegge il corpo comune, sia protezione necessaria ma anche scontata e affermata, di protezione nei confronti di chi al corpo comune partecipa. Non abbiate dubbi su questo, è fondamentale ed è importante.
Pensavo fosse sufficiente le volte che vi ho tranquillizzato in questo senso. La mia presenza è garanzia, nel momento in cui la catena è chiusa; nel momento in cui abbiamo chiesto protezione e partecipazione di tutte le entità che ci vogliono bene, noi dobbiamo essere certi di questa protezione e avere la tranquillità necessaria per poterci abbandonare tranquillamente all’essere comune, pertanto non abbiate dubbio in questo.
Un’altra cosa che a me sembrava fosse chiara – ma è servito che fosse un’altra entità che ve lo ricordasse – è il fatto della presenza nel corpo comune. Quando io vi parlo di un’energia che scorre attraverso gli anelli di questa catena e che va a colmare ogni singola presenza affinché possa offrire di conseguenza l’energia ricevuta, arricchita di quello che è il desiderio, la presenza individuale, all’amico che accanto si trova, è perché credo che sia importante e necessario che l’attenzione – se non a livello mentale quantomeno a livello energetico – ci sia, sia presente, sia forte, salda ed affermata.
L’ho ripetuto già per tre volte questo termine “affermata”, in modo particolare oggi che iniziamo ad avere voci che non conosciamo; queste voci hanno bisogno di poter in qualche modo interagire, lavorare con, essere con.
Questo bambino che è venuto e vi chiede di giocare – ma, più che permettere a lui di giocare – vi chiede di mettervi in gioco, affinché lui possa creare sonorità attraverso diverse vibrazioni individuali, che sono le vostre. Fate in modo che riesca a coinvolgervi e portarvi in questo che lui chiama gioco. Ripeto ancora, questo bambino ha la possibilità di dare un’immagine precisa di ciò che sente in questo cerchio, di ciò che percepisce attraverso la pelle – vi dissi – perché mi sembrava l’immagine più completa, più facile da comprendere…non solamente ascoltare per poi decidere…
A questo punto non servirebbe neanche essere qui nel cerchio, ma abbiamo bisogno di far risuonare ogni singola capacità, ogni singola vibrazione e strumento che compongono questo corpo comune, e questo bimbo è in grado, perché non ha una storia da portarvi, non ha una vita vissuta da portarvi, non ha un percorso da portarvi, ma solamente la possibilità di poter giocare.
Chi si trova fuori dalla stanza è fuori dalla stanza perché ha una volontà precisa ed è per questo motivo che si trova ancora fuori dalla stanza. Potrà essere permesso a lui di essere in questa stanza, e vuol dire essere in questo cerchio nel momento in cui verrà accettato..ma, torno a ripetere, è una volontà precisa, ha un obiettivo, uno scopo. La sua azione è ancora possibile perché ha ancora la possibilità di esprimere azione, ma non date troppa importanza a questo fatto…lo capirete.
Perché io non ho caricato su di me questa possibilità, ma l’ho delegata ad un’entità che chiamiamo “bimbo”?
Per me è facile comprenderlo: io, da essere disincarnato, da spirito, sono limitato nella mia possibilità – se non di lettura – di espressione della visione che ottengo attraverso la lettura…ho dei limiti maggiori di quella che è una voce che viene espressa all’interno del cerchio, del corpo comune. Io ho una definizione precisa, ho ciò che non ha il bimbo, ho un vissuto, una vita, un’identità, un percorso. Il bimbo, ripeto, non ha questo, ed è un limite che lui non possiede.

Lo stagno ora. Chiamiamo, aduniamo gli amici che con noi compongono la catena, chiamiamoli per nome, cerchiamone il viso……………………………………………………………………………..
Dal centro dello stagno parte un’onda che lentamente si avvicina a noi fino a toccarci tutti quanti….
Lasciamo che penetri in noi, diamole possibilità di risuonare, di creare voce..suono, diamo docilità al suo agire, diamo spazio al suo vibrare…………………………………………………………….

