venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

Nome:

28 giugno 2006

ventitregiugno 06


Il mio nome era S. e ancora oggi S. mi chiamo.
C’è molta confusione in questo mio angolino; venerdì sento di aver scoperchiato un otre e aver lasciato che fluisse da esso, senza controllo, ciò che in esso si trovava e un po’ questo mi ha spaventato, anche se credo che sia giusto che ciò avvenga in questo modo, in questi termini, con questa modalità.
Però, un pochino, devo dire, mi sono sentito intimorito – non so se intimorito è il termine giusto – anche perché… che senso avrebbe, così come ben dice A., qui dove mi trovo, che senso avrebbe temere?
Però ciò che provo, ciò che sento, ciò che mi urge, devo esporlo, per cui lo faccio, lo faccio tranquillamente.
In me esiste un po’ di timore, che la mia compagna – ma forse è il caso che la chiamo col suo nome – sarebbe stupido continuare…. capisco, con questo mio atteggiamento di non so bene cosa… comunque si chiama Laura, sì, Laura è il suo nome…
Il mio timore è che L. non possa capire le cose che sto cercando di dire oggi, perché appartengono sicuramente molto di più allo S. di oggi, che non allo S. di allora.
Non che lo S. di allora fosse diverso da quello che è S. oggi; lo S. di oggi è ciò che era S. allora più alcuni grani di consapevolezza acquisiti in questo angolo ancora troppo buio, a volte.
Non capirebbe, non capirebbe perché….non perché non mi conoscesse, perché ben conosceva S., non c’è dubbio, ma la percezione che di S. lei aveva è diversa, l’immagine, la definizione di S. di allora e della percezione sua, di lui, sarebbe in qualche modo oggi scossa, ma questo perché io sono stato incapace di darle la mia misura completamente, ma cercavo comunque di mantenere un ruolo, un’immagine, una maschera che avevo ben indossato e che aveva reso bene e mi aveva comunque dato soddisfazione.
Ciò che io traevo dalla mia commedia – commedia sarebbe forse una parola un attimo grossa, esagerata – ciò che io traevo dal mio modo di fare, di pormi a lei, innanzitutto – perché è di lei che sto cercando di parlare, del rapporto che con lei avevo, ciò che io traevo da questo rapporto mi soddisfala, mi era caro e io avevo timore a rinunciarvi, perché in fondo era forse l’unico – per completezza – rapporto che io avevo.
Ecco, il timore che nasce oggi, è che con difficoltà L. capirebbe ciò che sto dicendo e ciò creerebbe in lei, probabilmente, confusione e turbamento, e non voglio che avvenga…non voglio che avvenga.
Credo però che io debba continuare ad esprimere S., proprio qui, con voi, e continuerò a farlo.
Siete gli interlocutori giusti, in fondo; non vi conosco, se non superficialmente, non siete riusciti a farvi un’immagine precisa di ciò che S. è, del suo ruolo, non avete delle aspettative nei miei confronti e questo forse è il punto più importante, è il cardine di quello che è il nostro rapporto e questo mi permette di non per forza cercare di soddisfare queste aspettative, ma cercare di essere tranquillamente ciò che sono. In fondo, stavolta, sono io ad avere aspettative nei vostri confronti, non conoscendovi; certo, è vero, ma questo è un requisito indispensabile per quello che deve essere il nostro rapporto, non conoscendovi.
Non voglio farmi delle menate mentali, non voglio costringermi a costruire strumenti per poter essere con voi; voglio essere tranquillamente, come scoprire un otre e lasciare fluire da esso ciò che in esso si trova. Io voglio continuare, per così come è stato venerdì, a parlare dell’immagine che io davo al mio bisogno, degli strumenti che ho utilizzato allora, rendendoli in parte palesi, ma perlopiù riservandomi la coscienza di essere.

Sapeste quante volte nella mia mente ho rimuginato, sperando di avere soddisfazione per quello che era il mio punto di vista, per quello che era il mio bisogno, per quella che era la definizione che io al bisogno mio davo, e accusavo, incolpavo gli altri di non essere in grado, di non volere anche – diciamolo, sì – di non voler capire fino in fondo qual’era il mio bisogno.
Io sentivo forte questa sensazione, sentivo questa violenza ma, credetemi, poco ho fatto per cercare di superare questo scoglio, questa incomprensione. Aspettavo che gli altri venissero a me; in fondo tutta la mia vita, quantomeno gli ultimi anni, era stata un mio andare verso gli altri e offrire agli altri soluzioni….
Ecco, però, cosa facevo se non offrire soluzioni? In fondo io avrei dovuto offrire S. a loro; io offrivo invece ciò che S. poteva fare, perché mi coinvolgeva non più di tanto e questo mio poco coinvolgermi mi permetteva in qualche modo di ricevere quello che io credevo desiderare.
Allora cercavo di fare intravedere a piccoli sprazzi ciò che era il mio bisogno, la mia difficoltà, sperando…sperando e ancora sperando che gli altri si accorgessero, capissero e mi evitassero di esprimerlo, questo mio bisogno.
Ve lo dissi già venerdì scorso, io non so ancora qual è la cosa che mi mancava e ciò che doveva succedere affinché io potessi colmare questo mio bisogno, questa ingiustizia che io sentivo da parte degli altri nei miei confronti. Ho cercato di mascherarlo, ve lo dissi, e ho utilizzato come prima cosa la più elementare, la più legata all’essere uomo, fisico: la mia impotenza. Fatemelo ripetere ancora questo termine, l’impotenza di S..
Capisco..capisco che anche questo era uno strumento in fondo, era un cavallo di Troia che portava dentro di sé, con fattezze diverse da quelle che erano il contenuto, il bisogno, e lo portassero avanti, lo trascinassero agli altri. Il mio cavallo di Troia era il sesso e la mia incapacità, il mio bisogno; sapeste quanto mi arrovellavo nel mio pensare quali potessero essere i modi, le disponibilità della mia compagna che mi permettessero di risolvere questa mia incapacità, questa mia impotenza che mi rendeva monco, mi rendeva incapace.
Cercavo di offrire un’immagine di impotenza di S. attraverso questa visione, che in fondo non era semplicemente una visione, ma è anche vero che il sesso non era poi così importante per me –non allora –dopotutto. La carne urlava già di suo conto, non aveva bisogno di utilizzare altri modi per far capire che urlava, però ho voluto utilizzare quell’immagine dell’impotenza.
Me ne vergognavo molto, ero incapace, ma non di provare soddisfazione, ma di dare soddisfazione alla mia compagna. Questo fu il primo pensiero, forse il più nobile, ma attraverso l’incapacità di dare soddisfazione alla mia compagna io non davo soddisfazione a me stesso e, in fondo, ciò che mi rodeva era questa insoddisfazione mia, non l’insoddisfazione che davo alla mia compagna….ma difficilmente ripeterei questa affermazione. Ma so che era così, ne sono certo.
Avrei dovuto semplicemente smascherare questa mia insoddisfazione e chiedere aiuto allora…dare voce alle mie immagini, alle mie fantasie e renderle palesi alla persona che credevo mi amasse e alla persona che io credevo di amare e io sono certo che non la stessi amando in quel momento, non sono altrettanto certo che lei non mi amasse, però mi è più facile dire che fu insensibile e cieca, indisponibile, lontana, fredda.
Aspettavo in fondo ancora qualcuno che mi provocasse affinché attraverso la mia reazione rendessi palese, comprensibile, il mio stato…ma perché chiamarlo stato, se si chiamava bisogno? Bisogno di essere aiutato, accettato per la mia impotenza, per la mia incapacità. Questo primo mascherare, velare la mia difficoltà, ha creato una catena che poi si è trascinata, amplificando l’azione per ciò che fu la mia vita. Ma quegli ultimi mesi, grato fui di poter incolpare la mia malattia, del mio stato, della mia incapacità di essere presente, della mia non volontà di amare. Non ho saputo donare alla persona che mi era accanto il mio essere fragile, bisognoso.
Lasciatemi ancora un attimo a sbrodolarmi, ne ho bisogno; uno S. sbrodolato, in fondo, è uno S. nuovo, interessante, e a me è sempre piaciuto di essere interessante.

E’ attraverso l’espressione di una difficoltà così intima, che appartiene ad una sfera che – a mio modo di pensare ancora oggi – è legata ad uno stato quasi animale che mi permette di poterla superare..non lo so…capisco però di averne bisogno ancora oggi, pertanto è giusto, è dovuto che io lo esprima.
La cosa che temevo di più, per ciò che mi ricordo, era il rifiuto; pormi fragile, vulnerabile, un pochino sporco, di fronte alla persona che amavo, mi faceva temere un suo rifiuto.
Avrebbe potuto essere possibile che lei rifiutasse uno S. che non conosceva, del quale non aveva misura, sensazione; per forza avrebbe cercato in qualche modo di poterlo aiutare, di far sì che non pensasse, non si crogiolasse in questo modo…certo per aiutarmi, non c’è dubbio, mi voleva bene! Il timore più grande era questo e ne sono certo oggi: il timore di essere rifiutato. Mal giudicato non mi interessava, in fondo che importanza poteva avere? Ma essere rifiutato sarebbe stato più difficile per me. Certo, ammalato,certo…sragionavo…ma rifiutato, no.
Sapeste cosa passa nella mente di una persona che ha bisogno.
Di un uomo –non chiamiamola persona –in fondo io ho coscienza di ciò che era un uomo in difficoltà….mi piacerebbe darvene misura, ma non ne sono ancora capace.
Lasciatemi ora……..

