venerdi sera gruppo di ricerca medianica e spiritismo

Quelli che sono morti non se ne sono mai andati sono nell’ombra che si rischiara e nell’ombra che si ispessisce I morti non sono sotto la terra sono nell’albero che stormisce, sono nel bosco che geme, sono nella dimora, sono nella folla Ascolta più spesso la voce del fuoco, odi la voce dell’acqua ascolta nel vento del cespuglio i singhiozzi è il soffio degli antenati I morti non sono sotto la terra, sono nel seno della donna. sono nel bimbo che vagisce sono nel fuoco che si spegne

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10 giugno 2006

ventiseimaggio 06


Ancora, adesso io, Emanuele, per il cerchio, il cerchio spiritico.
Cedere.. , è vero, è una parola che evoca forza, possibilità, promessa.
Io mi ricordo, per quando ero ancora prete, che mi aveva colpito moltissimo un passo del Vangelo
sì,è vero, ancora devo parlare di Cristo, ma in fondo Lui era la mia traccia, era il mio insegnamento, era la mia dottrina, è perciò che utilizzo l'esperienza del Cristo, del Vangelo, molto spesso. C'è unpasso, nel Vangelo, che mi colpì molto: quando Cristo si trovò con i suoi discepoli e seppe che stavano per venire a prenderlo e il suo discepolo Pietro sguainò la spada e chiese al Maestro di poter organizzare la difesa per impedire che avvenisse ciò che veniva paventato.
Pietro, convinto della sua forza e convinto della forza degli amici e dei discepoli che accanto al Cristo si trovavano in quel momento e di tutta quella gente che aveva riconosciuto nel Cristo il Maestro, la Guida, sicuro che la forza ci sarebbe stata per controbattere la forza che veniva aminacciare la presenza del Maestro.
Cristo severamente riprese Pietro, gli fece ripone la spada, gli chiese di mettersi tranquillo e docile. Cristo cedette.
Questa immagine, quando io ero ragazzino, poco più che ragazzino, uomo appena abbozzato, mi provocava perchè credevo che Cristo avrebbe potuto essere veramente il re dei Giudei.. avrebbe potuto liberare con piena dignità il proprio popolo. Ma poi capii che se così fosse stato, oggi non saremmo qui ancora a parlare di Lui, e del valore della sua testimonianza. Cristo cedette.
Ci misi molto a digerire questa immagine, che non era per forza vera per quello che era il racconto, ma era per forza vera per il valore che dentro questo racconto c'era e veniva chiesto di intravedere.
E' un valore che, come spesso succede, elabora diversi livelli, diversi livelli di comprensione.
Ci misi molto tempo a intravederne la Visione, ad intuime la bontà.
Per noi preti, l’imitazione di Cristo era l'immagine più pura che ci veniva posta, mi portò a sentinni un poco più simile a quello che era il mio Maestro riconosciuto.
Riconoscere la bontà nell'azione del Maestro è facile, è semplice, non ci tocca più di tanto; più difficile è creare poi, nel vivere quotidiano tale valore, per le nostre azioni.
So’ che ebbi la mia occasione, però, di cedere.
Cedere vuol dire abbandonare la forza, cedere è precludere l'azione, cedere è offrire la parte scoperta di noi, cedere è rendersi vulnerabili, cedere è invitare chi sta di fronte all’azione nei tuoi
confronti, cedere è porsi inerme, cedere è rendere completa disposizione del se’, senza bisogno di accettare, di comprendere, di definire nel più preciso dettaglio quella che è la richiesta che di fronte a voi si pone e a voi domanda aiuto, amore, attenzione.
Cedere è tornare fanciullo, con mente sgombra; cedere è abbandonare la mente,