A me piace molto il tavolo e il bicchiere perché…perché sono facili da leggere, non vi è dubbio nell’interpretazione della parola che viene scritta…non c’è troppo da spremersi il cervello.
È per questo che io ho sempre giocato con esso e lo vorrei fare ancora oggi, ma se così non…
Desidero però, questa sera, usare un altro oggetto che mi dia comunque immagini e parole e senso da queste parole, da queste immagini, mi dia possibilità di riconoscere, di vedere, di non avere dubbio di ciò che vedo.
Userò uno specchio, un grande specchio nel quale è possibile vedere tutto quanto, tante persone in esso si vedono…ma la persona in primo piano sono io, la vedo e ha un nome………………………
Aida è il mio nome…Aida, che sta cercando con forza di giungere ad una decisione, di affermare una decisione che lei ben conosce…però la sua ricerca è proprio la ricerca della decisione.
Se la decisione giungesse a termine…terminerebbe anche la ricerca, probabilmente, e questo spaventa molto me…che sono Aida. Molte decisioni io ho già preso, ma furono sempre decisioni che riguardavano gli altri, perché io ero in grado di prenderle, perché mi era chiesto di prenderle e io ero capace di prendere quelle giuste…e lo sono ancora oggi. Io sono certa di questa mia capacità ma la mia ricerca è riuscire a decidere per me. È una decisione che molto cambierebbe del mio vivere…è una decisione che, sono certa, cambierebbe ciò che io sono, mi darebbe possibilità di cui ho bisogno, ma sono certa che decidere sarebbe terminare il mio cercare.
In fondo mi riconosco nella ricerca…l’essere in ricerca mi connota precisamente, mi rende visibile, comprensibile, apprezzata. Il mio decidere per gli altri ha creato un piedistallo sul quale bene mi trovo; decidere per me vorrebbe senz’altro dire, come prima cosa, toglierlo questo piedistallo ed essere finalmente giudicata.
Ma uno si domanda anche perché decidere se, in fondo, la ricerca dà soddisfazione al mio vivere, dà senso, immagine, concretezza…definizione precisa dei particolari, che brillano di luce che non mi appartiene? Io ben conosco la luce che tengo dentro di me, che riservo al momento in cui prenderò finalmente la mia decisione.
Comincio a pensare che il tempo verrà…comincio a temere che qualcuno possa decidere per me…forse lo spero…
Il mio nome è Aida. Se desiderate apparire in questo specchio, il vostro nome deve essere enunciato, e io sarò in grado di descrivere ciò che vedo.
D. (N) Io mi chiamo N.
Io sono Aida. Dovresti sporgerti un po’ di più… La luce è sufficiente, ma la cornice dello specchio limita la visione. Io non desidero spostarmi dal centro dello specchio, perché se perdo la mia immagine io più non sarò qui. Devi sporgerti…
Prima spiegami, per favore; come ti è stato permesso di poter decidere per gli altri?
Io non credo di poterlo fare…questo era il timore più grande.
Perché?
Perché si diventa visibili e, di conseguenza, vulnerabili e io non voglio esserlo…io sono un bimbo.
Perché hai paura di dover scendere dal piedistallo?
Ho paura di cascare…
E se invece volesse dire appoggiarsi a qualcosa di più solido di un piedistallo?
Non ha limiti… ciò che si trova al di sotto del piedistallo non ha limiti.
Questa è una paura tua.
Indubbiamente, certamente.
E che cosa potresti leggere tu, di me, se io mi espongo?
Solamente ciò che vedo, nello specchio e solamente se c’è luce necessaria affinché io possa vedere all’interno di esso, e se la cornice non limiti così tanto lo spazio all’iterno di questo specchio.
Non temi di aver messo troppi “se”?
Io sono un bimbo.
Però hai detto che tu hai scelto per altri…e hai scelto giusto, anche.
