venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

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17 giugno 2006

duegiugno 06


Ancora, adesso io, Emanuele, per il cerchio, il cerchio spiritico.
Ancora del cedere, penso si debba parlare questa sera; è importante farlo, è importante comprendere appieno quale forza ci sia in questo termine, quale promessa…
Cedere è anche creare uno spazio, cedere è fare posto, cedere è accogliere.
Certo, quando S. parlava del suo famoso rubinetto e dell’impossibilità che aveva ad aprirlo, non era un fatto meccanico, non era un fatto legato allo strumento, all’attrezzo – un rubinetto – ma era la possibilità che ciò che sgorgava, che ciò che avrebbe potuto sgorgare da questo rubinetto, trovasse un posto nel quale depositarsi, nel quale decantarsi affinché questo prodotto, questo dono avesse senso. Cedere da parte nostra – allora – voleva probabilmente dire creare questo spazio affinché il dono che S. era pronto a fare trovasse spazio, trovasse posto.
Io credo che ciò era il pensiero di S. di allora e, come mi accorgo dal suo dire e dal suo pensiero, di oggi.
Che senso aveva aprire questo rubinetto, a che scopo, per quale motivo? Se fosse stato uno spreco sarebbe stato un errore grave, incalcolabile, non più con possibilità di riparazione.
Lui sapeva che aveva un’unica possibilità, un’unica occasione e il timore di sprecarla, di gettarla via, gli ha impedito di donarci ciò che lui sentiva, forte, dentro di sé.
Cedere è creare uno spazio, cedere è offrire accoglienza,cedere è porsi di fronte all’altro a braccia aperte. Questo era il pensiero di S., questo era il pensiero dettato dal bisogno di S.. E’ importante che io chiarisca bene questo concetto. Quando parlo del pensiero di Emanuele, è del pensiero di Emanuele che desidero parlare e quando cito S. è perché voglio S. palesare qui, all’interno del cerchio.
Non esiste il modo migliore. Quante e quante volte l’ho già ripetuto;non esiste il modo giusto.
E’ importante che esista la presenza reale, visibile, di chi si pone partecipe a un cerchio spiritico, alla catena di un corpo comune. Questa è la condizione che scocca la magia, questa è la condizione che abbatte barriere, limiti. Non esiste il modo giusto, non esiste il modo migliore; di conseguenza non esiste il modo sbagliato.
Esiste il punto di vista, esiste il pensiero e il bisogno innanzitutto, del componente del cerchio, tanto più se questo componente si pone come punto focale del corpo comune. Quando questo anello ci rende talmente importanti da chiederci aiuto, da rivolgersi a noi chiedendo aiuto. Punto prezioso, focale, epicentro che dovrebbe essere, divenire denominatore comune di tutti quanti noi.
Cedere è fare spazio, cedere è creare posto, cedere è porsi disponibili. Si può cedere anche di fronte al messaggio, alla testimonianza, al libro e questo vuol dire non assorbire, non fare proprio, non scegliere quale credo, ma fare anche in questo caso spazio…spazio affinché avvenga dentro di noi quell’indispensabile condizione che trasforma la parola, il senso del dire in vibrazione.
Qualsiasi testimonianza, qualsiasi messaggio, qualsiasi credo ha valore nel momento in cui esso è reale, visibile testimonianza dell’essere che lo pone, che lo offre, che lo dona.
Cedere è fare spazio affinché le parole si trasformino in vibrazioni.
La vibrazione scuote, muove, crea un cambiamento; e qui desidero dire qualcosa riguardo a ciò che ci disse, ci donò A. venerdì scorso.
A. teme il cambiamento, ma sa benissimo che il trasformare il confronto con l’altro porta al cambiamento. Nel momento in cui il confronto è visibile, disponibile, carico d’amore, il cambiamento è inevitabile, ed è un cambiamento per forza di cose incomprensibile a priori; è stupido, cieco, assurdo credere di poter dare disponibilità al cambiamento: non esiste disponibilità al cambiamento. Perché dare disponibilità al cambiamento vuol dire in qualche modo già codificarlo, vuol dire in qualche modo cercare di definirlo, dargli collocazione, immagine, direzione, bontà.
E’ cedere offrirsi al cambiamento.