Ancora , adesso io, Emanuele, per il cerchio, il cerchio spiritico.
Temo, sono sicuro che comunque anche per S. il termine cedere avrà la sua importanza. Cedere alla debolezza, cedere alla difficoltà, cedere al bisogno. Ma ci sarà anche un altro cedere di cui sarà importante con lui parlare e sarà il cedere alla malattia.
E’ un’affermazione che può non essere completamente chiara, va definita sicuramente, va chiarita, va calata in ciò che stiamo dicendo, stiamo facendo, ma sarà una frase che avrà la sua importanza in futuro e sicuramente dovrà averla e sarà il cedere alla malattia. Io non ho molta coscienza vissuta di quello che è stata la malattia, almeno.
Sapete, ve lo dissi, io fui ucciso; non ebbi modo di poter capire, sperimentare, passare attraverso la malattia, pertanto può apparire vuoto ciò che sto dicendo, sicuramente, ma so che è una traccia che aleggia, è qui e ci lega, dà senso, ha peso.
Parleremo ancora molto del cedere, io credo, e sarà importante che voi parliate molto del cedere e di ciò che debba essere, ma innanzitutto di ciò che è per ognuno di voi.
E’ tempo, è tempo per me ora di terminare, a voi tutti il mio saluto, arrivederci.

Ancora, adesso io, A., per il corpo comune.
Io non sono troppo d’accordo con ciò che ha detto Emanuele, cedere alla malattia, anche se bene non so cosa lui voglia dire, ha un suono strano per me e non ho voglia di pensarci.

Comunque …la catena, è per questo che siamo qui, per la nostra catena, il corpo comune.
Cerchiamo gli amici che con noi la compongono, i nostri cari, cerchiamo suggestioni affinché ce li portino qui fra noi, con noi,e ci diano il loro aiuto, il loro peso che grande è, importante, indispensabile. Visualizziamo i loro visi, cerchiamo i loro richiami e i nostri richiami, affinché possano essere qui con noi.
Claudia, aiutaci a portare Tullio qui con noi…ci puoi riuscire?
Evocalo per noi, ponilo accanto a te e rassicuralo.

Accendiamo la candela, è di fronte a C., le illumina il viso….è il nostro punto di partenza.
Cerchiamo di cogliere l’energia che in questa catena scorre, ci unisce e tranquillamente lasciamoci colmare da essa, certi della protezione, della forza, della bontà.
Lasciamo ora C., visualizziamo il nostro prato, lo spazio all’interno della catena, è un prato fiorito, luogo di pace…..
Lasciamo ora i nostri amici e i nostri cari, ringraziamoli per la loro presenza.
E’ vero, io a volte sono un po’ troppo impulsivo, lo capisco. Reagisco sempre troppo in fretta, è vero……però l’affermazione di Emanuele non mi permette di non reagire, di stare tranquillo e certo….molte volte, sono convinto…in fondo io so il suo valore e capisco che a volte serve che io faccia l’asino affinché si possa capire meglio e dovrei permettergli forse di spiegare meglio, di affrontare un po’ meglio ciò che viene detto, invece di reagire in questo modo, però….proprio forse perché lui attraverso la malattia non è passato, non può rendersi conto di quanto può essere pesante la sua affermazione perché, è vero, lui ha avuto la possibilità – e sarebbe piaciuto molto anche a me , io credo –era ben vestito, era….era il martire, in fondo, colui che veniva bruciato per le sue idee.

Ben più carnale, umorale è la malattia, lo star male, il dolore, la difficoltà, e cercare di dare a questo passaggio……..lasciamo perdere……è vero…….

Vado ora. Un bacio a te C., e a voi tutti, amici.

sedicigiugno 06


Ancora, adesso io, Emanuele, per il cerchio, il cerchio spiritico.
Ancora riguardo al cedere, riguardo all’essere medium di sé stessi. Due immagini che io credo – per quanto riguarda un cerchio spiritico – siano ben legate, una esprima tranquillamente l’altra e sia strumento per l’altra, possibilità di espressione.
Cedere è anche permettere di essere medium di sé stessi, medium che esprime testimonianza, che esprime visione del sé intimo. E’ possibile per tutti quanti voi esprimere questo, protetti da quello che è il cerchio, la protezione che il cerchio dà, ed è tempo comunque – io credo – di sgombrare il campo da quello che è l’effetto paranormale, da quello che è l’effetto dell’intervento esterno.
Essere medium di sé stessi per porsi visibili, ed è possibile farlo attraverso immagini, pensieri, sprazzi di azzurro. Il passaggio successivo diviene renderlo palese agli altri.
Essere medium di sé stessi attraverso l’espressione dell’essere sé stessi, visibili, e può essere non per forza di cose attraverso immagini definite; possono essere suoni, versi, se essi sono l’espressione del sé intimo e profondo.
Permettete che sia la vibrazione che diviene strumento, non parola, non senso, non immagine ma vibrazione, la vibrazione del liberarsi, del cedere a quello che è il cerchio, di cedere alla catena, di dare permeabilità alla propria bolla.
Questa libertà permette lo scaturire della vibrazione, della vibrazione che scuote, che libera, che porta al cambiamento, che porta a livelli di coscienza sempre più profondi della possibilità di riappropriarsi della libertà di potersi esprimere per ciò che si è, visibili, permeabili.
Essere medium di se stessi divenga pratica semplice, normale……………………

Il mio nome era S. e ancora S. io sono oggi.
Stare a sentire i vostri discorsi…….è vero, ha ragione Emanuele quando dice che cerco di banalizzare dicendo che mi sento tirare per la giacchetta nell’essere evocato…….ma in fondo ho bisogno di questo, ho bisogno affinché io possa dare senso al mio essere qui con voi, per parlare – capisco bene – per parlare di S., dello S. che è oggi, dello S. che ha bisogno di essere palese, innanzitutto per se stesso, più che per gli altri.
S. che ha ancora bisogno di essere provocato per potersi rendere visibile ed esprimere ciò che è il suo bisogno.
E’ vero, non riuscii ad aprire quel benedetto rubinetto ma capii, riuscii a capire che – in fondo – per poterlo fare era chiedere aiuto e questo era chiaro, era lampante.
L’errore – se errore per me c’è stato – fu quello di chiedere aiuto per guarire, certo, ne sono convinto, fu in qualche modo mascherare la mia richiesta di aiuto, renderla più logica, più comprensibile, più facilmente misurabile, più facilmente interpretabile, che non desse troppi sprazzi alla visione che stava dietro a questo mio bisogno, ma sicuramente era di un bisogno.
La mia difficoltà era però cercare di esprimere questo bisogno, chiedere qualcosa di preciso affinché io potessi soddisfare questo mio bisogno, questa mia mancanza, questa mia difficoltà.
Però facevo fatica a concretizzare il mio chiedere, a dare un senso a questa mia ricerca, a questa mia richiesta. Oh, sì, ho cercato, è vero, di dare immagine e concretezza a questo mio chiedere; mi fu facile, come prima cosa, con la persona che mi stava accanto. Cercai di esagerare, com’era mio solito fare, per sdrammatizzare nei momenti di difficoltà, io che in fondo risultavo e, fino allora, ero risultato come un caposaldo al quale tranquillamente potersi affidare per qualsiasi cosa, non c’erano dubbi nella mia decisione. La risposta alla domanda era sempre chiara, il mio consiglio era sempre preciso, definito, non dava adito a dubbi….sempre S. era in questo senso.
Il trasformare questo mio dare aiuto, consiglio, soluzione a uno S. che chiedeva invece aiuto, è stato molto difficile. Torno a dire, ho cercato di esagerare nel mio chiedere..


Un esempio lampante che con difficoltà esprimo, ma che voglio fare perché capisco sia importante per me poterlo fare, fu la difficoltà che incontrai – causa la mia malattia – nel poter avere rapporti sessuali con la mia compagna. Questa impotenza – usiamo pure il termine giusto – mi spaventò; la prima soluzione a questo mio spavento, fu di lenire la paura, fu di pensare che poteva essere risolto. Era una malattia e, come tale, se si curava nel modo giusto, poteva essere risolto anche quello.
Ciò mi fece guadagnare un po’ di tempo, ma comunque ci sbattei ancora contro. Oh, passò parecchio tempo prima che io esprimessi questa mia impotenza, prima che io potessi dare il nome S. a questa mia impotenza, ma il passaggio più difficile, più arduo ancora, fu quello di chiedere aiuto.
Era una cosa per me sconosciuta, apparteneva ad una dimensione intima che raramente ho espresso, e sempre perché fui costretto a farlo, mai come mio bisogno, come mio desiderio, come mia espressione, espressione di S. cosciente, non costretto.
Allora fui costretto, ma proprio perché io non c’ero nella mia scelta di chiedere aiuto, non trovai soddisfazione a questo mio esprimere bisogno in ciò, e la mia compagna…, ma probabilmente perché io non fui in grado di poter essere palese a lei profondamente, fino in fondo, non fu in grado di aiutarmi e io mi rassegnai. Errore….errore…
Vi racconto questo per cercare di comprendere anch’io quale doveva essere il modo per esprimere il mio bisogno. Ben sono certo, e su questo non c’è dubbio, che l’aprire il mio rubinetto fosse esprimere questo bisogno, renderlo palese guardando negli occhi la persona a cui lo chiedevo, senza esagerare, scherzare, tergiversare, ma esprimendo così nettamente definita, a fuoco, questa mia difficoltà. Era quello, certo, il modo.
Ma, in fondo, il cercare aiuto per ciò che era il mio essere uomo, era solo un modo per vestire questo mio bisogno. Il mio bisogno era sicuramente più profondo e non avrebbe avuto senso porre a voi questo mio bisogno; se io mi ponevo a voi e chiedevo vostra attenzione e disponibilità, in fondo era perché il bisogno da esprimere era ben diverso dall’immagine che io cercavo di dare a lui.
Non so ancora se sono in grado di definirlo, questo mio bisogno, esprimendo una richiesta a voi che state qui a sentirmi….credo che dovrò farlo, ma è il modo che non ho ancora capito. In fondo non devo vestirlo con immagini che appartengono a delle azioni, a dei modi di fare, perché qui non esistono modi di agire e di fare, non esiste un’azione che possa soddisfare il mio bisogno.
Esiste qualcosa d’altro e io devo coglierlo…e sono disposto a porre S. qui, nella ricerca della definizione del proprio bisogno e non mi interessa quanta disponibilità voi ponete in questo nostro incontro.
In fondo è tempo di smetterla di scherzare sull’evocazione, ma se tirate la giacchetta io ci sono; S. ancora oggi è qui, in questo cerchio si pone.