cedere è riporre quella lunga pertica, cedere è abbandonare quegli strumenti che durante tutto il nostro vivere abbiamo sempre meglio affinato, cedere è spogliarsi,
cedere è rendersi visibili e non trasparenti affinche’ lo sguardo dell'altro veda ciò che dietro a voi si trova , è divenire visibili.
Cedere è offrire tutto ciò che si possiede, cedere non è fuggire, cedere non è scappare,
So’ quanto fu difficile per me non reagire a chi, con l'infamia, cercava di uccidermi. Sono ben certo di ciò che ho fatto. L'unico mio rimpianto è la mia morte troppo repentina, come già tante volte vi ho detto, ma ebbi la mia occasione e l'afferrai con ambo le mani e la strinsi forte al mio petto.
Io non so quale consiglio dare a voi circa il modo migliore, per voi, di cedere affinche possiate esprimere al meglio la vostra occasione. Non esiste una risposta che possa soddisfare ogni singolo vostro pensiero, vi posso solo chieder, però, di cercare di comprendere. capire cosa voglia dire, per ognuno di voi, cedere.
lo ho cercato di spiegare a voi ciò che è stato per me cedere, ma era valido per me, per Emanuele lo era, per il tempo, per lo spazio in cui Emanuele ha vissuto.
Io credo, sono certo, che ognuno di voi possa intimamente capire, intravedere e anche razionalmente accettare ciò che il cedere è, per se stesso.
Già vi dissi, qualche tempo fa, che ho la piena certezza che ognuno di voi abbia riconosciuto quel luccichio che traspare nel vostro intimo e vi dissi anche che capisco la difficoltà che ci possa essere a renderlo visibile agli altri... ma è un luccichio che, svelato, non perde tono, non perde forza anzi,al contrario. Il costringerlo richiuso all'interno della vostra essenza, della vostra bolla, vela,
maschera, attenua.
E’ vostro e nessuno ve lo porterà via.
Spero che ciò che ho detto trovi eco, in qualcuno di voi, ne sono certo.
Ciò che sta facendo S. oggi credo debba essere il suo lavoro più importante, quello che lo porterà ad elaborare meglio il suo essere. E’ proprio il provare dentro di se’ questo lavoro, questo... no.., non lavoro questo luccichio, questo valore, e lo possa esperire, donare, cedere.
E’ di ciò che Stefano abbisogna in questo momento; fate che senta la vostra richiesta, fate che colga il bisogno.
Lui utilizza termini a volte a dispregio di ciò che vuol dire; quando lui usa il termine “evocazione”, quando dice che lo tirate, che io costringete, che lo costringete alla presenza nel cerchio, in fondo non crede questo, è una provocazione, ne sono certo.
Fate che senta il bisogno, fate che senta la richiesta a lui. Lasciate sempre uno spazio tra le maglie della catena, perché lui sa’ di poterlo chiudere, non per ciò che è stato, ma per ciò che lui è oggi.
E" vero, lui si chiama S. come allora si chiamava S... ma non è più lo S. di allora... ma è lo S. di oggi; quando a noi parla sembra quasi che cerchi di riportare l'immagine di allora, perché in questo modo riesce a ricostruire le fattezze che oggi più non ritrova, sul proprio viso, ha bisogno di questo, ne sono convinto, conosco questo stato ma, S. deve imparare a dare fattezze nuove, presenza nuova.
Qui nel nostro cerchio non è evocato, S., ma è chiamato, accolto, desiderato... S...
Appare buffo il mio modo di fare; sembra quasi che per forza attraverso il mio parlare a voi, iopossa comunicare con S., esistono comunque anche nel nostro mondo meccanismi di questo genere: io non sono da lui riconosciuto, ma sono certo che voi da S. siete amati e attraverso voi posso anch'io amarlo.
È tempo... è tempo per me ora di terminare.
A voi tutti il mio saluto, arrivederci.