Cedere, nella certezza che solamente attraverso il cedere possa avvenire il cambiamento, perché attraverso il cedere la testimonianza, il confronto, divengono vibrazione.
A. teme questo stato, teme per ciò che è stata la sua esperienza in vita, sa quanto può essere difficile essere vulnerabile, ma intravede la possibilità qui, all’interno di questo cerchio e di ciò a lui dobbiamo essere grati.
Quando vi dissi “cedete al messaggio, al confronto”, vi chiedevo di cedere a ciò che è il dire di A., a ciò che è il dire di S., perché sono un dire che dà reale misura dell’essenza del loro essere qui con noi. L’essere trapassati , in qualche modo dà loro un grande vantaggio.
Modificate la vostra presenza in questo senso all’interno del cerchio, il vostro cedere a quello che è il loro messaggio, aldilà del senso delle parole che loro pongono alle vostre orecchie, ma cercate il valore della loro presenza; è facile riconoscerli qui tra di noi. Stanno cercando una via per poter proseguire oltre, ma danno a noi la possibilità dell’occasione.

E’ vero, non ho mai definito con precisione qual è il mio credo riguardo a Dio, al Bene; so che sarebbe difficile porre la mia certezza qui, all’interno di questo cerchio. Ciò avrebbe strani suoni, distorsioni, dissonanze. E desidero ancora rimanere quale tramite, nocchiero, alla presenza di entità, di esseri che sono stati compagni vostri nel vostro vivere, pertanto facilmente accettati, riconosciuti da voi; più che io, voce che avviene per uno strano fenomeno.
Non voglio che ciò che è il mio credo possa disturbare il corpo comune. Il fatto che voi abbiate definito singolarmente, individualmente, quelli che sono gli anelli di questa catena, permette di far sì che la disponibilità vostra, la accettazione, il cedere vostro di fronte all’azione comune divenga facile, divenga normale. Ben più difficile sarebbe cedere a una voce che appartiene a uno strano fenomeno.
Lasciate che io sia ancora per un po’ mezzo, tramite.
Ogni credo ha valore, ogni direzione intravista ha bontà; mai mi stancherò di ripetere che non esiste la Verità, il Verbo, ma esistono innumerevoli verità ed esse individualmente vanno cercate, rafforzate, alimentate ed espresse.
Desideri che io parli dell’immagine che io do al mio Dio? Offrimi la tua e io sarò disponibile a fare spazio, a cedere, senza giudizio al tuo credo.
Cedere è la strada, cedere è lo strumento, e noi che, trapassati ci poniamo qui solamente quale voce, brandello di ricordo, preziosi sprazzi di intuizione…ben certi siamo in questa mia affermazione proprio perché con più facilità, con meno vincoli possiamo cedere il nostro essere, creare spazio, essere un luogo di accoglienza. Nessun timore al giudizio, nessun timore a divenire visibili.
E’ solamente questo il modo per poter cedere. Morire mille volte, certi della rinascita.
E’ tempo, è tempo per me ora di terminare. A voi tutti il mio saluto,arrivederci.

Ancora adesso io, A., per il corpo comune.
Certo, sono ben convinto anch’io che ognuno di noi sia diverso e che ciò che è giusto per me può non esserlo per l’altro. Porsi disponibili non è sufficiente; esiste nel termine cedere qualche cosa che mi dà traccia della possibilità dell’essere con. Io capisco che la mia difficoltà fosse data dalla diffidenza dell’altro, dal timore. So che io devo cedere qualche cosa per potervi incontrare ed è qualcosa che non pesa molto, qualcosa che non ha dimensioni grandi ma neppure piccole….è un qualcosa che mi appartiene, che gelosamente custodisco dentro di me, che riconosco mio, mio perché a nessuno di voi appartiene, nessuno, nessun’altro ha posseduto….mio. Senza di ciò….
Il corpo comune ora, perché è per ciò che sono qui, lo so per certo.
La catena, cerchiamo gli amici che con noi la compongono, cerchiamo i nostri cari, cerchiamo i loro visi, le loro fattezze; cerchiamo gli amici che non sono qui con noi questa sera. Accendiamo la candela di fronte al viso di C. e la poniamo al centro della catena……………………………….
Lasciamo ora C., visualizziamo il nostro prato, luogo di pace…………………………………….
Ringraziamo gli amici che sono stati con noi, ringraziamoli del loro aiuto, certi della possibilità
Vado ora. Un bacio a C. e a voi tutti, amici.