Ancora, adesso io, A., per il corpo comune.
Io credo dovrebbe essere la prima cosa da fare e sento anche sia giusto lasciare spazio. Sono onde, vibrazioni che, se espresse, non ci disturberanno poi, attraverso le maglie di questo nostro essere assieme nel corpo comune. Cerchiamo gli amici, chiamiamoli, cerchiamo di ricordare le fattezze dei nostri cari defunti, anche loro portiamoli qui con noi, ne abbiamo bisogno.
Sentiamo che, senza di loro, spazio vacante rimarrebbe; riempiamolo con la loro presenza, cerchiamo di ricordare i loro visi, le loro attenzioni nei nostri confronti, le loro parole nel chiamarci, le nostre parole nel chiamarli qui con noi, per chiedere aiuto.
Visualizziamo la catena, la nostra catena. Ci è facile ricrearla, darle forma, fattezze, solidità….è la nostra catena. Accendiamo la candela che davanti a C., la nostra amica C., si trova; è una candela che serve a illuminarle il viso, a darci punti di riferimento. La sua luce è calda e ammorbidisce i tratti di ognuno di noi. Cerchiamo di cogliere l’energia che scorre in questa catena, lasciamoci colmare, grati di questo dono, e offriamola all’amico che accanto a noi si trova……
Lasciamo ora C., visualizziamo il nostro prato, lo spazio all’interno della catena costellato di fiori, profumi, colori…lasciamo ora anche i nostri amici e ringraziamoli………………………….
Certo, è vero, un pochettino S. mi intimidisce;anch’io dovrei cercare un po’ meglio di individuare quella cosa da donare, della quale privarmi.
Io, dopo la morte fisica, mi sono creato un’immagine, dei miei particolari che mi potessero in qualche modo essere di riferimento qui, dove immagini e dimensioni non esistono, e immagino tutto quanto me stesso all’interno di una grande borsa che mi trascino appresso, è una mia borsa.
Come tutte le borse delle signore è piena di caos, però io so che quando ho bisogno ci infilo la mano e trovo sempre qualche cosa di caldo da stringere, per poter riscaldare un poco questo mio essere così, senza forma.
Ciò che devo donare, ne sono certo, è in questa mia borsa e tante volte l’ho già afferrato, ne sono sicuro; ma il timore che nello svelarlo mi venga in qualche modo a mancare, ancora è presente.
Ci riuscirò, certo; lo farò, sicuro. L’ho promesso.

Vado ora. Un bacio a te, C., e a voi tutti, amici.

ventunoaprile 06


Ancora, adesso io, Emanuele, per il cerchio, il cerchio spiritico.
Due cose ancora prima, su ciò che dissi venerdì scorso e che voi questa sera avete detto, per cercare di chiarire meglio quello che era il mio pensiero.
Ha detto bene e ha ragione A. quando dice che una voce da sola, senza contraddittorio, è libera ed ha certezza di esprimere cose vere…… ma neanche vere, giuste, perché nessuno gli dice contro.
Allora io vi dissi, cercate di deporre accanto a voi quella pertica che è le certezze. In fondo chiamarle (le certezze) al plurale, vuol dire distogliere solamente l’attenzione.
Io credo che la certezza che svetta al di sopra di noi sia una, ben definita, chiara, comprensibile, visibile.
Il cerchio spiritico vi dà la possibilità di appoggiare questa pertica accanto a voi, le condizioni sono quelle propizie; il buio vi nasconde agli occhi degli altri, è facile porla accanto a sé, lo spazio esiste, la luce è spenta… è facile, torno a dire, porla accanto a sé e lasciarla lì, tranquillamente, per poi riprenderla al momento in cui le luci verranno riaccese, ma…. cercate di dare questa immagine perché, in fondo, è indispensabile che voi crediate alla possibilità che è il centro spiritico.
Questo è la nostra palestra, la nostra arena nella quale poter realmente sperimentare, liberi da giudizi, da pregiudizi, da convinzioni errate, da difficili comprensioni e immagini distorte.
Il cerchio spiritico è il nostro momento magico, è l’occasione poggiata accanto a voi, è la pertica della vostra certezza. E in merito a ciò che la certezza è, vorrei dire anche su questo qualche cosa.
Non è sufficiente dire “io comunque certezze non ne ho, pertanto sono a posto”; anche non avere certezze è una pertica ben alta, che svetta al di sopra di noi.
In fondo, il momento magico è la conversione. Capisco che questo termine possa creare distorsione nella comprensione, perché “conversione” è sempre stato utilizzato per ciò che rimane l’idea della religione, dell’essere pio, di ciò che i preti dicono.
Ma la conversione è un’inversione, è un ripensamento che porta a un cambiamento.
In fondo è questo che deve essere auspicabile; è il cambiamento, abbandonare ciò che è sperimentato, definito, consacrato, per poter sperimentare, ricercare e trovare un modo nuovo: il modo nuovo. Per cui, per chi non ha sicurezza, certezze, è il momento di iniziare a cercarle. Sperimentare questa strada permette di porre in gioco energie che avete in qualche modo accantonato; è a questo che serve la conversione, il cambiamento, la svolta, ed è questo che credo sia indispensabile.
Così è avvenuto per me e io di certezze ne avevo libri pieni; la mia immagine, sorretta dalla certezza, era attaccata ai muri, era il santino posto in chiesa, ma la mia ricerca era sterile, finita. Continuavo a sprecare energia senza acquisirne di nuova, senza essere alimentato, e questo mio non alimentarmi dava spossatezza fisica, mentale, ma soprattutto spirituale.
Sempre maggio energia a custodia dell’immagine consacrata, il mio palo, la mia pertica era la più alta di tutti e da tutti quanti era riconosciuta come tale, ma una frazione di angolo bastò a disequilibrarla e ringrazio il tonfo che fece nel cadere a terra.
Vi chiedo una svolta, una conversione, un mettere in campo energie sprecate ad un servizio che a nulla dà beneficio, alla custodia di un fantoccio quale ero io.
La conversione : capire, credere nella possibilità di cambiare; dentro di voi, dentro di voi esistono queste spinte che, come per la donna pregna, urgono.
Date retta a loro, non cercate di sanare il dolore che queste spinte danno, non cercate di chetare la sofferenza che vi creano, ma alimentatela affinché la reazione sia supportata anche da ciò che è la mente e il fisico vostro e non solo dall’esigenza spirituale che dentro di voi preme, spinge, e urge.
Aiutatemi in questo, io sarò con voi.
Voi l’occasione l’avete e io ho la vostra occasione,ed è la mia…ora. Cercate di porre accanto a voi la pertica,rilasciate i vostri muscoli,la tensione all’equilibrio…cercate l’immagine che vi darà traccia.