Io non so se realmente ho scelto…io l’unica possibilità che ho è di vedere all’interno di questo specchio, se mi è permesso questo gioco. Ma il timore più grande, come prima dissi, è quello di permettere ad un a volontà di disegnare su questo specchio e questo, credo, è il pericolo più grande che io possa correre; è vedere un’immagine tratteggiata, ed è per questo motivo che mantengo la mia figura al centro di questo specchio, e che costringa chi si trova accanto a sporgere la propria immagine, perché questo permette un’azione volente, che sia salda garanzia, non per voi ma per me. Io non ho la certezza di Emanuele, ma lui pensa che io abbia occhi giovani e capaci a vedere…
D. (F) Ma scusa,l’immagine in uno specchio è pur sempre e solo una riflessione…
Certamente. L’immagine che vedo in primo piano è la mia e non può essere che in questo modo. Non può essere che in questo modo perché io voglio che sia in questo modo e credo di non avere altra possibilità, se non vedere ciò che io sono.
D. (N) E’ giusto, secondo te, se dico che noi abbiamo timore di te e tu hai timore di noi?
Io non ho nulla da temere.
Eppure ti proteggi.
Io proteggo la visione,io impedisco ad un volere che non sia il vostro, di prevalere, ponendo la mia immagine al centro dello specchio
Ora ho capito.
Vedi come era semplice il bicchiere? Il bicchiere dava la possibilità di rispondere a delle
domande volute.
Sì, però il bicchiere non permetteva nemmeno di poter fare discorsi complessi, discorsi
che potessero permettere di conoscere, di comprendere, di fare evolvere la coscienza.
Io credo fosse il grimaldello…io credo che era lo strumento affinché uno potesse permettersi di
esporre…ma so…so che non è più tempo, ma era importante che io partissi dallo strumento che
io conoscevo e che per voi fosse chiaro ciò che io desidero. Io non ho una vita vissuta, io non
ho un’esperienza terrena; è importante che voi capiate questo e lo accettiate.
Non sono uno spirito, non sono un disincarnato. Io sono un bimbo.
Ecco, questo per noi è difficile da comprendere…
Io nacqui in questo cerchio, io cresco in questo corpo comune.
(F) Cosa vuoi da noi?
Io voglio crescere, io voglio essere in questa stanza, io voglio essere riconosciuto e amato.
Io non ho la possibilità di riconoscervi e amarvi. Io voglio avere un nome che mi appartenga.
(N) Perché hai scelto Aida?
Perché è ciò che io vedevo nello specchio. Lo specchio è una lastra vuota…io non posso riempirla e nessun altro che voi può farlo…
Ma come hai fatto a nascere tra noi? Scusa se insisto…ma non capisco.
Voi l’avete deciso…voi avete partorito, attraverso la vostra unione, la mia presenza.
E’ un frutto della nostra energia?
È un frutto del vostro desiderio. Forse è meglio che io ancora per un po’ sia buffo e scherzi…
No…aiutaci a capire.
Io posso giocare con voi, posso dire ciò che vedo…posso dare immagine a ciò che sento, attraverso questo specchio, se voi volete, ma sarete voi a deciderlo. Esiste, dietro a questo trovarvi, sicuramente un disegno che va aldilà di quello che è il vostro individuale volere.
Nel momento in cui voi avete posto assieme, messo in comune le vostre singole individualità, avete attivato, avete avuto accesso a un disegno più grande. Mi è difficile cercare di spiegare ciò che sto dicendo, ma colui che è al di fuori di questa stanza rappresenta questa energia, questa presenza, ed è ben certo che debba rimanerne fuori…ma non poteva che essere in questo modo, è il vostro agire che li ha portati ad essere simili, affini, in sintonia con qualcosa…ma smettiamo ora…
Va bene, Aida…proseguiamo un’altra volta.


Cerchiamo di cogliere l’onda che, a ritroso, torna verso il centro dello stagno. Di nuovo ci tocca, percorre tutto quanto il nostro essere fino a tornare là dov’era partita.

Ringraziamo gli amici che sono stati con noi, grati della loro presenza…………………………..