novegiugno 06


Ancora, adesso io ,Emanuele, per il cerchio,il cerchio spiritico.

Sorrido..sorrido questa sera e lo faccio perché sono contento. Sento che le mie parole, quelle di A., quelle di S., iniziano ad avere senso, a dare stimolo, immagine.
E’ importante trarre, è importante ricevere, è importante arricchirsi dai messaggi – e non solo da essi, chiaramente – ma dal nostro essere cerchio spiritico, perché è questo il fatto, il momento che crea dono, ricchezza.
Mi ricordo le parole che S. disse in uno dei nostri incontri, quando diceva di sorridere al pensiero di come alcuni di voi si schermivano quando lui chiedeva – e dava – importanza al ruolo, alla possibilità, alla capacità in voi, cerchio spiritico.
I tempi sono passati, qualcosa è cresciuto in tutti quanti voi; ciò che è cresciuto va alimentato, gli va data forza.
Abbiate coscienza, certezza, indubbia certezza della vostra possibilità. Il tempo di schermirsi è passato, nascondersi dietro all’altro, ad una ideologia, ad una filosofia, a un concetto è superato.
Singoli individui, precisi, definiti, visibili, formano questo cerchio. Io credo che sia indispensabile trarre senso dal messaggio che si riceve e che si elabora tutti insieme in questo cerchio e, finché questo senso non viene definito, discusso, approfondito, non ha senso andare oltre e riporre in un cassetto come un mucchio di parole sopra un foglio.

Questa sera desidero partire da un’affermazione che un venerdì F. fece riguardo al medium, riconoscendo ad egli di non essere normale.
Questa sera desidero e chiedo che si cerchi l’intuizione, che ognuno di voi singolarmente lo faccia, divenga medium, divenga tramite di se stesso e che possa attingere alla possibilità.
Svuotate la vostra mente, createle una cappa cieca che non permetta distrazioni, che non permetta immagini che non appartengano al buio dell’intuizione.
Cercate di cogliere quello che A. e S. chiamano lo sprazzo di sereno, lo sprazzo di azzurro al di sopra di noi, cercate di leggere in esso, cercate di cogliere non senso in esso, cercate di trarre intuizione e date ad essa voce, se desiderate farlo, suono, verso, se lo preferite.
Abbandonatevi alla visione e cercate di trarre da essa energia, forza, stimolo; in quello sprazzo di azzurro non esiste limite, non esiste dimensione, non esiste tempo.
Cercate di mangiare energia, di bere energia, di respirare energia e date immagine all’intuizione.
State tranquilli, sulla protezione di questo cerchio io mi pongo attento guardiano.
Posate accanto a voi la vostra pertica, ricevete protezione.

…..io non lo mangio l’ananas, l’ha portato il mio babbo…non lo mangio, mangiatelo voi…l’ha portato il mio babbo…l’ha portato il mio babbo, l’ha portato il mio babbo, io non lo mangio…
Lui è il più forte di tutti, anche se non l’avete visto, e vi picchierà tutti. Io non lo mangio…nessuno se ne è accorto che l’ha portato il mio babbo.
D. (N) Cosa ti ha portato il tuo babbo? Cos’è che ti angoscia tanto?
…sono tutti stupidi…
D (N) Perché sono tutti stupidi? Lo vuoi dire?
Non lo mangio…
D (N) Va bene, non mangiarlo, non ti obbligheremo a farlo. Puoi dirci perché sei così disperato?
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