ventunoottobre 05


Ancora,adesso io,Emanuele,per il cerchio,il cerchio spiritico.
Sono cosciente anch’io della difficoltà che a volte possiate trovare nel comprendere il mio dire ma esiste anche una difficoltà da parte mia ad esprimere concetti, ad esprimere traduzioni in modo particolare quando cerco di parlare della condizione che noi disincarnati possediamo ora, oggi.
Mi è più facile quando parlo della vita, della mia vita passata, quando incarnato come voi mi trovavo, perché era semplice trovare il collegamento alle sensazioni , all’avvenuto, poterlo spiegare a voi, fare in modo che lo possiate comprendere, ma nel momento in cui mi trovo ad esprimere quella che è la condizione, la veste che, oggi io indosso, mi è più difficile cercare di tradurre sì, questo il termine giusto, tradurre modi di essere, sensazioni che non sono sensazioni, parlare di sofferenza o di gioia per noi che viviamo con davvero vesti diverse dalle vostre. Però devo cercare di fare capire, farvi comprendere perché solamente attraverso questa comprensione voi sarete in grado di accettare la mia presenza.
Lo so, l’ho già ripetuto diverse volte, questo fatto, questo concetto, ma diventa importante per me che voi accettiate, rendiate solida la convinzione, la certezza della mia presenza, del mio essere vivo, del mio essere individuo; individuo che esprime libero arbitrio, pertanto essenza che accanto a voi si pone con le stesse primordiali caratteristiche ma con vesti diverse, vi ho detto, strumenti diversi, ma con un’essenza unica, identica a quella che voi possedete. E’ indispensabile, torno a ripetere che voi accettiate questa mia presenza. Emanuele non è solamente una voce, ma un essere che esprime il suo essere vivo, che accanto a voi pone la propria presenza per poter dare ma allo stesso tempo ricevere, provando piacere da questo essere comune che è nel momento dell’evocazione, nel momento del cerchio. Cercavo venerdì di spiegare a voi che l’essere disincarnato esprime ancora il libero arbitrio, è un concetto che và a superare ciò che già vi dissi , tempo addietro, quando vi dissi chiaramente che solamente all’essere incarnato spettava il diritto di poter esprimere il libero arbitrio.
Allora era in questo modo perché il concetto, l’immagine del libero arbitrio per voi aveva vesti…..possiamo dire ancora limitate, il concetto era appena abbozzato poi, pian piano, nel nostro essere insieme, siamo riusciti ad allargare la visione, la comprensione di questo libero arbitrio che io credo sia la più grande forma di energia che l’essere, incarnato e disincarnato, possa esprimere.
Definizione del Divino, possibilità del Divino, garanzia di essere parte di Dio. Il concetto si è allargato, pertanto se allora ciò che io sto cercando di dire adesso poteva sembrare alieno, sì, alieno, termine giusto, già usato ma va bene così…..poteva sembrare alieno perché cercavo allora di spiegare la grande possibilità che l’essere incarnato aveva, a differenza di ciò che noi eravamo nel nostro essere di trapassati. Volevo che vi fosse chiara la possibilità, l’occasione che voi avevate e che avete ancora oggi nell’esprimere, nel percorrere la vostra vita terrena, mi sembrava importante dare forza alla possibilità che voi avete, affinché capiste quale strumento maneggiavate e maneggiate ancora oggi, a differenza di noi disincarnati.
Se allora vi dissi che il libero arbitrio appartiene a voi perché questo mi garantiva la possibilità di esprimere il concetto.
Oggi il concetto è assodato, è cosciente nel vostro essere; posso pertanto allargare un pochettino l’orizzonte senza timore di stordire la visione. Ripeto che anche a noi appartiene il libero arbitrio.
Vorrei cercare di fare un esempio che possa esprimere al meglio il concetto che sto esprimendo: nella visione cristiana di ciò che è la vita dell’uomo, al momento del trapasso l’uomo si trova a dover cascare in tre differenti luoghi chiamati paradiso,purgatorio oppure inferno. Utilizziamo questa immagine, è solamente un’immagine che ci possa collocare nello spazio e nel tempo del concetto che voglio esprimere.
L’uomo, al momento della sua morte, utilizziamo questo termine senza timore, della sua morte terrena, si trova ad avere visione completa, visione sgombra di ciò che lui è stato e di ciò che lui sarà, senza nessun ostacolo che offuschi, che mascheri, che impedisca la visione.
E’ un momento basilare, è una presa di coscienza molto forte, visione sgombra e completa su ciò che l’essere è stato, ciò che è e ciò che sarà. E’ un attimo denso, forte, caldo; in questo attimo il trapassato esprime nuovamente il suo libero arbitrio, sceglie il prosieguo della sua esperienza, del suo cammino, esprime libero arbitrio impedendosi l’abbandono a quel movimento che lo porterà all’ Essere Comune, alla scintilla, a Dio, rallenterà,attraverso una decisione precisa, forte, deciderà quale sarà il prosieguo della sua esperienza . Una di queste possibilità è l’incontro nell’evocazione del cerchio spiritico con entità ancora disincarnate e attraverso la sua testimonianza, creare l’essere comune che il cerchio spiritico evoca. Potrà godere della sua esperienza vissuta confrontandola con i compagni che con lui formeranno il cerchio; questo sarà il paradiso, esprime tranquillamente, chiaramente ciò che è il suo essere,esprimere la visione paga dell’esperienza vissuta nella propria vita. La fiduciosa visione di ciò che è lui ora e la gioia per l’obbiettivo finale, questo il paradiso, in questo modo gioirà per ciò che lui è non per ciò che in quel momento lui fa, cercate di seguirmi in questo. Lui esprime gioia ma non come risultato di un’azione, come succede per voi, lui esprime gioia per la coscienza di essere stato, per la coscienza di essere ora, per la coscienza di quando sarà. Questa è gioia per noi, questo è provare piacere, questo è sentirsi appagati, sazi.
Lo so, è difficile tradurre quel che ho cercato di dirvi dall’inizio, ma è mia intenzione, mio desiderio fare in modo che questa mia traduzione divenga sempre più fedele, divenga sempre più comprensibile a voi.
L’essere trapassato può anche decidere , scegliere, esprimendo libero arbitrio, di soffrire, esprimendo la sua vita passata, il suo bagaglio ancora parziale, incompleto, difficoltoso. Lui avrà coscienza di quale sarà il modo giusto, migliore per il suo prosieguo,ma deciderà di esprimere la difficoltà che ha avuto durante la sua vita;possiamo chiamarlo purgatorio.In esso esprimerà sofferenza per ciò che è stato ma che è ancora oggi,fedele specchio per l’esperienza da incarnato ma lui sceglierà di essere in questo modo,esprimerà libero arbitrio nella reale,sgombra visione di ciò che è stato,di ciò che è e di ciò che sarà.
Non voglio parlare di quello che viene chiamato Hitler,non ne voglio parlare perché non credo siate ancora in grado di comprendere ciò che potrei dirvi.Sappiate che esiste questa terza possibilità,questa terza scelta di libero arbitrio:è la sofferenza più profonda,ma mai passiva,è importante capire questo,si può esprimere libero arbitrio vivendo la sofferenza ma non voglio dire altro che questo,potrebbe creare incomprensione.
D. (N) Quindi la sofferenza non è legata a dei gradini di evoluzione ma solo al libero arbitrio?
Sicuramente.Credimi,l’essere disincarnato trapassato,l’uomo che muore,ha visione sgombra di ciò che è stato,di ciò che è,di ciò che sarà.Attraverso questa coscienza profonda,completa,lui esprime l.a.,scegliendo di godere,di lavorare ancora con forza oppure di soffrire ma non lo subisce,non può,non è possibile,non è nell’ordine naturale delle cose,sarebbe…un peccato.
D.(N) Ma allora perché chiami paradiso questo godere al manifestarsi e non invece quella voglia di
arrivare subito all’unione con la scintilla?Perché uno che sceglie la scintilla,diciamo,non è
in paradiso?
Perché cessa la propria esperienza,cessa il proprio progredire,si abbandona alla corrente.Io credo,per ciò che mi riguarda,voglio dirlo chiaramente,io credo per ciò che mi riguarda che abbandonarsi alla sofferenza,correre verso ciò che sarà,sia un errore.Il mio libero arbitrio crede in questo,io voglio indugiare,voglio capire,voglio avere coscienza,voglio possedere.
D. (N) Ma congiungersi alla scintilla non è la completezza più assoluta dell’anima,diciamo?
Stato definitivo,termine ultimo.Capisco che sia difficile parlare di tempo quando si indossano queste vesti ma sentirmi in comunione con qualcuno rimane ancora la gioia più pura che io riesco a provare.Io non so quale sarà la qualità,il livello di purezza del gioire dell’Essere Comune,conosco quello di oggi. Sarò parziale,sarò imperfetto,sarò incompleto ma proprio questa mia incompletezza mi porta ad indugiare,a resistere ancora per un poco al movimento che mi porterà là dove tutto è bene,dove tutto è giusto ma questo indugiare ricco,questo cercare di possedere mi dà gioia,probabilmente una gioia ancora incompleta,ancora parziale,ancora immatura ma è quella che io posso comprendere,è quella che io posso cogliere,fare mia.
La mia esperienza fino ad oggi è stata probabilmente così parziale,così incompleta che attraverso il mio essere con voi colmo la mia sazietà,attraverso l’essere con voi aggiungo valore.
Io credo di avere dentro di me un dono prezioso ma finche qualcuno non riuscirà a coglierlo,a dargli reale consistenza,io ancora un essere incompleto sarò ma credo che questo per tutti quanti sia.
Io so che attraverso la mia esperienza terrena un cammino di comprensione mi ha portato a ciò che oggi esprimo ma mi è stato impossibile perché la morte me l’ha impedito,poter donare l’intuizione da me colta,la visione da me intravista,ad altri.E’ perciò che io credo debba ancora indugiare.
Vi dissi venerdì scorso che ognuno di noi-voi ed io-abbiamo una missione,passatemi il termine ma non ne trovo altri nella mia traduzione,abbiamo una missione.Non esprimerla sarebbe per me peccare.
D.(N) Ma tu potresti,nella tua condizione,scegliere di reincarnarti?
Potrebbe, se ciò servisse alla tua domanda, potrebbe. Ma io sono vivo oggi, non ho bisogno di reincarnarmi; credimi, io sono vivo. Togli valore alla mia presenza domandandomi ciò.
D. (N) No, non volevo toglierti valore. Ho aperto questo discorso solo per capire se esiste la
reincarnazione, se è una possibilità.
Esiste, se ciò soddisfa la tua domanda, esiste se ciò soddisfa il tuo progredire, se dà senso al tuo camminare, al tuo muoverti, alla tua strada.
D. (N) Io te lo chiedo ma non ci credo……
Perché lo chiedi a me allora? Per avere la conferma che non sia così, quando tu già la risposta dentro di te possiedi?
D. (N) Va bene, ti chiedo scusa, non volevo……
No, non è questo, la foga mi rende tanto più vicino a voi. Quando tu poni e cerchi la traduzione di un testo che appartiene a realtà diverse, puoi rischiare di eccedere nella foga, nel desiderio di esprimere il concetto e, se a volte io faccio questo, non è nel mio desiderio, voglio solamente essere capace di dialogare con voi.
Non è impazienza la mia, né stizza .
D (N) No……. non devi giustificarti Emanuele,,,,,,non è necessario….forse ho posto una domanda
sciocca ….comunque non mi aspetto giustificazioni….
Il mio desiderio, a volte, è fare in modo che voi troviate certezza della bontà del vostro credere, tranquillamente possiate essere certi della vostra visione, confrontarla, certi della bontà di essa….non ci deve essere timore, in modo particolare quando ci si trova in un cerchio.
Capisco che a volte possa essere difficile esprimere concetti di cui stimo parlando in questo momento, al di fuori di quello che può essere un cerchio spiritico ma, credetemi, non dovete avere neanche questo timore. Esiste traccia in ogni individuo, perché in ogni individuo esiste quella scintilla che tutti quanti ci rende unica cosa nella diversità,; nell’originalità di ognuno di noi esiste un ‘eco, esiste un denominatore comune che ci aiuta ad avvicinarci, non abbiate timore, il vostro credo sia certo, solido, forte, saldo.
E ora..possiamo realizzare il corpo comune.A. sarà qui con noi.
E’ tempo per me ora di andare,a voi tutti il mio saluto,arrivederci.

Ancora,adesso io,A.,per il corpo comune.Ho voglia di esso,ne provo desiderio,ne sento la mancanza.Visualizziamo la catena,cerchiamo di cogliere gli amici che con noi la compongono,gli amici incarnati e quelli disincarnati,che dietro di noi si trovano e danno peso,presenza.
C.,punto di partenza,la sua candela le illumina il viso,io accanto a lei…sentiamo il movimento dell’energia che ci colma per poterla poi offrire all’amico che accanto a noi si trova…riconosciamo in Nadia la punta del bulino…

….lasciamo ora C.…visualizziamo nuovamente la catena,riapriamola per accogliere S.,che si trova qui con noi e il suo posto è alla destra di Raffaele…visualizziamo lo spazio all’interno della catena,il nostro campo di fiori.