Ancora adesso io, io A., per il corpo comune.
Sono qui pronto a lavorare con voi, per il corpo comune; io, pronto con voi a ricevere per il corpo comune.
Visualizziamo la catena, cerchiamo gli amici e i nostri cari, cerchiamone il viso, chiediamo la loro presenza, portiamoli qui con noi, anche di loro abbiamo bisogno.
Visualizziamo la catena, visualizziamo anche l'anello di S., è qui con noi e si trova tra A.e C.. Visualizziamo la candela che illumina C., la nostra amica C., punto di partenza e di arrivo di questo nostro essere insieme. Cogliamo l'energia, lasciamoci colmare e offriamolaall'amico che accanto a noi si trova.....
Lasciamo ora C... visualizziamo il nostro prato, spazio di pace; uno spazio dove è facile abbandonare le difese, certi di essere riconosciuti e accettati... uno spazio dove facilmente cedere ogni rigidità, protezione, certi che nulla di male ci possa accadere.
Cogliamo la presenza degli amici; è proprio questa presenza, questo nostro essere comune, che ci rende protetti e liberi a cedere, ad offrire in una offerta sempre più profonda, ad offrire senza dover scegliere cosa offrire, cedere anche nell'offerta....
E' difficile per me, A., parlare della bontà del cedere. Probabilmente ha ragione Emanuele quando dice che il racconto, l'esperienza, va letta su livelli a volte diversi, posti uno sopra l'altro o uno all'interno dell'altro. Per me, quando riferito al mio vivere parlo del cedere, mi ricordo com'era difficile vivere il cedimento; sempre ben attento e in guardia, io che venivo per il mie essere diverso costretto alla distanza.
Accadde in rari casi che io potessi permettermi il lusso di cedere difesa all'altro, ma so’ quanto era bello farlo e quanto era piacevole lo stato che si raggiungeva attraverso questo abbandonare protezione, difesa.
Ci dovevano essere diversi livelli di lettura, probabilmente, e io mi sento ancora ignorante... ma, disponibile a capire. Qualcosa... una traccia si muove all'interno del mio prendere coscienza, comprendere, elaborare.
Lego l'azione del cedere ad una disponibilità al cambiamento; una traccia, torno a dire, che non appartiene, così come diceva... mi trovo molto nelle affermazioni di venerdì scorso di Stefano,
quando parlava di "squarcio di cielo al di sopra", ed è uno squarcio che va al di là di quello che è il meccanismo di ragionamento e di comprensione che apparteneva all' A. in vita.
Qui, dove oggi mi trovo, c'è questa propria possibilità di andare a intuire sprazzi di azzurro che non appartengono al mio modo di ragionare, strumento che apparteneva alla mia vita.
Intuisco che nel cedere ci debba essere una disponibilità al cambiamento, e forse è questa la cosa che con più difficoltà accettavo, quando ancora vivevo, disponibilità al cambiamento... ed era un cambiamento che non poteva essere controllato.
Per accettare una cosa di questo genere devi essere forte, certo di ciò che sta avvenendo, senza comprendere e capire cosa sta avvenendo; forse è proprio questo il punto che devo cercare di comprendere, di elaborare, di fare mio affinchè io oggi, posso tranquillamente cedere ciò che io sono, ciò che A. è, ma intuisco che io sto cercando così come bene ha detto Emanuele, sto cercando di aggrapparmi a ciò che A. era nelle sue fattezze, nel suo essere materiale.
Oggi io posso tranquillamente permettermi di cedere perché più nessuno può farmi male, del male che apparteneva al corpo fisico o al corpo mentale, posso tranquillamente cedere, ma temo il cambiamento che potrebbe avvenire. Temo perché non lo conosco, temo perché rimane oscuro, temo e di esso, ho timore, temo il cambiamento, temo la possibilità di non ritrovarmi più, temo la possibilità di non poter più vestire le fattezze di A.
D. Ma non sei protetto tu, A.?
Non riesco a cogliere questa protezione, io anche questo a volte mi sono domandato: cosa può farmi male nella mia condizione di oggi?
Io ho avuto molta paura e la paura mi accompagnò fino alla mia morte fisica ed è stata una paura che non potevo con nessuno condividere, ma oggi io è inutile che abbia paura, paura di cosa?
Devo sforzarmi per cercare di vestire una paura... è ben stupido ciò!
D. E il tuo spirito guida,il tuo Angelo custode?
Sai, faccio fatica a coglierli, te lo confesso e lo faccio candidamente, perché non temo il tuo giudizio.
Temo il cambiamento che possa venire dal mio cedere.... e su questa mia affermazione so di dover lavorare. anche perché io sono certo di voler cedere a voi, ma a nessun altro.
E' stupido... . ma è un pensiero di A.
Vado ora, un bacio a te, C., e a voi tutti, amici.