Riconosciamo dapprima il nostro,quello che ci appartiene,poi man mano quelli di tutti gli altri.
Il mio è rosso,leggero,è poco profumato ma i suoi colori spiccano.E’ uno spazio di pace,dove facilmente abbandonare ogni tensione,ogni protezione,rigidità,certi di essere riconosciuti e accettati.
…lasciamo ora…….
Prima di terminare desidero dire un paio di cose al dottore,dottore della legge,Emanuele,maestro inflessibile,a volte.
Vorrei tanto che fosse in grado di spiegarmi com’è stato possibile per me scegliere la sofferenza che tanto temo e ha scosso tutto quanto me stesso, ha scrollato ogni mio singolo nervo; vorrei tanto che fosse in grado di spiegare anche a me, anch’io desidero comprendere …
Un’ultima cosa e poi me ne vado. Vorrei che sempre, il venerdì sera, si potesse fare il corpo comune. Ve lo chiedo, perché io comunque e sempre sarò qui con voi e con gioia, con desiderio, sarò con voi nel corpo comune.

Vado ora, un bacio a te, C., e a voi tutti amici.

sedicidicembre 05


Ancora,adesso io,Emanuele,per il cerchio,il cerchio spiritico.

Avete troppa fretta,cercate di correre lungo quella scala…ma cerchiamo di riuscire a fare bene il primo gradino.
Avete parlato di male,del male;io credo che il gradino che spetti a voi adesso è prendere coscienza del male e,oltre al male,io cercherei di dire diverso,sono due termini che molte volte si equivalgono,molte volte uno spiega meglio dell’altro ,l’altro spiega meglio del successivo,possiamo usarli contemporaneamente,a volte.
Allora,prendere coscienza del male,questa è la comprensione alla quale dovete giungere e prendere coscienza del male vuol dire prendere coscienza anche del male che è in ognuno di noi;prenderne coscienza vuol dire riconoscerlo ed accettarlo,accettarlo come proprio,come facente parte integrante del nostro essere.Per ripetermi,arrivare a comprendere che senza di esso non potete giungere alla completezza.
Più di una volta vi ho detto che ho abbracciato Emanuele,l’ho trovato,l’ho riconosciuto e l’ho abbracciato;in ognuno di noi esistono due oppure tre singole persone,di due Emanuele io vi ho parlato:un Emanuele,il primo,che si era riconosciuto per un ruolo,per una maschera,per un atteggiamento,il quale ha incontrato Emanuele nella grotta di Qumran,l’ha abbracciato,l’ha riconosciuto,e un terzo Emanuele,che però ho incontrato purtroppo solamente alla mia morte,quando mi tolsero la vita.
Comunque torniamo a voi;il gradino di comprensione è prendere coscienza del male,della nostra parte di male,senza la quale non possiamo essere completi,è questo che dovete cercare di elaborare ora,adesso. Non proiettatevi più avanti,non scappate oltre,indugiate qui;è vero,la vostra vita corre ma prendete tempo,prendete tempo,garantitevi il tempo necessario,è su questa comprensione,su questa presa di coscienza,che vi invito a lavorare:riconoscere in voi la parte diversa,la parte cattiva,riconoscerla come propria e abbracciarla.
Il nostro timore a rendere palese questa parte,molte volte è causato dal pensiero dell’opinione degli altri,è perciò che in questo caso userei la parola diverso. Diverso dagli altri,diverso dal sentire comune,dall’etica generale del momento;allora indossiamo maschere,precise,le andiamo a mettere là e impariamo a portarle con disinvoltura,senza soffrirne più di tanto,diventiamo avvezzi a questo mascherarci, a beneficio degli altri.
E’ vero,è importante per ognuno di noi essere riconosciuto come persona probo,buona,di valore; e inizia una commedia,sottile all’inizio,ma poi sempre più supportata da abilità,da stratagemmi,da mestiere,sempre più per garantirci questa buona opinione degli altri,e questo ci porta ad allontanarci da quella che è la completezza dell’essere. Abbiamo bisogno dell’accettazione degli altri,della stima,del riconoscimento degli altri,ma questo ci distrae,ci impedisce di lavorare a fondo sulla definizione dell’essere,della completezza dell’essere,pertanto prendere coscienza di questa parte che ad ognuno di noi appartiene,prenderne coscienza,accettarla ed abbracciarla,esprimendola con tranquillità,con gioia,con partecipazione. Questo è il gradino che vi spetta,questa è la comprensione di cui avete bisogno.
Per tornare alla mia esperienza in vita,quando i miei fratelli intravidero in me quella possibilità,quella abilità che faceva comodo alla comunità,io cercai di rispondere alle loro richieste,creai artifici,abilità,ripeto,per apparire in quel modo,per essere in questo modo riconosciuto; dapprima il pormi in un certo modo,poi il vestirmi in un certo modo,poi trovare argomenti che rispondessero alle esigenze degli altri,a ciò che gli altri si aspettavano da me.
Non li deludevo,soddisfacevo questa loro visione di me. Mi persi crescendo nella loro considerazione;non cercate di correggere ciò che in voi appare diverso,non cercate di reprimere ciò che scaturisce dal vostro intimo. Vi appartiene,vi appartiene,vi appartiene.

Credo che siano tre i livelli di coscienza,a voi il secondo divenga saldo,riconosciuto,accettato.
Dichiaratene l’appartenenza,esprimetelo con convinzione e subitene gli effetti. Non scappate oltre,affermate ciò che siete,riconoscetelo e abbracciatelo;sia sgradevole agli altri,sia fuori dai canoni,sia trasgressivo,ma sia vostro. E’ bene.
Esiste una parte di S. anche in ciò che vi sto dicendo,nell’esperienza sua . S. aveva riconosciuto per sé un’abilità nell’aiutare gli altri attraverso l’aiuto materiale,la risoluzione dei problemi;era abile in questo,era ricercato,era considerato in ciò. La malattia glielo portò via,gli tolse le gambe,la possibilità concreta di dare agli altri ciò che gli altri a lui richiedevano. Nel momento in cui gli altri,il suo prossimo ,capirono che non era più in grado di offrire ciò,in qualche modo cambiarono l’atteggiamento nei suoi confronti e lui si sentì tradito.
Cercò gli estranei,cercò qualcuno al di fuori della sua cerchia,intravedendo in questo qualcuno –che non si aspettava nulla di preciso da lui –la possibilità di essere aiutato a guarire.
Provate a pensare a questo,a ciò che vuol dire. Vi cercò,non conoscendovi,dandovi l’importanza della possibilità di essere guarito. Il primo luccichìo fu il fatto che non chiedevate nulla a lui ,la prima occasione è sentire che voi da lui non vi aspettavate nulla di preciso:poteva chiedervi tranquillamente aiuto senza dover mettere in campo nulla di sé stesso,di ciò che gli apparteneva per il suo vissuto fino ad allora.
Avrebbe dovuto aprire un rubinetto diverso,una possibilità diversa ed esprimere questa possibilità nell’incontro con voi :usciva dai canoni completamente,nulla più era codificato. A lui veniva chiesto qualcosa di diverso,che gli altri non capivano;chi lo conosceva non riconosceva più in lui S.. Voi partivate da zero,non potevate partire da base assodata,da convinzioni precise:questo fu il primo luccichio che lui comprese.
Ora che è morto,questa situazione è proseguita,si è dilatata,ha preso maggior consistenza;addirittura più neanche presente ,se non attraverso una voce,a chiedere qualcosa a voi nuovamente. Questo sballa tutto,scuote,lo schema viene rotto . E’ ciò che a lui serve, perché lui possa mettere in campo uno S. che ancora non conosce,lo possa riconoscere,accettare e abbracciare.
Io spero che in ciò che vi sto dicendo vi sia comprensione,che io sia in grado, attraverso queste cose,di dire qualcosa che abbia senso per voi. Togliere le maschere,le stampelle,cadere a terra rovinosamente,per poi trovare il modo di potersi ergere nuovamente di fronte all’altro,liberi da ogni ausilio artificiale,ma nella piena visione della concretezza dell’essere.
Lui sta prendendo coscienza di ciò,sta intravedendo questa possibilità e il luccichio ha ripreso vigore,ammicca ancora con forza,invitante. E attraverso esso riconosce la possibilità di guarigione.
Grazie S.,per essere con noi.

Confrontatevi ancora su questo argomento,credo che sia importante. Non scappate avanti,indugiate,
perdete,sprecate tempo e ne avrete buon frutto da questo spreco,da questa perdita. Se non siete in grado di offrire agli amici del cerchio ciò che siete veramente,è mera presa in giro,è commedia,e
allora è inutile trovarsi qui,basta andare in un teatro.
Cos’è il male,per ognuno di voi? Quali corde fa risuonare questo termine,quali tracce vengono a scoprirsi ? Indugiate in questo,sarà tempo proficuo,utile.
Potrete poi decidere di essere diversi,ma dovete appropriarvi di ciò che voi siete,e del momento in cui sarete padroni,reali attori del vostro vivere,del vostro essere;solamente attraverso questa presa di coscienza potrete decidere e scegliere qual è la vostra strada.
Vado ora,vi lascio ad A. per il corpo comune. A voi tutti il mio saluto,a risentirci.

Ancora ,io adesso,A.,per il corpo comune.
Prima di iniziare desidero dirvi che sono contento se N. riuscisse a mettere assieme ciò che è il nostro essere stati assieme e ciò che sarà il nostro essere assieme e mi propongo,se ne avrete bisogno,quale correttore di bozze…
N. :”Dovresti aiutarmi a concentrarmi…”

La catena,ora. Visualizziamola,cerchiamo di percepire gli amici che con noi si trovano,accogliamo anche S. qui con noi ,quale anello preciso,paritario,del nostro corpo comune.
Punto di partenza è C.,con la sua candela che davanti a lei arde e le illumina il viso. Cerchiamo di cogliere l’energia che scorre,lasciamoci colmare da essa,per poi poterla offrire al compagno che accanto a noi si trova.

Lasciamo ora C.,visualizziamo lo spazio all’interno della catena,il nostro prato fiorito,spazio di pace dove tranquillamente abbandonarsi,certi di essere riconosciuti ed accettati….

Lasciamo ora…credo che ciò che ci sta dicendo Emanuele per me sia importante;so cosa vuol dire essere considerato diverso,sbagliato,cattivo,so cosa vuol dire avere avuto dei genitori che cercavano di cambiarti,una madre,un fratello,convinti che ciò che ero era sbagliato,diverso,cattivo,e questa sensazione l’ho portata con me durante tutta quanta la mia vita,e quanto bisogno avevo invece di essere accettato,riconosciuto,stimato per ciò che ero,ma stavo bene attento a dare immagine fedele di ciò che io ero al di là dell’apparenza. Certo,non sono mai stato padrone di me stesso,perché vivevo la vita attraverso una schizofrenia,attento a non lasciar trapelare ciò che realmente ero,per timore di essere lasciato solo,per timore di essere ferito nel momento in cui ponessi aperta la visione di me stesso……non è certo questo il modo.
Vado ora,un bacio a te ,C.,e a voi tutti,amici.

S. ….mi chiamavo…e S. ancora oggi mi chiamo,perché ancora oggi sono qui.
Io non so in che modo poter aiutare C.,io non so in che modo poterle voler bene,io non so come poterla guarire ma so di voler essere con voi ,se vorrete…
N. “ Ne siamo contenti”
Aiutatemi,però,a capire cosa fare,tenetemi con voi…….non riesco a capire che cosa fare,non ho nessuna soluzione….
N. “Anche noi,S.,non sappiamo…però desideriamo farlo..”
Così sia,io sono con voi…ma voi tenetemi…
C. “ Certo “
…Grazie………….lasciatemi ora….
N. “ Ti salutiamo,S.,grazie per essere venuto….”

quattordiciottobre 05


Ancora ,adesso io,Emanuele,per il cerchio,il cerchio spiritico.
Accetto volentieri di soffermarmi ancora sul libero arbitrio;già vi dissi,è un tema che io amo molto.
Tema complesso ma chiarificatore,che dà senso,che dà spiegazione,che dà accettazione per la via.
Libero arbitrio,è la libertà più grande,la garanzia maggiore,il dono più prezioso che l’essere,non solo incarnato,possiede;sì,non solo incarnato.
Può apparire strana questa mia affermazione ma l’argomento,la visione dell’argomento,si sta ampliando,per cui è giusto che superiamo un attimo i limiti che abbiamo dato fino ad oggi.
Libero arbitrio,garanzia per l’uomo di essere,garanzia per l’uomo per riconoscere in sé stesso la divinità,la possibilità che solo l’Essere Supremo ha.
E’ vero,vi dissi,non esiste scampo,non esiste possibilità,se non tornare ad essere quell’unico Essere Comune,quell’unica scintilla che io ho chiamato Dio,non esiste scampo,tutti quanti noi torneremo là.
Allora che senso ha,quale possibilità abbiamo di esprimere una scelta,una direzione,una possibilità?
Invece esiste,grande,certa,indubbia.Sicuramente torneremo ad essere ciò che eravamo all’inizio,ma in quale modo?
A noi deciderlo.Per voi e me,nella nostra esperienza incarnata,abbiamo avuto la possibilità di scegliere,abbiamo avuto la possibilità,nel momento in cui intravedevamo,di poter correre,di poter rallentare,di poter indugiare,di poter perdere tempo,di poterci permettere l’errore,il peccato,crogiolarci in esso,indugiare ancora e ancora…ancora,impedendoci la progressione.
Noi abbiamo questa possibilità;il fine è scontato,è vero,ma se ragioniamo continuamente con i termini che l’uomo incarnato si pone,non potremo capire qual è la reale possibilità del libero arbitrio.
Noi possiamo permetterci di indugiare fino all’ultimo momento –e pensare ad un ultimo momento è folle,nell’eternità- eppure possiamo permetterci di indugiare fino all’ultimo momento per impedirci di tornare ad essere quella che era l’energia primordiale,l’Essere Unico.
In questo modo noi possiamo esprimere il libero arbitrio;possiamo rallentare questo movimento,possiamo tortuosamente progredire,tornare indietro,ricominciare a progredire,ma perché tutto ciò?
In fondo è questa la domanda che vorrei porvi,è questa la domanda alla quale vorrei rispondere per capire qual è il mio punto di vista,spiegarlo a voi e confrontarlo con voi,in modo che possiamo dialogare,confrontarci.
Vi dissi che ogni essere è un essere originale,le strade sono una diversa dall’altra,le scegliamo noi,le scegliemmo noi in quel momento in cui iniziò il nostro progredire,in cui diventammo essere individuale,nel momento in cui reclamammo questa nostra possibilità.
C’è chi,come noi,decise di incarnarsi ma,credetemi,esiste chi decise di neanche incarnarsi;ci fu chi iniziò a correre,bramoso di giungere alla meta,c’è chi invece inventò mille possibilità per cercare di rallentare questo destino finale.
Ben vengano le varie filosofie che parlavano e che parlano tutt’oggi di reincarnazione,ben vengano le filosofie che parlano di unica possibilità,ben vengano le filosofie che parlano di predestinazione:il nostro arbitrio sarà la scelta di una di queste,sarà l’indirizzare il nostro procedere seguendo una strada più che l’altra.Il libero arbitrio sarà l’espressione che ci permetterà di vivere in un modo
che in un altro,il l.a. sarà la possibilità che deciderà se noi dovremo soffrire,se noi dovremo gioire,il l.a. sarà la scelta che ci farà riconoscere Dio,il l.a. sarà la scelta che ci farà bestemmiare,il l.a. sarà la scelta di soffrire,usare il cilicio,di mortificarci,di negare la vita suicidandoci,il l.a. sarà il decidere di volere il male degli altri,il l.a. sarà la scelta per farci vivere nella qualità,nella sofferenza.
Non esiste scampo ma il libero arbitrio è la libertà che dà energia al procedere,al vivere….il l. a. sarà la garanzia di essere “essere individuale” nell’esperienza concreta.

Abbiamo la tendenza di legare l’immagine del l. a. ad una scelta mentale,legata al ragionamento,alla valutazione,al soppesare qual è il modo migliore,il modo peggiore e,attraverso questo ragionare,esprimere una scelta ma il l. a. non è solamente questo.
Il l.a. supera quella che è la condizione puramente mentale,il l.a. si esprime anche attraverso l’istinto legato al corpo,al desiderio,all’afflato che lo spirito esprime; il l.a. coinvolge completamente l’essere,sia nella sua esperienza incarnata,attraverso la quale esprime le tre componenti ma,credetemi,anche attraverso la veste del disincarnato.
Quando io,più di una volta,vi ho detto che il mio essere con voi è stata una scelta,è perché io ho espresso il mio l.a.;nessuno mi ha imposto di essere con voi,io l’ho desiderato,io ho espresso una mia scelta.
Ho espresso questa scelta perché è una scelta che mi dà piacere,mi fa stare bene…con questo voglio dire che anche l’essere disincarnato vive e per tradurre questa mia affermazione,vive nella sofferenza o nel piacere,vive nel sentirsi bene o nel sentirsi male,con manifestazioni diverse da quelle che possono appartenere alla bolla fisica ma sicuramente con le stesse caratteristiche che appartengono all’esperienza fisica. L’essere disincarnato vive,non è solamente una voce,non è solamente un’esperienza terminata,non è solamente il ricordo di una vita trascorsa;l’essere disincarnato vive e la misura del suo vivere è data dall’espressione del libero arbitrio.
Io mi arrogo questo diritto ancora oggi,che sono morto,lo pretendo,lo proclamo,lo credo mia grande garanzia di essere parte del Divino…l’essere disincarnato vive,se non attraverso l’espressione dei sensi che appartengono a voi,è per sensi diversi,per percezioni diverse,per abiti diversi,per densità diverse,visioni diverse ma l’essere disincarnato vive.
Può provare piacere,oltre che sofferenza,o la cosa più vicina a ciò che per voi è comprensibile piacere o sofferenza.
L’essere disincarnato non si abbandona al movimento che porta all’Essere Comune,l’essere disincarnato ancora è ed esprime il suo libero arbitrio.Non ha senso parlare di qualità di vita diversa,non ha senso parlare di livelli diversi ma solamente di un abito diverso,strumenti diversi che ci portano comunque ad esprimere individualità.
Allora,se non esiste un modo giusto oppure sbagliato di vivere,di cercare,di progredire,di evolvere,qual è il modo migliore che dà la bontà della ricerca?
La traccia è il piacere che si trae dal nostro ricercare,cerchiamo di perseguire e cercare gioia da ciò che facciamo,desideriamo soddisfazione da ciò che maturiamo.Io credo sia questa la traccia per comprendere se la direzione è quella giusta.

Io non credo sia giusto soffrire,io non credo che sia più meritevole soffrire che gioire,io non credo che la sofferenza maturi più comprensione che la gioia.Ognuno di voi ha uno scopo in questa sua esperienza terrena,ognuno di voi ha-se posso usare il termine-una missione in questa vita terrena.
L’individuarla,lo scoprirla,il riconoscersi in essa porta gioia,dà buone sensazioni,allontana la paura,crea equilibrio.Ognuno di voi ha un dono da esprimere e,attraverso questo dono,poter professare la sua missione e individuare questo dono,valutarne la possibilità,soppesarne la potenza,credere nella capacità dà soddisfazione,crea sazietà.Essere certi del dono prezioso che ognuno di noi possiede aumenta l’autostima,protegge.
Ognuno di noi ha un messaggio da portare:credere in esso,essere orgogliosi di possederlo,alimenta le nostre forze,ci rende capaci.
Trovare qualcuno che accetti il nostro dono prezioso,qualcuno che gli riconosce il valore è per noi
Indispensabile;senza ciò saremmo un baule colmo di tesori relegato in fondo a una buca.

Cercate di permettere agli altri di intravedere il luccichio che traspare dal vostro intimo,la brillantezza che tanto i vostri occhi soddisfa.

diciottonovembre 05


Ancora,adesso io,Emanuele,per il cerchio,il cerchio spiritico.
Subito desidero dire una cosa,della quale non parlerò a lungo.Comunque lasciate che rimanga così,sospesa tra di voi.
Io non sono d’accordo quando dite che S. non è stato guarito:S. non è ancora stato guarito,la sua aspettativa è ancora grande.
Amore,guarigione,due termini che cercano di definire un’unica cosa,dal mio punto di vista.
Non cercate di arrovellarvi su quale è il modo migliore di amare,ho già cercato di dirvelo più di una volta:ognuno di voi ha il proprio,ognuno di voi ha la sua possibilità,la sua capacità,il suo talento.
Amare,io credo,è accettare il diverso,ma non il diverso in quanto tale,quanto qualcuno che ci è estraneo,qualcuno che ci è diverso da noi. Accettare il diverso quale parte insostituibile,quale parte fondamentale alla completezza.
Senza quel diverso,vi ho detto venerdì scorso,non saremo in grado di ricreare l’entità Dio.
Accettare il diverso come nostra mancanza,accettare il diverso come bisogno per essere completi,accettare il diverso ,senza il quale non possiamo tornare ad essere un’unica cosa,un unico corpo. Accettare il diverso come entità preziosa,insostituibile,unica,originale.
Il diverso non rimane immutabile,è anch’esso in evoluzione come ognuno di voi,ma cercare di cambiarlo,cercare di convertirlo,è un errore grande .L’unica possibilità di conversione possibile è quella per sé stessi,non esiste un modo migliore per l’altro,non esiste un modo giusto per l’altro.
Quando penserete in questo modo sarete lontani,sarete impossibilitati a condividere.
L’unica possibilità di conversione è per sé stessi,l’unica possibilità di avere un modo migliore,più giusto,è per sé stessi.
E’ peccato credere di intravedere per l’altro,per qualsiasi altro,la possibilità migliore,il modo giusto.Questo distrae completamente,distorce qualsiasi armonia.
Ponetevi in questo modo e sarete in grado di amare. Accettare il diverso non vuol dire precludere il confronto,accettare il diverso non vuol dire rinunciare a ciò che ognuno di voi è e a ciò che in cui ognuno di voi crede.
Due entità originali si pongono una di fronte all’altra,si guardano negli occhi e chiamano il nome dell’altro e lo fanno risuonare. Non cercate il modo migliore di amare:non esiste. Non cercate di capire in che cosa avete sbagliato,è impossibile farlo;voi siete già diversi da ciò che eravate allora,il vostro bagaglio,la vostra coscienza è diversa da ciò che era allora.
Mettete in gioco ciò che voi siete ora,adesso,in questo momento,con tranquillità. Ascoltate ciò che è l’altro,lasciate risuonare il suo nome senza interromperne neanche l’eco;lasciate che si prolunghi nello spazio,nel tempo,lasciate che ogni vostra piccola parte vibri nell’eco del suono del nome dell’altro. Non interrompetene neppure l’eco.
Non cercate la qualità,non cercate il modo migliore,non cercate il modo più incisivo,più capace,più potente:non esiste.
Non cercate di capire dove Stefano ha sbagliato,non cercate di chiarire che cosa non ha compreso,quale porta non ha aperto;solamente lui è in grado di capire ciò. Presuntuoso sarebbe questo atteggiamento da parte vostra.
I vostri sensi vi portano ad elaborare ciò che lui ha posto in gioco,che non è detto che,anzi sicuramente,non è ciò che lui veramente era. Lui è già cambiato,non è più ciò che era allora….è lo S. di oggi che voi dovete evocare. Lui si chiamava S. e ancora oggi si chiama S.,ma lo S. di oggi,il nome stesso,è diverso dallo S. di allora e l’eco risuona in modo diverso;state a sentirlo.
Cercate la qualità,la purezza,nei vostri incontri con lui,riconoscetene il valore,anche nella rabbia,nella sofferenza. Voi avete bisogno di ciò che S. è,senza di lui non chiuderete mai il cerchio. S. può ancora guarire e la sua fiducia in voi è ancora grande,perché crede in voi come uomini,come entità materiali,distinte,definite,ma per forza di cose deve superare il limite della bolla individuale;lui ha intravisto il luccichio.
Se in grado sarete di porvi davanti a lui e di permettere a lui di intravedere in voi nuovamente questo luccichio,voi lo aiuterete ad intravedere qualcosa di più grande che vi supera,vi sublima.
Io credo nella visione di S.,anch’io credo nell’uomo e credo nell’uomo perché è solo nell’uomo che ho trovato l’espressione massima di Dio.
La vostra distinzione fra credere nell’uomo o credere in Dio mi ha un poco disturbato. L’immagine più precisa di Dio l’ho intravista nell’uomo;provate anche voi ad intravedere Dio nell’uomo S.,come lui ha già fatto nei vostri confronti nel momento in cui ha aperto questa aspettativa,ha pronunciato questa richiesta,ha alimentato questa fiducia.
Cercate di individuare l’essenza di Dio in S.,lui lo ha già fatto nei vostri confronti.
Io credo in ciò che S. crede;S. non sta sbagliando,voi non avete sbagliato,ma oggi la vostra visione,la vostra coscienza,si è ampliata,lo strumento è diventato più capace,usatelo e fatene buon uso.
Accogliete in voi il nome di S. e non interrompetene neanche l’eco,questo è il mio consiglio.
Ognuno di voi,poi sarà in grado di capire….

E’ vero,è una provocazione grande,quando si parla di morire,quando si dice di essere moribondi,ma è una convenzione anche questa,che dovreste essere in grado di superare.
S. è vivo,è qui con noi e a noi chiede qualcosa di preciso,si pone in attesa,apre la sua bolla a noi,regalandoci ciò che di più grande non c’è.
Non cercate di parlare di Dio a S.,cercate di pregare per lui non utilizzando rosari,parole,ma pregate per lui ponendovi di fronte a lui,ponendo in gioco la stessa disponibilità che lui offre e,innanzitutto,l’accettazione del diverso come parte integrante dell’uomo-Dio.
Non ho altro da dire,se non che voi qualcosa dobbiate chiedere…………………………………..
E bene sia che io rimango sul mio scranno………………………………………………………...
E’ tempo,è tempo per me ora di terminare. A voi tutti il mio saluto,arrivederci.

Adesso io,A.,per il corpo comune,io,che di essere diverso ne so qualcosa……
E che il corpo comune sia il nostro momento magico.
Visualizziamo la catena,sentiamo gli amici che con noi la compongono,che ci prendono sottobraccio e con noi solidali in un unico corpo sono.
Punto di partenza è C.,l’amica C.. Mettiamo in movimento l’energia,accogliamola in noi ,facciamole spazio ,lasciamoci colmare,per poi offrirla all’amico che accanto a noi si trova e in questo modo creare una corrente,un’energia,e la offriamo a C.………………………………

Lasciamo ora C.………………visualizziamo lo spazio all’interno della catena,il nostro prato fiorito;spazio di pace dove tranquillamente rilasciare ogni tensione,rigidità,timore……………..

Lasciamo………….io,se posso dire qualcosa in merito a quello che dice Emanuele,devo dire che sono molto contento per ciò che dice perché anch’io trovo spazio in questo gioco,in questa strada maestra che dovrebbe portarci ad essere belli,che più belli non si può,ad essere buoni,che più buoni non si può.
Anch’io,con tutte le mie difficoltà,diversità,anch’io posso essere………………………………….

E’ vero,io non ho cercato aiuto nel momento in cui ne ebbi bisogno,perché non credevo di poter ricevere aiuto,se non da me stesso,così come era sempre avvenuto nella mia vita.
Io mi sono rivolto agli altri solamente per piccole cose,che riguardavano più l’aspetto materiale,contingente,del mio quotidiano.
Quando realmente ebbi bisogno,non intravidi la possibilità di poter essere aiutato,neppure da voi che agli spiriti credete,ma oggi capisco che mi sbagliavo……..e mi spiace………………………
Vado ora,un bacio a te,C.,e a voi tutti,amici.

cinquemaggio 06


Ancora,adesso io,Emanuele,per il cerchio,il cerchio spiritico.
Il male è un argomento affascinante,un argomento che smuove in me,che crea reazioni, che crea movimento. So, però, che è difficile parlare a voi della mia visione del male, perché questo mio dire porta a giudizi, porta a classificazioni; perciò desidero dire che quando io parlo di Emanuele, di un Emanuele che parla del male, di un Emanuele che ha fatto il male e l’ha vissuto coscientemente e pienamente in esso si riconosceva, è perché io ho visione di ciò che era Emanuele allora, e non ripudio ciò che Emanuele è stato, perché , nel momento in cui è stato, era e fa parte di ciò che oggi io sono.
E’ per questo che parlo con tranquillità di quell’Emanuele che per un certo periodo ha perseguito,ha coscientemente scelto di fare del male, sapendo che era male, ma questo non deve pregiudicare ciò che io sono oggi, l’Emanuele che a voi si pone e a voi desidera porre il confronto, con voi desidera dialogare e mostrarsi per quello che è oggi, ma anche per quello che è stato allora.
Io sono la somma di tutta la mia esperienza, non la rifuggo, non la rifiuto, non la ripudio. Quell’Emanuele è parte dell’Emanuele che è ancora oggi; senza quella parte Emanuele non sarebbe Emanuele e la voce, le argomentazioni che a voi pongo, sarebbero monche, parziali,incomplete,non vere. E’ per questo che mi sento di parlare con tranquillità del male e di ciò che il male era e di ciò che il male è, oggi, per Emanuele.
Noi preti, noi portatori di fede, noi educatori nella dottrina, abbiamo sempre subito il fascino del male,ne venivamo a conoscenza attraverso il peccato, il peccato degli altri; perché noi ben conoscevamo il peccato, l’avevamo già rifiutato, lo negavamo come errore, come sbaglio, come peccato. Pertanto venivamo a prendere coscienza, vivevamo il peccato degli altri, principalmente attraverso la delazione della confessione.
Nella confessione noi spalancavamo immagini che non ci appartenevano, ma che sicuramente trovavano echi, rimbombavano e risuonavano lungamente dentro di noi. Cercavamo con metodo di avere la precisa dimensione del peccato, affinché lo potessimo finalmente comprendere; non tutti quanti noi, certo.
Non dovrei parlare in questo modo, ma dovrei continuare a parlare di Emanuele ; ecco, Emanuele faceva anche questo. Attraverso la confessione e il potere del giudizio, io riuscivo ad assaporare cose che non avevo mai conosciuto, se non attraverso il desiderio, attraverso la masturbazione mentale, attraverso l’immaginazione.
E’ in questo modo che assaporiamo, che troviamo traccia della possibilità di peccare anche noi, uomini di fede, integerrimi, con il vessillo posto in alto,davanti a noi. Io, poi, ero ancora più capace della possibilità, io ero anche giudice, non solamente confessore.
Se il confessore racchiude nello spazio di un confessionale ciò che è il confronto, il giudice ha una platea ben più ampia, ha possibilità più grandi di estorcere confessioni particolari, precise indicazioni, immagini così reali attraverso la parola, che venivano evocate in quella stanza dove noi potevamo interrogare, inquisire e, credetemi, tanto più il peccato era peccato, tanto più esisteva,da parte non solo mia ma anche di chi con me si trovava dalla parte “giusta” del tavolo,assisi su quegli scranni, tanto più il desiderio di prolungare il processo, era per assaporare a volte sempre di più,sempre al meglio, le nefandezze, i peccati che trovavano però tracce in noi, suoni, rintocchi ed echi che smuovevano, coinvolgevano…e, per ciò che mi riguarda, molte volte usai il cilicio per potermi impedire il trastullare con questi pensieri.
Sciocchi tentativi di rinchiudere dentro un barattolo energie dirompenti, desideri profondi, insoddisfazioni, illusioni, visioni di possibilità.
Il male, argomento affascinante…che provoca…
Per voi,uomini meno vincolati da quello che è una veste o da quello che è un voto, esiste la possibilità di misurare in modo più tranquillo ciò che è l’azione cattiva, il male degli altri: poterlo giudicare, poterlo accettare, poterlo rifiutare, poterlo condannare, poterlo a volte riconoscere, se il peccato è veniale.

Ma credo che sia indispensabile per ognuno – per l’essere che desidera conoscere – caricare ciò che è il male e l’occasione di avere il male vicino, poter assistere da posti di primo piano, poter vivere, attraverso un tramite molto vicino, l’azione cattiva,l’azione maligna; è indispensabile –voglio cercare di dire – di caricarsi questo aspetto, affrontarlo, tranquillamente e senza pregiudizio leggerlo e caricarlo, reagendo ad esso.
Ben venga l’esempio della cattiveria, dell’azione maligna di chi conoscete, dell’amico, del caro…ben venga la reazione vostra. L’affronto, il carico dell’azione, sarà più importante, più completo quando l’azione cattiva viene fatta da qualcuno a cui volete bene, qualcuno che avete riconosciuto e fatto vostro; per forza di cose dovete caricare parte di ciò che è avvenuto.
Avviene naturalmente, è un coinvolgimento che non sempre è dettato dalla mente, ma molte volte da vincoli più profondi e saldi.
Gioite di questa possibilità, siate grati dell’occasione e fatela vostra.
Desidero dire anche qualcosa riguardo all’azione che deve avere il maestro nei confronti dell’allievo, del discepolo che a lui si pone, del discepolo che agisce nel male. Voi vi siete domandati come è possibile, eppure…invece io credo che il maestro di Pierangelo in questo caso l’abbia aiutato ad agire per come ha fatto e credo che questo suo aiutarlo sia stata la cosa migliore, per sé stesso e per Pierangelo. Ha permesso di esprimere fino in fondo ciò che era il desiderio, il bisogno. Può apparire folle ciò che sto dicendo, ma dipende dal punto di vista con cui lo caricate.
Io, se voglio bene a qualcuno, devo permettere a lui di essere ciò che realmente lui è, nel bene e nel male. Il mio volerlo correggere è violenza nei suoi confronti, il mio desiderare educarlo è violenza nei suoi confronti, se per “educare” intendo impedirgli di fare ciò a cui lui anela.
Ciò che è avvenuto ha permesso a Pierangelo di caricare completamente il fardello su di sé e fare in modo che sia completamente peso ora, al di sopra delle sue spalle, e non porzioni, non brandelli appoggiati qui e là, non bocconi o morsi, ma il reale fardello che peserà per la sua reale consistenza e finalmente prenderà atto di quale forza, energia, sostanza esso sia.
La mia affermazione, torno a ripetere, può sembrare folle, ma questo è ciò che io credo:rispettare la persona che desideriamo amare.
Ma ci deve essere un modo per prevenire tutto ciò;certo, c’è sicuramente ed è il modo che sto adottando nei vostri confronti: la mia libertà di esprimere ciò che ero quando ancora perseguivo il male è il modo – per me – di poterlo elaborare.
Se foste in grado tra di voi di permettere ciò, si passerebbe all’elaborazione, al superamento, alla maturazione, alla presa di coscienza non per forza attraverso all’azione ma attraverso un raggiunto livello di coscienza ,e accettare il compagno, la persona, comunque, che desideriamo amare per ciò che è,anche nel suo essere cattivo, maligno, permetterà a lui di esprimere, di prendere coscienza, di caricare peso in un modo sempre maggiore, migliore, più capace.
Permettere alla persona cui si vuole bene di esprimere sé stessa, senza giudicare, crea le condizioni affinché questo confronto divenga reale,vero.
Permettere alla persona cui si vuole bene di esprimere sempre più in profondità quali sono le forze, le pulsioni, i desideri senza giudicarlo, permette di esprimere completezza.
Nel momento in cui si impedisce invece ad un essere, di poter esprimere con tranquillità ciò che lui è anche nelle parti oscure, nelle parti maligne del sé, lui riserverà,creerà all’interno della sua bolla sempre una maggiore forza che premerà e scossoni grandi darà all’involucro di quella bolla, fino a che un’esplosione dirompente andrà a creare azione, reale azione concreta,vissuta.
Si può prevenire ciò, è facile farlo.
Il maestro che permette al discepolo di esprimere il suo essere maligno, il maestro che permette al discepolo di fare del male, è un discepolo che riceve amore dal proprio maestro. Permettetemi di esprimere questo mio pensiero che appartiene ad Emanuele.
Non è la Verità, non è il modo giusto; è Emanuele e basta.

E la domanda più ovvia, la più scontata: perché ci devono essere altre persone,a volte innocenti, che subiscono?
Si può dare senso anche a questo, non abbiate fretta, non sentitevene urtati.
Probabilmente il gruppo, la comunità, aveva bisogno di questo scossone. Qualcuno metterà in discussione ciò che era il normale equilibrio, il normale movimento, la normale professione di fede, e io credo che ciò sia un’ottima cosa. Probabilmente la comunità aveva bisogno di riconoscere quella parte non così luminosa, non così bella, e caricarla, abbracciarla e riconoscerne parte integrante e integrale in questo “essere comunità”. E’ quasi impossibile cogliere le vibrazioni che hanno creato un’azione di questo genere, ma è importante non averne timore.
Ben venga lo scossone che fa cadere le foglie secche dall’albero, ben venga lo scossone alle pareti delle case, che assesta e rende più stabili, ben venga la provocazione che porta ad interrogarci, ben venga il credere che non tutto sia controllato, che la protezione non vada a coprire ogni angolo, ma che un lembo possa rimanere scoperto, al di fuori di quella coperta che tutto protegge, tutto nasconde, filtra e fa da setaccio a ciò che arriva.
Così è ed è bene che così sia…
Il male, argomento affascinante…il male…argomento nostro…
E’ tempo, è tempo per me ora di terminare. A voi tutti il mio saluto, arrivederci.

Ancora adesso, io A., per li corpo comune, il nostro corpo comune.
Facciamo che sia qualcosa di grande, di importante, carico, forte.
Visualizziamo la catena, cerchiamo i nostri amici e i nostri cari defunti, cerchiamoli, diamo fattezze ai loro visi, diamo spazio ai ricordi che ce li evocano…cerchiamoli e portiamoli qui con noi.
Abbiamo bisogno di loro, siamo certi che ci possono aiutare…facciamo che sia una grande catena con tanti amici.
La candela davanti a C., la nostra amica C., sia punto di partenza e di arrivo. Sentiamo l’energia che circola, sentiamola ricca di tutti quanti noi che siamo qui, lasciamocene colmare e offriamola all’amico che accanto a noi si trova……………………………………………………
Lasciamo ora C. e visualizziamo il nostro prato, il nostro prato affollato di fiori; è un luogo di pace,di comunione, dove tranquillamente abbandonarci e, fiduciosi, chiedere e offrire…………..

Sentire Emanuele parlare di peccato e di male, mi fa tornare a ricordare ciò che era il peccato, il mio peccato. Mi fa ricordare la condanna di quei preti.
Non sono mai stato in grado di mostrare ciò che A. era. Se presto ho capito che non potevo cercare comprensione e indulgenza da parte di chi conosceva qual era il “verso giusto” di vivere, il modo corretto dei preti, non sono riuscito neanche con altre persone a condividere realmente, a porre A. in piena luce, per ciò che erano i miei desideri più nascosti, che questo mio per forza nasconderli mi costringeva a subirne gli scossoni, a sentirmi sporco, a riconoscermi come un essere…un essere che cercava sesso, a volte, nei bagni pubblici…e non potermi mai mostrare per questo mio bisogno,per questo mio fare, e il continuare a ripetere questa azione che poi mi dava visioni di sporcizia, non mi permetteva di superare, perché non trovavo comprensione da parte di nessuno.
Esiste un amore anche impuro….è di A. che sto parlando.

Me ne vado ora. Un bacio a te, C., e a voi tutti, amici.